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Il Manifesto Rassegna Stampa
08.09.2012 Virgolette rivelatrici (non che ce ne fosse bisogno..)
Ecco come i comunisti italiani considerano Hamas

Testata: Il Manifesto
Data: 08 settembre 2012
Pagina: 7
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Un corso per ambasciatori nalla Gaza di Hamas»

Non avremmo ripreso questo pezzo di Michele Giorgio sul MANIFESTO di oggi, 08/09/2012, a pag.7, con il titolo "Un corso per ambasciatori nella Gaza di Hamas". Liberi di farsi tutti i corsi che vogliono, ci mancherebbe. Ma leggendolo (si vede che siamo un po' masochisti) siamo rimasti colpiti da un paio di virgolette, che segnaliamo ai nostri lettori.
Se qualcuno aveva ancora dei dubbi su come al quotidiano di Rocca Cannuccia giudicano la politica di Hamas -dichiaratamenrte genocida - nei confronti di Israele, si legga questa riga: 
visto che in Occidente Hamas è considerato una «organizzazione terroristica». Fra virgolette, il che ha un solo significato. Hamas, per Giorgio e il giornale su cui scrive, NON è una organizzazione terrorista. Poco importa che tale sia stata dichiarata da UE e ONU, e che non goda delle simpatie dell'Anp e di Abu Mazen, no, al quotidiano comunista non ci credono. E bravi !
Ecco l'articolo:

I palestinesi dei Territori occupati hanno già due governi e presto potrebbero avere due diplomazie a rappresentarli all’estero. A conferma che i movimenti Fatah e Hamas sono molto lontani da un accordo di riconciliazione, nonostante gli annunci di «pace fatta» che di tanto in tanto vengono dalle due parti. Un alto rappresentante di Hamas a Gaza ha fatto sapere che il governo del premier Ismail Haniyeh ha avviato un programma di formazione per ambasciatori e personale diplomatico. Le sue parole sono giunte mentre il presidente dell’Anp e dell’Olp, Abu Mazen, proclamava l’intenzione di ripresentare tra qualche giorno la richiesta di adesione dello Stato di Palestina all’Onu. «E’ tempo di mettere fine almonopolio della diplomazia (da parte dell’Olp, ndr)», ha detto mercoledì scorso il vice ministro degli esteri Ghazi Hamad, uno degli esponenti di Hamas che fino a qualche tempo fa erano favorevoli a ricomporre la frattura con l’Anp, emersa nel 2005 dopo i violenti scontri di Gaza e la presa del potere del movimento islamico nella striscia. «Abbiamo stabilito relazioni con diversi Paesi e dobbiamo ora formare diplomatici in grado di avviare e seguire progetti con quei paesi», ha spiegato Hamad. Non è chiaro al momento se si tratti soltanto di una forma di pressione sull’Anp e l’Olp. All’interno di Hamas però è aumentata l’influenza delle correnti che sollecitano una rottura definitiva con Fatah e l’Anp. Correnti che spingono per raccogliere i frutti del riconoscimento sempre più diffuso del movimento islamico palestinese in Medio Oriente, dove le rivolte arabe sono sfociate in una ampia affermazione dei Fratelli musulmani (l’organizzazione- madre di Hamas). A dare un ulteriore spazio di manovra ai sostenitori dell’«indipendenza» di Gaza è stata anche la vicenda di qualche giorno fa, quando l’Iran ha fatto arrivare due inviti ai palestinesi – uno per Abu Mazen e l’altro per Haniyeh - per la conferenza dei Non Allineati che si è tenuta a Tehran. Haniyeh ha rinunciato a partire per non acuire lo scontro con Abu Mazen. Questo possibile secondo corpo diplomatico in ogni caso potrà, almeno per ora, trovare accoglimento solo in alcuni paesi arabi o islamici, visto che in Occidente Hamas è considerato una «organizzazione terroristica». L’Olp (di cui Hamas non fa parte) è rinonosciuta, in campo internazionale, come rappresentante del popolo palestinese. L’obiettivo immediato di Hamas potrebbe essere il riconoscimento diplomatico da parte dell’Egitto, oggi guidato dal presidente islamista Morsi. Non a caso Abu Mazen ha avvertito i «fratelli egiziani» a non cadere nella trappola delle divisioni tra palestinesi. Alla spaccatura tra Hamas e Anp si aggiunge quella tra Abu Mazen e il premier dell’Anp Salam Fayyad, da mesi ai ferri corti. Di fronte all’esplodere nei giorni scorsi di proteste popolari nelle città della Cisgiordania, contro l’aumento dei prezzi e la disoccupazione, Abu Mazen ha parlato di «primavera palestinese». Parole che hanno spinto Fayyad a dirsi pronto a rassegnare le dimissioni.

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