venerdi 10 maggio 2024
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dei principali telegiornali italiani.



Ordine cronologico - Ordine alfabetico
Il bambino 27/05/2013 -

Dan Porat
Il bambino
Rizzoli

Donne che escono in fila da un portone, tenute sotto tiro da soldati nazisti, e in primo piano un bambino spaurito con le braccia alzate. Quando si imbatte nella foto, Dan Porat decide di ricostruire la storia di quel giorno, e della distruzione del ghetto di Varsavia. Lo fa in un libro che intreccia le vite di quel bambino, di una ragazza attiva nella resistenza, e di tre soldati nazisti tra cui il generale delle SS Jürgen Stroop. Un libro che ha il respiro di un romanzo e la verità della storia, in cui assieme alla narrazione viva e partecipata di quel dramma scorrono le foto selezionate da Stroop - al quale Himmler aveva dato l’ordine di annientare il ghetto di Varsavia - per documentare la repressione degli ebrei e altre inedite scovate dall'autore in anni di ricerche, volti e i gesti di uomini e donne comuni destinati a diventare vittime e carnefici.


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La mia testimonianza dinanzi al mondo 10/05/2013 -

Jan Karski
La mia testimonianza dinanzi al mondo   
A cura di Luca Berbardini    
Adelphi

"Racconti tutto ciò di cui ha fatto esperienza personale, tutto ciò che ha visto e udito. Riporti i fatti e lasci che chi ascolta possa trarre le sue conclusioni": con questo viatico il premier del governo polacco in esilio mandò Jan Karski a informare i grandi della terra di quello che accadeva agli ebrei nel suo Paese. Il giovane ex ufficiale di riserva dell'esercito polacco, unitosi alla resistenza nel 1939, aveva compiuto infatti un'impresa inaudita: era riuscito a infiltrarsi nel ghetto di Varsavia e nel campo di sterminio di Belzec - e, cosa ancora più inaudita, era riuscito a venirne fuori. Il suo compito, quindi, era uno solo: testimoniare. Cosa che fece: ma senza essere creduto. Forse perché al Rapporto Karski era impossibile credere: giacché il cervello umano "non può andare oltre un certo limite ". O perché, per motivi squisitamente strategici, si scelse di non credere. La questione resta tuttora aperta. Questo libro però non racconta soltanto ciò che conteneva quel rapporto, ma tutte le avventure da lui vissute nel corso della guerra: l'arresto da parte dei sovietici, che poi lo consegnano ai tedeschi; la prima evasione; le missioni di collegamento con il governo in Francia; l'arresto da parte della Gestapo e le torture subite; la seconda evasione da un ospedale a opera della resistenza; la sua missione di testimonianza. Tutti "fatti", appunto, che vengono narrati senza alcuna enfasi, in uno stile asciutto e laconico - e proprio per questo tanto più efficace. Dimenticato nel dopoguerra in ragione dei nuovi assetti politici mondiali, Karski sarà riscoperto e intervistato dal regista Claude Lanzmann per il celeberrimo Shoah (1985), che darà l'avvio alla seconda fase della sua missione: ricordare l'indifferenza degli Alleati di fronte al consumarsi del genocidio.

Sepolti a Varsavia. Testimonianze dal ghetto 30/04/2013 -

Emmanuel Ringelblum
Sepolti a Varsavia. Testimonianze dal ghetto
Castelvecchi

Sepolti a Varsavia è il commovente racconto dell’orrore vissuto dalla comunità del ghetto di Varsavia, firmato dal noto archivista e storico del quartiere Emmanuel Ringelblum. Si tratta di episodi di cui l’autore è stato testimone oculare, notazioni e storie di cui egli stesso è stato protagonista e vittima. Una realtà straziante che vede esseri umani catturati dal furore insensato di una violenza esplosiva, da una brutalità implacabile. Nel suo libro c’è tutta la vita del ghetto, dalla costruzione del muro per motivi igienici al breve periodo di calma apparente fino agli omicidi di massa. È il racconto di un uomo provato da crisi interiori, che ha dovuto macchiarsi di meschinità per un istinto di autoconservazione ma che ha saputo riscattarsi con una nobiltà d’animo fuori dal comune. Quando i tedeschi invasero la Polonia, Ringelblum si trovava in Svizzera, dove avrebbe potuto restare e salvarsi. Decise invece di tornare a Varsavia nella consapevolezza dell’importanza storica di quel momento. Come molti suoi concittadini, non scamperà al furore nazista.

Esodo e rivoluzione 18/04/2013 -

Michael Walzer
Esodo e rivoluzione
Feltrinelli

La narrazione biblica dell'Esodo - dall'Egitto al deserto e alla terra promessa - è stata interpretata per secoli come una metafora dei processi di liberazione e rivoluzione. L'Esodo è una grande 'storia', la cui eco ha reso possibile il racconto di altre storie, da Savonarola a Calvino, da Cromwell e i puritani all'attuale teologia della liberazione. Michael Walzer, uno dei maggiori filosofi politici americani, presenta in questo libro affascinante il suo commento al testo: decifra la famiglia di 'significati' dell'Esodo gettando una luce nuova sulla tradizione del radicalismo politico. Walzer discute la natura dell'oppressione (Egitto), i dilemmi dell'affrancamento come apprendimento della libertà (le mormorazioni nel deserto), il ruolo delle scelte individuali per il contratto sociale che definisce diritti, doveri e regole per la vita collettiva (l'alleanza) e, infine, la natura della terra promessa. Contro un'immagine canonica del radicalismo inteso come messianismo politico, per cui la terra promessa è semplicemente una prospettiva più sobria. La terra promessa è il paradiso di una società perfetta, Walzer sostiene che l'Esodo suggerisce una prospettiva più sobria. La terra promessa è semplicemente un posto 'migliore' dell'Egitto. Senza dubbio, c'è un posto migliore. Ma la strada che vi conduce attraversa il deserto. E c'è un solo modo per raggiungerla: prenderci per mano e marciare.

Il patto col diavolo 22/04/2014 -

David  I. Kertzer
Il patto col diavolo
Rizzoli

I rapporti tra il Vaticano e il fascismo sono da sempre oggetto di controversia. Da una parte quanti sostengono che la Chiesa sia stata una ferma oppositrice del Duce, dall’altra quanti ritengono che invece lo abbia appoggiato in materia determinante. Dopo l’apertura, nel 2006, degli Archivi vaticani, nuovi documenti permettono di approfondire il dipanarsi delle relazioni tra Pio XI e Benito Mussolini, due uomini arrivati insieme al potere, nel 1922, e i cui destini resteranno legati a doppio filo. Spie, traditori, carte segrete e scandali taciuti rivelano una storia di opportunismi, di interessi talvolta convergenti – a partire dalla comune e ferrea lotta contro il comunismo – ma anche di riluttanze, insofferenze e duelli all’arma bianca. Mussolini aveva bisogno del Papa per far dimenticare il proprio passato anticlericale e guadagnare il consenso in un Paese cattolico, il Papa, per parte sua, intendeva restaurare i privilegi perduti del clero e cullava il sogno di uno Stato confessionale. Ma con il progressivo stringersi dell’alleanza tra Mussolini e Hitler, le perplessità di Pio XI si faranno sempre più serie e la sua disponibilità verso il regime vacillerà ogni giorno di più. La visita trionfale del Führer a Roma e le successive esternazioni del Duce sulla superiorità e la purezza della razza italiana lo fecero inorridire. Allora decise di scrivere un discorso, per denunciare l’intollerabile abbraccio del razzismo nazista: avrebbe dovuto tenerlo a tutti i vescovi d’Italia l’11 febbraio 1939, ma il giorno prima morirà e tutte le copie di quel discorso saranno fatte scomparire. Questo libro è il resoconto dettagliato di una verità scomoda ricostruita sulla base di documenti storici che offre uno sguardo inedito su uno dei periodi più bui della Storia del nostro Paese.

La famiglia Karnowski 28/03/2013 -

Israel Joshua Singer
La famiglia Karnowski
Adelphi

«Avevo un fratello più piccolo, Moshe, che era ancora in fasce quanrdo ci trasferimmo a Varsavia; una sorella che aveva tredici anni più di me e si chiamava Hinde Ester; e un altro fratello, Israel Joshua, che aveva undici anni più di me. Tranne Moshe, tutti noi divenimmo scrittori. Mio fratello scriveva, come me, in lingua yiddish». Così racconta Isaac Bashevis Singer la propria infanzia, all’ombra di quella corte dove il padre esercitava l’ufficio di giudice e dove sfilava un’umanità variegata, impagabile fonte d’ispirazione.

Poche lingue hanno subito un destino crudele e sanguinolento come lo yiddish, morto insieme ai milioni di vite che lo parlavano, dalla Polonia all’Ucraina, dalla Bielorussia a alla Lettonia, diventate fumo per le ciminiere dei forni crematori, nei campi di sterminio. Eppure, tanto nei libri di Isaac quanto in quelli di suo fratello maggiore Israel Joshua, morto nel 1944, lo yiddish dà e acquista vita, come se tutto il mondo ancora oggi continuasse a parlarlo. Ed è la storia di una coppia di fratelli, il cui destino (o Dio) fa sì che il minore abbia a surclassare il primogenito. E’ capitato a Esaù di subire le astuzie del piccolo Giacobbe. E’ capitato a Israel Joshua di vivere nell’ombra del più giovane e acclamato Isaac. Eppure c’è una linea di continuità, anzi di autentica fraternità, nei loro libri. Ma se quelli di Isaac sono noti e tradotti ovunque, a Israel è toccato in sorte una specie di oblio, che però diventa una straordinaria occasione di scoperta per i lettori, a distanza di tanti anni. La famiglia Carnowski uscì infatti nel 1943, ma scoperta di recente e tradotta in francese poco tempo fa, vede oggi la luce anche in italiano, nella puntuale e immaginiamo assai sudata traduzione dall’originale yiddish di Anna Linda Callow per Adelphi.

E’ una saga familiare di grande respiro, che copre due continenti e tre generazioni. E’ una vicenda al maschile di tre destini molto diversi fra loro, benché sul filo di quella continuità generazionale che è stata per millenni il terreno della storia ebraica. David, Georg e Jegor abitano tre dimensioni di questa esperienza: dallo shtetl, il villagio ebraico in Polonia, all’illuminata (ma ancora per un soffio) Berlino, a quella Goldene Medina, Eldorado d’oltreoceano che diventerà rifugio anche per la famiglia Singer.

Ma a differenza dell’altro grande libro di Israel Joshua, I fratelli Ashkenazi ripubblicati di recente in Italia da Bollati Boringhieri con una prefazione di Claudio Magris, questo nuovo/ vecchio romanzo ha una misura diversa, un filo conduttore angoscioso che pone il lettore in uno stato di inquietudine costante. Qui c’è infatti tutto il presagio del dramma che l’autore non fece in tempo a conoscere del tutto, accompagnato da un’illusione tenace e tossica dentro la quale vivono i tre protagonisti e con essi il lettore: quella dell’integrazione, dell’assimilazione, della consapevolezza (fasulla) che l’epoca dei ghetti, della chiusura, dell’emarginazione e dei pogrom fosse finita per sempre. Ed è con strazio crescente che la storia viaggia avanti verso quel futuro che sappiamo tutti di cosa era fatto, e indietro dentro una nostalgia a cui non sa ancora dare un nome.

Se David, il primo protagonista, non vede l’ora di abbandonare lo shtetl e abbracciare la modernità, suo figlio Georg sarà, anzi dovrà essere «tedesco fra i tedeschi» prima ancora che ebreo. E Jegor porterà il peso di un’identità mista, non meno problematica. Ma non sono figure astratte, queste. Con grande talento narrativo e una prosa che ha in sé ha già il presagio di quello che sta per succedere alla lingua in cui è scritta – è come se l’autore cercasse già di risuscitarla anche se allora non era ancora morta – Singer regala al suo lettore un grande affresco familiare fitto di volti, sentimenti, gesti, tragedie. Con l’ombra pesante di ciò che presto farà fallire tutte le illusioni di questi personaggi. Un libro ricco nel senso migliore del termine e per nulla ridondante, malgrado la mole di pagine.
ELENA LOEWENTHAL

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