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La Stampa Rassegna Stampa
29.07.2014 Israele-Hamas: cronache di guerra
Due articoli di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 29 luglio 2014
Pagina: 6
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «A Gaza battaglia senza tregua Un’altra strage di bambini - Avanti fino in fondo Demoliremo i tunnel»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/07/2014, a pagg. 6-7, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "A Gaza battaglia senza tregua Un’altra strage di bambini " e da pag. 7 l'articolo, sempre di Maurizio Molinari, dal titolo " Avanti fino in fondo Demoliremo i tunnel".


Di seguito, gli articoli:




Continua il lancio di razzi su Israele


LA STAMPA - Maurizio Molinari: "
A Gaza battaglia senza tregua Un’altra strage di bambini "

Maurizio Molinari

Battaglia su più fronti nella Striscia, mortai su Eshkol, infiltrazioni a Nahal Oz, bombe su Beit Hanun e Sajayia: il conflitto fra Hamas e Israele riprende di intensità, lasciandosi alle spalle una tregua umanitaria durata poche ore. Abasan è una fascia di terra di nessuno che, nel Sud della Striscia, separa i tank israeliani dalle Brigate Qassam di Hamas.
I tank si fanno riconoscere alzando nuvole di polvere, le Brigate Qassam sono annidate nei bunker. La tregua umanitaria regge fino alle 10 e i pochi abitanti rimasti nelle case di Abasan, come Adli Baraka padre di nove figli, si riparano in casa aspettando il peggio. Sono quattro i fronti di Gaza dove i nemici sono separati da poche centinaia di metri: a Beit Hanun, Bayt Lahya e Sujayia nel Nord, a Khuza nel Sud. Si tratta di centri urbani oramai deserti, a circa 4 km dalla frontiera, dove i reparti israeliani sono attestati e i combattimenti riprendono, in crescendo. Hamas e Jihad usano armi leggere, razzi anticarro e mortai, le forze israeliane hanno tank e artiglieria.
La guerra in giardino
Abasan è alle spalle di Khuza e sente i combattimenti arrivare. «Siamo fra due fuochi - dice Baraka, che coltiva fichi e alleva capre - a Ovest gli israeliani e ad Est Hamas, la guerra passerà attraverso il mio giardino e nessuno può dire cosa avverrà, potrebbe tornare l’occupazione». L’incertezza di Adli, 50 anni, diventa rabbia negli occhi del nipote trentenne, che alla guida di una vistosa motocicletta dà disposizioni alla famiglia su «come apprestarsi a combattere, evitando le zone più esposte». Alle 13 gli scontri riprendono a Khan Yunis, poco distante. E dal Nord arrivano notizie analoghe. Sono affondi, le due parti saggiano le altrui difese.
Caccia ai capi jihadisti
Su Gaza scendono dal cielo migliaia di volantini. Il mittente è l’esercito israeliano che comunica ai residenti i nomi dei 74 leader di Hamas e Jihad islamica palestinese che «ci hanno sfidato» e sono stati eliminati in 21 giorni di attacchi. L’ultima riga del volantino preannuncia «nuove liste» facendo capire che la caccia continua mentre sul retro si pone l’interrogativo su «dove Hamas seppellisce i suoi terroristi». E’ una maniera per far capire ai civili che Hamas sta subendo molte perdite e Israele non dà tregua ai suoi capi, politici e militari, nascosti nei bunker sotterranei.
Il giallo dei razzi su Shati
Verso le 16 due razzi tagliano il cielo sul centro di Gaza. Il primo cade nel campo di Shati dove uccide sette bambini che stavano festeggiano Idr el-Fidr, ovvero la conclusione del Ramadan. La gente in strada mostra ai reporter resti umani. Il secondo razzo abbatte il muro perimetrale di un edificio dell’ospedale Shifa. Hamas accusa Israele di «strage premeditata» e «genocidio di civili» ma Peter Lerner, voce delle forze armate, ribatte: «Si tratta di razzi lanciati dalla Jihad islamica, sono caduti sul territorio di Gaza come avvenuto in almeno altri 200 casi, sono i terroristi a colpire anche la popolazione civile di Gaza».
Attacco a Eshkol
Quasi contemporaneamente Israele ammette di aver perso cinque soldati per un attacco con colpi di mortai nell’area di Eshkol. Altri sei militari sono feriti. E’ un attacco che avviene mentre più a Nord, nel kibbutz di Nahal Oz, un commando di Hamas esce da un tunnel per portare strage: l’intervento delle truppe speciali elimina cinque terroristi ma l’allarme per i blitz sotterranei cresce. Ve ne sono assai più dei 35 trovati.
Notte di bombe
Al tramonto è oramai chiaro che il conflitto fra Hamas e Israele è ripreso a pieno regime. Dal centro di Gaza vengono lanciati razzi a lungo raggio che fanno suonare le sirene nel Nord di Israele, da Cesarea e Haifa. Peter Lerner commenta: «Questo dimostra che Hamas ha sfruttato la tregua umanitaria per riorganizzarsi e preparare nuovi attacchi, su più fronti, dai razzi ai tunnel». La risposta di Israele arriva nella notte, con un diluvio di bombe su Beit Hanun, Bayt Lahia e Sayaja: le zone dove le truppe puntano ad avanzare per spingere ancora più indietro le linee di Hamas. Più Hamas indietreggia, più tunnel vengono scoperti. Il capo di stato maggiore, Benny Gatz, è con le truppe a Gaza: «Ogni minuto è decisivo, dobbiamo cercare i tunnel e distruggerli». L’esercito chiede la «completa evacuazione» di Sayaja e Zaitun perché è la direzione di marcia delle truppe.
Il fronte del Libano
Allarme in Galilea per i razzi dal Libano. A lanciarli sono per ora fazioni palestinesi nel Sud ma lo sceicco Hezbollah, Nasrallah, promette ad Hamas «tutto l’aiuto possibile».

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Avanti fino in fondo Demoliremo i tunnel "

«Siamo pronti per un’operazione prolungata, non c’è guerra più giusta di questa». Il premier israeliano Benjamin Netanyahu parla alla nazione per far capire che l’intervento militare a Gaza si estende. «Dobbiamo colpire i tunnel come primo passo verso la smilitarizzazione dei territori lungo la costa» spiega il premier, spiegando che l’ordine alle forze armate è di scoprire e distruggere tutti i passaggi sotterranei simili a quello con cui è stata messa a segno ieri l’infiltrazione a Nahal Oz. L’obiettivo finale resta la «smilitarizzazione» della Striscia di Gaza, ovvero il disarmo di Hamas, perché questa è l’intesa strategica con l’Egitto di Abdel Fattah Al Sisi, che considera l’arsenale dei fondamentalisti palestinesi una minaccia alla propria sicurezza nazionale.
Anche l’Arabia Saudita è sulla stessa linea: il re Abdallah lo dice di persona al presidente palestinese Abu Mazen durante un incontro a Gedda nel quale promette 500 milioni di aiuti per Gaza, chiedendo in cambio alle forze dell’Autorità di assumere il controllo della Striscia, estromettendo Hamas. E Abu Mazen manda segnali convergenti, dicendosi a favore della «bozza di cessate il fuoco egiziana» che prevede proprio il disarmo di Hamas, considerata da Usa e Ue un’organizzazione terroristica. La convergenza fra Gerusalemme, Il Cairo, Riad e Ramallah ha effetto sull’amministrazione Obama e il Segretario di Stato John Kerry si dice a favore di un «cessate il fuoco che conduca al disarmo di Hamas» adoperando una formulazione diversa da quella, più vaga, che aveva irritato Israele ed Egitto.
In serata è il presidente americano, Barack Obama, a chiamare i capi di governo di Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia per affermare che «Israele ha il diritto di difendersi», «c’è bisogno di un immediato cessate il fuoco per evitare vittime civili» e il percorso dovrà portare alla «smilitarizzazione» della Striscia. Il linguaggio di Washington lascia intendere che l’operazione israeliana potrebbe avere fine con una soluzione simile a quella trovata in Libano nel 2006 dopo il conflitto con gli Hezbollah: una risoluzione Onu sul ripristino di stabilità e sicurezza, con lo schieramento di una forza internazionale e il disarmo delle milizie. In realtà, nel Libano del Sud gli aspetti relativi al «disarmo» hanno avuto un esito assai debole - come il rafforzamento di Hezbollah dimostra - ma fonti diplomatiche europee assicurano che «con Hamas ci sono maggiori garanzie di successo» soprattutto per il forte sostegno di Egitto ed Arabia Saudita. E’ proprio questo scenario che spiega perché Netanyahu critica il pronunciamento dell’Onu a favore del cessate il fuoco immediato perché «ignora le esigenze di sicurezza di Israele», facendo capire che serve non una dichiarazione del presidente di turno ma una risoluzione vera e propria.


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