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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
12.12.2016 Turchia: strage a Istanbul
Commento di Noam Benjamin

Testata:
Autore: Noam Benjamin
Titolo: «Erdogan punta il dito contro i curdi del Pkk e promette vendetta per la strage di poliziotti»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 12/12/2016, a pag. 17, con il titolo "Erdogan punta il dito contro i curdi del Pkk e promette vendetta per la strage di poliziotti", il commento di Noam Benjamin.

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Noam Benjamin

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La scena dell'attentato

I mandanti della doppia strage di sabato sera a Istanbul «la pagheranno a caro prezzo». Lo ha promesso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan incontrando alcuni giornalisti all'uscita dell'ospedale dove ha visitato un gruppo di vittime. Il bilancio dell'attacco è pesantissimo: 38 persone sono rimaste uccise mentre i feriti sono 155, 14 dei quali versano in gravi condizioni. A pagare il maggiore tributo di sangue è stata la polizia con 30 morti. Una prima autobomba è esplosa al passaggio di un pullman delle forze dell'ordine impegnate a mantenere la sicurezza durante la partita di calcio fra il Besiktas e il Bursaspor; poco dopo un kamikaze si è fatto esplodere in un parco nei pressi dello stadio. Secondo fonti della sicurezza gli attentatori avrebbero utilizzato 400 chili di esplosivo; 13 sospetti sono stati fermati dopo la strage. Il vicepremier Numan Kurtulmus ha subito puntato il dito contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), formazione terrorista di ispirazione marxista per l'indipendenza dal resto del Paese del Sud-Est a maggioranza curda.

Ore dopo è giunta invece la rivendicazione dei Falchi per la libertà del Kurdistan (Tak). Sul proprio sito web il gruppo staccatosi dal Pkk dopo che questo aveva siglato una tregua con Ankara nel 1999 ha spiegato che la duplice esplosione è una protesta contro l'incarcerazione del leader del Pkk, Abdullah Ocalan, e contro le operazioni militari nelle province curde. L'attacco è anche coinciso con l'avvio della procedura parlamentare per la trasformazione della Turchia in un regime presidenziale: nel pomeriggio di sabato il premier Binali Yildirim aveva presentato alla Grande assemblea nazionale gli emendamenti costituzionali concordati fra l'Akp, il partito islamico fondato da Erdogan e i nazionalisti dell'Mhp. Se l'operazione andrà in porto, il «sultano» avrà la possibilità di governare la Turchia per altri dieci anni. Il Paese resta intanto sotto shock: quello di ieri è l'ultimo di una lunga serie di attentati che nel 2016 hanno insanguinato Ankara, Istanbul e il suo aeroporto, e Diyarbakir, capoluogo curdo nell'Est.

Lo scorso 15 luglio la Turchia ha anche conosciuto un tentativo di colpo di Stato militare, subito attribuito dal governo a Fethullah Gülen, il predicatore islamico già alleato di Erdogan ma autoesiliatosi negli Stati Uniti nel 1999. Il governo Yildirim ha reagito proclamando lo stato di emergenza, ancora in vigore, e arrestando decine di migliaia fra militari e funzionari pubblici accusati di essere legati a Hizmet, la rete fondata da Gülen. Secondo l'esecutivo e la magistratura Hizmet è un'organizzazione eversiva che lavora nell'ombra infiltrando i gangli dello Stato. «Il mio Paese e il mio popolo - ha affermato domenica Erdogan - possono essere certi che combatteremo la piaga del terrorismo fino alla fine». Nonostante il pugno di ferro contro i nemici gülenisti e il separatismo curdo, il presidente non sembra tuttavia in grado di garantire sicurezza e serenità ai suoi concittadini. La tensione politica si sta ripercuotendo sull'economia e mentre la Confindustria tedesca ha sollecitato il governo ad abrogare lo stato di emergenza, la lira turca è precipitata ai minimi sul dollaro. Denunciando un complotto della finanza internazionale, nei giorni scorsi Erdogan ha invitato i suoi concittadini a cambiare in lire turche tutta la valuta straniera in loro possesso.

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