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La Stampa Rassegna Stampa
07.04.2023 Pechino e Mosca, niente alleanza
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 07 aprile 2023
Pagina: 16
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «L'alleanza tra Pechino e Mosca appena cominciata è già finita»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/04/2023, a pag.16 con il titolo "L'alleanza tra Pechino e Mosca appena cominciata è già finita" il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

Cooperazione con le autocrazie: quando è troppo, è troppo? — L'Indro

Soltanto due settimane fa Xi Jinping e Vladimir Putin si scambiavano brindisi e complimenti al Cremlino, nel corso di una visita che molti osservatori avevano giudicato come il suggello di una alleanza anti-Occidente tra Pechino e Mosca. Ieri però, il portavoce del presidente russo Dmitry Peskov, ha gettato una secchiata di acqua gelata sulla «amicizia senza limiti» russo-cinese, liquidando la proposta di mediazione di Xi in Ucraina come «priva di prospettive». Un taglio categorico che la diplomazia cinese avrà senz'altro colto e apprezzato, proprio mentre il presidente della Repubblica Popolare riceveva a Pechino Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen. Alla missione europea Xi ha dichiarato che la sua priorità in Ucraina è quella di raggiungere «la pace e il negoziato», ma da Mosca arriva il «niet» alla diplomazia: «Non ci sono altre soluzioni se non continuare con l'offensiva», è stata la replica di Peskov. Raramente un'amicizia tra due Paesi è passata da una «intesa a 360 gradi» a una divergenza a 180 gradi, in così poco tempo. Qualcosa tra Xi e Pu (come aveva titolato arditamente il quotidiano russo Kommersant a sottolineare quella che sembrava l'entrata definitiva della Russia sotto l'ombrello cinese) non ha funzionato, e questo qualcosa non è stato un dettaglio insignificante. A dire il vero, già al momento dell'incontro – tanto desiderato da Mosca – il presidente russo si era mostrato molto meno entusiasta verso la proposta diplomatica di Xi di quanto i titoli dei giornali facessero supporre. Nel salutare l'ospite cinese aveva detto «abbiamo preso visione del piano di pace» proposto da Pechino, promettendo di «discuterne più tardi»: un messaggio più che gelido. Il motivo era abbastanza evidente: il piano di pace cinese, in tutta la sua vaghezza generica, è molto chiaro nel primo punto, quello che ribadisce «l'inviolabilità del principio di integrità territoriale degli Stati». Putin ritiene che la sua sopravvivenza politica dipenda dai territori che riuscirà a strappare all'Ucraina, e il concetto di compromesso non fa parte del suo arsenale diplomatico. E così, pochi giorni dopo la partenza di Xi, il presidente russo ha infranto bruscamente quelle che erano le «red lines» poste da Pechino sulle minacce nucleari, annunciando lo spostamento delle bombe tattiche in Belarus. Un gesto rivolto a Oriente quanto a Occidente, e in Cina non hanno apprezzato. La vendetta è stata servita pochi giorni dopo dall'ambasciatore cinese all'Eu, Fu Cong, che ha spiegato al New York Times come i proclami di amicizia russo-cinesi siano «nient'altro che retorica», e ribadendo che Pechino non manderà armi a Putin, non riconosce le sue «annessioni» di territori ucraini e in generale «non è dalla parte della Russia» nel conflitto ucraino. La grande alleanza russo-cinese sembra finita prima di iniziare, e mentre Xi accoglie a Pechino la missione europea, Peskov chiude il discorso sul piano di pace cinese, mentre il propagandista numero uno della tv russa Vladimir Solovyov chiede un attacco nucleare contro Kyiv «prima che inizi la controffensiva». Le minacce atomiche della Russia servono a spronare Pechino ad aiutare Putin per evitare il peggio, ma chi le lancia non tiene conto di un loro effetto collaterale: agitare l'atomica significa ammettere che Mosca non può vincere la guerra con armi convenzionali. E se Pechino volesse scommettere su un perdente, lo farebbe soltanto a condizione di una sottomissione di quest'ultimo. Anche perché, a differenza di Putin, Xi ha un'alternativa: allearsi con l'Occidente, che si rende conto di non poter fare a meno della Cina nel gestire il possibile collasso del regime russo.

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