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La Stampa Rassegna Stampa
11.08.2023 L’Occidente perde un’altra battaglia
Analisi di Alan Cullison, Georgi Kantchev

Testata: La Stampa
Data: 11 agosto 2023
Pagina: 17
Autore: Alan Cullison, Georgi Kantchev
Titolo: «Le sanzioni non piegano la Russia, l'Occidente perde un'altra battaglia»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/08/2023, a pag.17, con il titolo 'Le sanzioni non piegano la Russia, l'Occidente perde un'altra battaglia' l'analisi di Alan Cullison, Georgi Kantchev.

Sanzioni alla Russia, perché la lezione di David Ricardo è valida ancora  oggi - Fondazione Luigi Einaudi

L'anno scorso, a poche settimane di distanza da quando la Russia ha invaso l'Ucraina, un funzionario della Casa Bianca ha messo in guardia Mosca dicendo che una moltitudine di sanzioni patrocinate dagli Stati Uniti avrebbe dimezzato l'economia russa. La settimana scorsa il Fondo Monetario Internazionale ha dato notizie positive per il Cremlino, facendo sapere al momento che si prevede che quest'anno l'economia russa crescerà dell'1,5 per cento, trainata da una forte spesa pubblica. Questo incremento fa seguito a una contrazione del 2,1 per cento registrato l'anno precedente, quando la Russia è diventata l'economia più soggetta a sanzioni tra quelle più importanti. Gli economisti prevedono che le sanzioni provocheranno una stagnazione in Russia negli anni a venire e già ora se ne vedono le prime avvisaglie. Ma il fallimento dell'Occidente nel mettere subito in ginocchio l'economia russa per la sua invasione dell'Ucraina rispecchia una più ampia situazione di stallo sul campo di battaglia, nonostante la zattera di aiuti letali offerti a Kiev dai Paesi occidentali e il sostegno economico alla causa dell'Ucraina. Quando sono state rese note, le sanzioni sono state descritte dai funzionari dell'Amministrazione Biden come le più impattanti nella storia, e lo sconcerto e lo sgomento iniziali hanno reso torbidi i mercati finanziari di Mosca. Oggi, però, si può dire che l'economia russa se l'è cavata abbastanza bene, tanto che il Cremlino riesce a sostenere la guerra di attrito che gli Stati Uniti avevano sperato di evitare. In un primo tempo, l'anno scorso le sanzioni hanno privato la Russia di microchip e di componenti hi-tech, intaccando gravemente la capacità dei russi di produrre missili a guida di precisione. Da allora, però, Mosca ha trovato varie scappatoie e alternative nei Paesi circostanti e bombarda l'Ucraina tutti i giorni con armi di precisione. Il greggio russo continua a scorrere, anche se le casse dello Stato hanno risentito parecchio dei prezzi più bassi che incamera dalla sua vendita. Secondo gli analisti, l'effetto principale delle sanzioni – arretratezza tecnologica e impossibilità a modernizzare – influirà negativamente sul lungo periodo sulla sua crescita economica. «Le sanzioni non hanno ancora messo fuorigioco l'economia russa», ha detto Sergei Guriev, professore di Sciences Po a Parigi, ed ex consulente del governo russo. «Hanno iniziato a limitare la capacità di Putin di finanziare questa guerra, ma non l'hanno fermata». Le sanzioni sono diventate uno strumento spesso usato in politica estera dagli Stati Uniti da quando questi, nel secolo scorso, sono diventati una potenza economica. I provvedimenti hanno portato risultati in chiaroscuro e per poco in molti casi hanno rischiato di determinare un brusco cambiamento sgradito, in particolare negli Stati autoritari come la Russia. A dirlo sono gli analisti che si occupano di sanzioni. In che modo la Russia sia riuscita a evitare il tracollo economico e intraveda al contrario una certa crescita entro un anno, malgrado l'embargo economico dell'Occidente, sarà oggetto di studio per gli analisti che dovranno riflettere se le sanzioni potranno costituire uno strumento politico per il futuro. Secondo gli analisti, dietro la resilienza economica della Russia ci sono stati un significativo incentivo governativo, una trasformazione dell'economia di guerra e un reindirizzamento senza precedenti dei suoi commerci verso i partner in Asia, in primo luogo Cina e India. L'amministrazione Biden difende le sanzioni, le giudica fondamentali per incrementare il prezzo che la Russia paga per la sua guerra in Ucraina. Le ultime statistiche sulla crescita mascherano il vero colpo assestato all'economia, ha detto un funzionario di alto grado dell'Amministrazione. «Stiamo rendendo l'economia russa meno resiliente e meno capace di durare nel tempo», ha detto. «Per i russi diventa sempre più difficile continuare a combattere in Ucraina». La spesa pubblica in Russia è aumentata del 13,5 per cento del prodotto interno lordo nel primo trimestre di quest'anno, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Si tratta del tasso di crescita più consistente nei dati che vanno indietro nel tempo fino al 1996. Gli economisti attribuiscono buona parte della crescita della produzione industriale russa di quest'anno alle armi e all'equipaggiamento bellico. Il presidente Vladimir Putin ha ordinato al governo di fornire finanziamenti illimitati per la macchina di guerra. Nella prima metà di quest'anno, la produzione di «semilavorati in metallo» – definizione che secondo gli analisti include le armi e le munizioni – è cresciuta del 30 per cento rispetto all'anno scorso. Anche altre linee di produzione associate a quella del materiale bellico sono aumentate: la produzione di computer, articoli di elettronica e ottici è salita del 30 per cento mentre la produzione di abbigliamento speciale è aumentata di ben il 76 per cento. Al contrario, la produzione di autoveicoli è scesa del 10 per cento da un anno sull'altro. «Quello a cui stiamo assistendo adesso è un incentivo enorme a soddisfare la domanda tramite il comparto industriale militare. Potremmo definirlo Keynesianismo militare», ha detto Alexandra Prokopenko, ex funzionaria della Banca centrale russa e al momento studiosa non residente presso il Carnegie Russia Eurasia Center con sede a Berlino. A dare slancio all'economia è stata anche la domanda costante globale di prodotti russi. L'anno scorso, la Russia ha registrato un surplus record delle partite correnti, un mezzo molto considerevole di finanziamento che affluisce nella sua economia. Quest'anno il divieto dell'Unione europea alla maggior parte delle importazioni di greggio dalla Russia ne ha messo a rischio il prezzo. I ricercatori di Capital Economics si aspettano che gli introiti derivanti dalle esportazioni energetiche russe diminuiscano dai 340 miliardi di dollari del 2022 ai 200 miliardi di dollari di quest'anno e si stabilizzino a quest'ultimo livello nel 2024. Al tempo stesso, la produzione russa di petrolio è calata soltanto di poco. Questo dipende dal fatto che Mosca è riuscita a trovare il modo di vendere il suo greggio in Asia creando una flotta ombra di petroliere con proprietà, assicurazione e noleggio al di fuori dell'Occidente. Nelle ultime settimane, anche questo ha contribuito a ridurre lo sconto al quale il petrolio russo si vende rispetto ai benchmark globali. «La Russia continua a vendere a Paesi che non fanno parte della coalizione che l'ha sanzionata e, da questo punto di vista, l'impatto delle sanzioni sul petrolio, per quanto sostanziale, non è ancora determinante», ha detto Guriev. Negli Stati Uniti, alcune fonti dicono che, per essere efficaci, le sanzioni devono essere applicate dai governi con costanza ed è indispensabile mettere fine alle scappatoie a mano a mano che i russi le trovano. Da poco l'Ue ha deciso di inasprire le sanzioni, cercando di soffocare qualsiasi soluzione alternativa che consenta di aggirarle. Finora, la spinta interna della Russia a cercare alternative interne alle importazioni ha dato risultati contrastanti. Secondo un sondaggio effettuato dall'Higher School of Economics di Mosca pubblicato a giugno, circa il 65 per cento delle imprese russe del settore industriale dipende dalle importazioni. Nicholas Mulder, professore di storia alla Cornell University specializzato in sanzioni, ha detto che il tentativo dell'Occidente di adottare sanzioni contro un Paese vasto come la Russia sul lungo periodo potrebbe rivelarsi un esempio da non seguire. Secondo Mulder, sono le dimensioni stesse della Russia a rendere impossibile il tentativo di estrometterla dall'economia mondiale. La Russia resta una fonte importante di materie prime per le economie avanzate, mentre per il mondo in via di sviluppo è un fornitore indispensabile di generi alimentari e di fertilizzanti. Il rapido avvicendamento dell'Asia rispetto all'Europa come partner commerciale russo potrebbe essere un vantaggio per Mosca. «La Russia di fatto si è agganciata alla regione a più rapida crescita economica nel mondo», ha detto Mulder, facendo notare che quest'anno i tre quarti della crescita economica globale si faranno registrare in Asia. «Senza la cooperazione dell'Asia, è impossibile azzoppare l'economia russa». Mulder crede che un punto debole della Russia sia la sempre più accentuata penuria di manodopera, l'unica risorsa alla quale Mosca non può sopperire con un rimpasto commerciale. Oggi il Paese sta vivendo il suo peggior deficit di forza lavoro dagli anni Novanta, visto che l'emigrazione e la mobilitazione per la guerra sottraggono lavoratori alle aziende. La Banca centrale russa ha alzato i tassi di interesse più del previsto, ha anche segnalato che la penuria di manodopera sta innescando l'inflazione. «Andrà incontro a stagnazione e a una sempre più limitata capacità di recuperare il terreno perduto rispetto ai Paesi avanzati», dice Guriev.

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