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Il Manifesto Rassegna Stampa
02.06.2012 Capovolgere i fatti e mistificare la realtà, il menu abituale di Michele Giorgio
La doppiezza comunista non muore mai

Testata: Il Manifesto
Data: 02 giugno 2012
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Gaza, riesplode la guerra»

Usiamo di rado l'aggettivo 'vergognoso', certe notizie sono vergognose senza bisogno di etichette altisonanti. Facciamo una eccezione oggi, 02/06/2012, a pag 9, con l'articolo di Michele Giorgio sul MANIFESTO, con il titolo " Gaza, riesplode la guerra". Vergognoso e, aggiungiamo, ripugnante, per la doppiezza, tragica eredità dei comunisti, nel quale traspare la mistificazione tipica dei pezzi di Giorgio.
A cominciare dal titolo, perchè la notizia da titolo doveva essere " Da Gaza uccide al confine un soldato israeliano". Seguono le prime righe:
Scontri a fuoco, bombardamenti aerei, cannoneggiamenti e colpi di mortaio. È stata guerra ieri lungo le linee tra Gaza e Israele. E in uno scontro a fuoco sono morti un militare israeliano, Nethanel Mushiashvili, 21 anni, e un palestinese armato Ahmad Abu Naser, 22 anni.
che non raccontano, capovolgendo la verità, come è andata. Il palestinese viene descritto come 'armato', ucciso in uno scontro a fuoco, nel quale resta ucciso, pure,un soldato israeliano. Lo capirebbe anche un bambino, i soldati israeliani hanno sparato quando il palestinese -armato- aveva già ucciso un soldato nel tentativo di rapirlo.
Ma Giorgio mentendo spudoratamente, massacra la verità, secondo abitudine. Il resto dell'articolo è la solita cronachetta di politica interna, vista attraverso le sue lenti deformanti, niente che valga la pena di riprendere.
Ecco il pezzo: 

Scontri a fuoco, bombardamenti aerei, cannoneggiamenti e colpi di mortaio. È stata guerra ieri lungo le linee tra Gaza e Israele. E in uno scontro a fuoco sono morti un militare israeliano, Nethanel Mushiashvili, 21 anni, e un palestinese armato Ahmad Abu Naser, 22 anni. Feriti gravemente, in un successivo attacco aereo, altri quattro giovani di Gaza, ad uno dei quali, gravissimo, i medici hanno dovuto amputare le gambe. Il palestinese ucciso, un militante del Jihad Islami, è riuscito ad infiltrarsi in territorio israeliano, nei pressi del kibbutz Nirim (Neghev), a poche centinaia dimetri dai reticolati di confine. Voleva, secondo il portavoce dell’esercito israeliano, sequestrare un soldato, ma è stato subito localizzato ed ucciso. Prima di cadere ha però aperto il fuoco e colpito a morte un sergente della Brigata Golani. La versione del tentativo di un sequestro appare debole perché difficilmente Abu Nasser, sarebbe stato in grado di portarlo termine da solo. È più probabile una azione, di fatto, suicida. Da parte sua il Jihad islami ha negato di essere dietro l’infiltrazione in territorio israeliano. Dopo lo scontro a fuoco, l’aviazione israeliana ha colpito Gaza, ferendo i quattro palestinesi mentre dalla Striscia sono stati sparati alcuni colpi di mortaio. Il portavoce militare israeliano ha attribuito la responsabilità interamente ad Hamas in quanto organizzazione che controlla Gaza e ieri la popolazione palestinese si attendeva altri raid aerei nel corso della notte. Tutte le basi militari di Hamas, le sede di ministeri e gli uffici pubblici sono stati evacuati di fronte al pericolo di attacchi dal cielo. Palestinesi hanno riferito di una incursione di carri armati vicino a Khan Younis, e la cattura di una persona portata via dai soldati. Nelle località israeliane a ridosso di Gaza è stato lanciato l’allarme e la popolazione ha avuto ordine di restare nei rifugi per alcune ore. L’improvviso rialzarsi della tensione tra Gaza e Israele ha ridato fiato ai contestatori del ministro della difesa Ehud Barak che, l’altro giorno, aveva avvertito che in caso dimancato accordo con i palestinesi, Israele potrebbe lasciare unilateralmente la Cisgiordania che occupa da 45 anni. Barak, in sostanza, ha ipotizzato la stessa operazione di «disimpegno» compiuta dall’ex premier Ariel Sharon nel 2005, quando soldati e coloni furono ritirati da Gaza. In questo caso però il ministro della difesa più che un ritiro prevede l’annessione unilaterale a Israele di ampie porzioni della Cisgiordania, quelle dove si concentrano la maggior parte degli insediamenti ebraici e l’evacuazione solo di poche colonie. Senza dimenticare che Israele non è intenzionato a restituire ai palestinesi la zona araba di Gerusalemme (occupata nel 1967) e rivendica il controllo anche su buona parte della Valle del Giordano. Ai palestinesi andrebbero, più o meno, le attuali «città autonome» (la zona A), che già controllano, e le regioni limitrofe ora con amministrazione mista. Una soluzione conveniente per Israele ma che non piace a chi non ha alcuna intenzione di restituire ai palestinesi i territori occupati e di evacuare anche un solo colono, e a quelli che non vogliono ripetere l’esperienza di Gaza che considerano «fallimentare». Qualcuno, come Mazal Mualem sulle pagine di Haaretz, si è posto interrogativi sui motivi che sono dietro questa improvvisa uscita di Ehud Barak. Negli ultimi tre anni – nota Mualem - Ehud Barak è stato un partner di primo piano di Netanyahu e nel governo ha lavorato assieme alla destra di Lieberman e ai religiosi ultraortodossi. Ha contribuito a far scomparire il negoziato di pace (con i palestinesi) e concentrare la vita degli israeliani solo sulla questione della guerra con l’Iran. «Tutto ad un tratto – aggiunge Mualem - Barak questa settimana si è svegliato per avvertirci che l’impasse diplomatica con i palestinesi è un disastro e che la calma sul terreno è illusoria ». Secondo la giornalista la sortita avrebbe avuto il solo scopo di dare un po’ di visibilità al ministro della difesa che sa di contare sempremeno nel governo e nella politica nazionale. Un atto di sopravvivenza politica - conseguenza dell’ingresso del partito Kadima e del suo rivale Shaul Mofaz nella coalizione di governo - che non ha avuto alcun effetto perché Netanyahu e i suoi collaboratori non hanno replicato in alcun modo, confermando che Barak ormai conta davvero poco.

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