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La Stampa Rassegna Stampa
18.02.2017 Il pugile ebreo che sfidò i nazisti
Elena Loewenthal recensisce il libro di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 18 febbraio 2017
Pagina: 6
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «L'eroismo astuto del 'Moretto', il pugile ebreo che sfidò i nazisti»

Riprendiamo dalla STAMPA/TUTTOLIBRI di oggi, 18/02/2017, a pag.VI, con il titolo "L'eroismo astuto del 'Moretto', il pugile ebreo che sfidò i nazisti", la recensione di Elena Loewenthal del libro di Maurizio Molinari (con Amedeo Osti Guerrazzi) "Duello nel Ghetto".

Maurizio Molinari presenterà il libro il 9 marzo alle ore 18 presso l'Associazione Italia-Israele di Torino (Via Pietro Micca 15)

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                                                            Maurizio Molinari

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Pacifico Di Consiglio                                                 Elena Loewenthal


Duello nel ghetto. La sfida di un ebreo contro le bande nazifasciste nella Roma occupata , l’ultimo libro che Maurizio Molinari ha scritto insieme allo storico Amedeo Osti Guerrazzi e pubblicato da Rizzoli, non è soltanto la storia di Pacifico Di Consiglio, detto «Il Moretto». È, piuttosto, la storia di un mondo antico e presente, vivo, ma soprattutto unico come lo è da più di duemila anni la comunità ebraica di Roma. È, ad esempio, il mondo del piccolo Giovanni Astrologo che un giorno diventa fieramente «moschettiere del Fascio» – grado assai più alto del semplice «balilla» - e allora suo padre, non meno fiero di lui, lo porta a comprare la divisa buona, le bandierine e il tamburo. Ma quando il primo giorno di scuola Giovanni si presenta vestito di tutto punto con l’uniforme nuova di zecca, l’insegnante lo chiama insieme agli altri quattro o cinque bambini ebrei e dice: «Fuori dalla scuola», perché siamo nel 1938 e le leggi razziali sono entrate in vigore. E anche se gli ebrei di Roma così come in tanti altri luoghi d’Italia si dicono: «stiamo bravi, ubbidiamo e Mussolini le abolirà presto perché le ha fatte soltanto per far piacere a Hitler», così non sarà. E dopo le leggi razziali arriveranno la guerra, l’armistizio – breve momento di assurda illusione – le persecuzioni.
Ma Duello nel ghetto è soprattutto la storia straordinaria di Pacifico Di Consiglio (1921-2006), un bel ragazzo sanguigno, coraggioso e intelligente che attraversa tutte queste vicissitudini in modo insolito, sopravvivendo ogni volta quando meno te l’aspetti. E gli autori raccontano questa sua storia come fosse un romanzo, la incastonano in quella degli ebrei romani e di Roma stessa, accompagnano il lettore dentro quel mondo. Ci spiegano che la Shoah non fu soltanto convogli merci, campi della morte, fucilazioni di massa. La Shoah fu anche qualcosa di assai più capillare, entrò casa per casa, un angolo di strada dopo l’altro, fu una serie infinita di gesti, usurpazioni, piccole e grandi violenze. Perché se è vero che Roma visse la terribile tragedia della retata del 16 ottobre 1943, preceduta dall’infame ricatto dell’oro – Kappler chiese una immensa taglia preventiva per non deportare i membri della comunità, che la racimolarono con immensa fatica, e invano -, è anche vero che dopo il 16 ottobre si avviò una vera e propria, interminabile caccia all’ebreo fatta di soffiate, agguati, irruzioni nelle case. In tutta questa storia il Moretto risalta come una figura quasi biblica, una specie di profeta che si rimbocca le maniche e all’occorrenza tira pugni, scavalca muri altissimi, scappa in campagna ma solo per tornare appena può.
Ed è un profeta perché lui, insieme a Elena che tutti in ghetto considerano un po’ matta, è l’unico che vede lontano, l’unico che capisce come stanno le cose sin dal 1938 e la bufera di quelle leggi razziali che ben pochi ebrei interpretarono nel loro giusto, funesto senso. Molinari e Osti Guerrazzi raccontano Moretto, lo seguono passo a passo quando si nasconde, quando se la vede faccia a faccia con le bande di fascisti che imperversano dopo l’ottobre del 1943, la fa franca a volte in modo rocambolesco, prende un sacco di botte ma le restituisce anche perché sa tirare di boxe. È certamente una figura «eccentrica», nel mondo degli ebrei romani. È un piccolo grande eroe di cui si continuerà a parlare a lungo dopo la Liberazione. Insieme a lui, gli autori percorrono il ghetto di Roma ogni giorno mille volte, seguono gli agguati e i soprusi, raccontano la paura, le volte in cui i fascisti sfondarono porte di casa e portarono via uomini, donne, bambini e anziani. Le volte in cui non trovarono nessuno perché si erano messi in salvo per tempo. Descrivono quei loschi figuri – più infami criminali comuni che soldati o poliziotti-, tutti drammaticamente veri e vissuti. Molinari e Osti Guerrazzi ci offrono soprattutto un affresco di quel mondo ebraico romano unico al mondo, prima e dopo la Shoah. Piccoli commercianti, bottegai, «ricordari» e «urtisti» – venditori di santini e souvenir la cui principale tecnica di marketing sta nell’«urtare» i potenziali clienti… La storia di questo mondo rimasto per secoli quasi uguale a se stesso – non dimentichiamo che la comunità degli ebrei rivendica a buon diritto una ascendenza romana più antica di chiunque altro nell’Urbe – viene sconvolta dal fascismo, dalla guerra, dalle persecuzioni. Ma qui la caccia all’ebreo ha tratti unici, diversi da altrove: quante volte la fine e la salvezza arrivano negli occhi degli altri, quei «vicini di casa» che si conoscono personalmente. Tutto, il bene e il male, sta stipato fra i vicoli del ghetto e dintorni. Lì si muove Moretto con destrezza, per lo più lottando in solitudine, conquistando i favori di una ragazza sul fronte opposto, strappandole informazioni. Tenendo sempre la testa alta, anche quando sembra proprio non esserci più via di fuga.
Grazie al suo coraggio, alla sua prontezza e a una buona dose di incoscienza Moretto sopravviverà alla guerra e alle persecuzioni. Sopravviverà soprattutto all’esperienza di aver vissuto e visto una lunga serie di drammi, di camion che partivano per ignota destinazione, di bambini strappati alle madri, di torture quotidiane. E la sua storia si legge con il fiato in gola, come se si fosse lì insieme a lui, dentro il ghetto accerchiato dai nazifascisti.

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