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Carlo Cattaneo - Interdizioni Israelitiche - 12/03/2018 -

Carlo Cattaneo
Interdizioni Israelitiche
Castelvecchi

Che il boicottaggio contro gli ebrei non fosse né giusto né utile l’aveva dimostrato già nella prima metà dell’Ottocento Carlo Cattaneo, e non può che essere salutata favorevolmente una nuova edizione, curata con rigore da Gianmarco Pondrano Altavilla e con prefazioni Di Noemi di Segni, Ofer Sachs e Maurizio Bernardo, delle sue Interdizioni israelitiche (Castelvecchi): eccellente testo pubblicato in prima edizione nel 1837. Utile monito a chi oggi cerca di rinverdire i fasti di tale pratica. Cattaneo, generoso patriota risorgimentale e profeta molto rispettato, benché assai meno seguito, del federalismo liberale, pensatore italiano tra i più profondi, prolifici e versatili del XIX secolo, trasse spunto da un caso legale in cui si trovarono invischiati i fratelli Wahl, ebrei francesi che si erano visti annullare dal gran Consiglio di Basilea-Campagna un contratto di acquisto di una proprietà fondiaria in quello stesso cantone elvetico. Motivazione: gli acquirenti erano ebrei, e gli ebrei lì non potevano accedere a questo tipo di negozio giuridico. Poco importava che pochi anni prima la repubblica svizzera avesse stipulato con la Francia, stato che nel 1791 aveva esteso agli ebrei i diritti di cittadinanza, dei trattati volti a garantire la reciprocità nei diritti civili dei cittadini francesi in Svizzera e di quelli svizzeri in Francia: gli ebrei dovevano essere trattati in qualità di ebrei, in barba ai principi sanciti dalla Rivoluzione francese, a prescindere dalla cittadinanza.
Erede, via Romagnosi, dell’Illuminismo lombardo di Beccaria e Verri, Cattaneo ne riprende, in questo scritto, uno degli assiomi principali: i princìpi di giustizia e quelli di utilità sociale si compenetrano vicendevolmente, quasi a formare un blocco indisgiungibile. A chi è giovato il divieto posto nei secoli agli ebrei di godere della proprietà fondiaria, si chiede Cattaneo? Tale impedimento, osserva, non è infatti solo un atto di lesa maestà verso i valori della tolleranza religiosa e dell’eguaglianza giuridica sui quali dovrebbe essere fondata ogni legislazione moderna e civile; non solo ha costretto gli ebrei a “un’esistenza tutta tessuta di risparmi e sordidezze”; non costituisce, infine, solamente una violazione dell’universale e imprescrittibile diritto di proprietà; ma ha inoltre prodotto un danno incalcolabile all’economia, poiché ha impedito a un ricco ceto mercantile di investire i propri capitali nelle campagne, rallentando, così, lo sviluppo economico dell’intera società. Con mirabile sintesi e ampiezza di citazioni, il grande lombardo ripercorre l’origine e lo sviluppo delle severissime restrizioni imposte agli ebrei in Europa, a partire dal momento in cui, al tramonto dell’impero romano, il cristianesimo acquisiva sempre più forza e influenza nelle sfere del potere. Cattaneo evidenzia il paradosso su cui, in età medievale, si è fondato il prestito a interesse di denaro, gestito in parte considerevole da ebrei: “i nostri avi”, impedendo agli israeliti gran parte delle professioni, “condannavano l’ebreo a vivere di usura e baratti; e poi lo maledicevano come usurajo e barattiere”. Ma, scriveva ancora Cattaneo, citando a conforto i luminosi esempi dei filosofi Baruch Spinoza e Moses Mendelssohn, del maestro incisore Samuele Jesi e di altri ebrei che si andavano distinguendo nelle scienze e nelle arti, “l’arte usuraia non è un affare di sangue, ma di educazione e di posizione; e gli ebrei sono capaci d’altri generi di bene e d’altri generi di male”. L’eccezionale contributo ebraico alla cultura occidentale nel XIX e nel XX secolo ha ampiamente comprovato la tesi di Cattaneo. Gli odierni boicottatori di Israele, governativi ed extraistituzionali, ne devono tenere in conto: il boicottaggio fondato su preconcetti ideologici, come già quello originato da pregiudizi religiosi, non solo è eticamente riprovevole, ma anche può ritorcersi economicamente contro coloro che lo mettono in atto.

Il Foglio

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Il cinema israeliano contemporaneo
a cura di Maurizio G. De Bonis, Ariel Schweitzer, Giovanni Spagnoletti
Marsilio

Ormai da circa dieci anni, il cinema israeliano è ospite fisso delle maggiori manifestazioni cinematografiche internazionali e riscuote sempre maggiore interesse anche in ambito critico.
Questo studio approfondito su una cinematografia “nuova ed emergente”, è il primo volume pubblicato sull’argomento nel nostro paese e analizza il fenomeno di una cinematografia che, pur avendo a disposizione modeste risorse economiche, è stata in grado in poco tempo di dar vita a un significativo cinema d’autore dalle caratteristiche critico-innovative. Il tutto evidenziando le tematiche che attraversano la società israeliana: dal problema del conflitto con il mondo arabo-palestinese alla condizione della donna, dai rapporti tra religione e laicità dello Stato ai temi della violenza e della guerra. Si tratta, dunque, di un testo importante per gli studiosi ma anche per quel pubblico curioso che non vuol fermarsi alle apparenze e alle notizie superficiali ma che intende invece affrontare tematiche altrimenti sconosciute.

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