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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
02.09.2016 Cronache di ordinario terrorismo islamico
Servizi di Fausto Biloslavo, Noam Benjamin

Testata:
Autore: Fausto Biloslavo-Noam Benjamin
Titolo: «In Libia i nomi dei terroristi approdati in Italia -Jihadisti nascosti nell'esercito tedesco»

Riprendiamo da GIORNALE di oggi, 02/09/2016, a pag.14, due servizi sui terroristi islamici, con riferimenti all'Italia e alla Germania.

Fausto Biloslavo: " In Libia i nomi dei terroristi approdati in Italia "

Una considerazione: spesso i terroristi islamici risulatano essere stati residenti in Italia e non solo di passaggio. Si direbbe indisturbati o al massimo espulsi, naturalmente con il rientro garantito.
Il ministro Alfano ha creato una commissione per studiare il 'fenomeno' - si veda il pezzo sulla Stampa in altra pagina di IC di Lorenzo Vidino, che ne è il presidente- che la butta sul 'culturale'. Non crediamo sia un buon inizio, anzi.

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Fausto Biloslavo

Sirte-  Sei nomi di terroristi tunisini, che hanno aderito al Califfato e potrebbero essere ancora annidati nei quartieri di Sirte in mano alle bandiere nere, dove si combatte casa per casa. Oppure morti durante gli scontri o scappati dall'assedio delle forze libiche del governo di unità nazionale. E una lista di jihadisti tunisini dello Stato islamico trovata a Sirte con i nomi di chi si sarebbe già infiltrato in Italia sui barconi. Una fonte dell'antiterrorismo italiano ha confermato al Giornale che in Libia sono state segnalate 5 vecchie conoscenze della giustizia italiana, che hanno vissuto a lungo da noi. Il capo è Moez Fezzani, nome di battaglia Abu Nassim, che abbiamo scarcerato, poi espulso nel 2012 e infine condannato in secondo grado a 6 anni, ma ormai stava già combattendo in Siria. Gli altri 4 nomi dei tunisini legati all'Italia e collegati a Sirte sono Essid Sami Ben Khemais, Mehdi Kammoun, Bouchoucha Moktar e Madri Riadh. Nell'ex roccaforte assediata delle bandiere nere, che sta per crollare, circola la voce, non confermata, che un sesto terrorista tunisino legato al nostro Paese sia stato ucciso. È il super ricercato, Nouruddine Chouchane: viveva a Novara ed è coinvolto nella strage del museo il Bardo di Tunisi oltre al rapimento di quattro italiani in Libia. Ben Khemais è un pezzo grosso della guerra santa. Nel 2001 fondò una cellula di Al Qaida a Milano. Attraverso i suoi conti correnti movimentava 70 milioni di vecchie lire l'anno verso prestanome a Dubai, nello Yemen, in Tunisia e Turchia. Condannato in Italia a fine pena è stato espulso nel Paese di origine e rimesso in libertà con la primavera araba. Assieme al suo sodale Kammoun aveva fondato una cellula fra Gallarate e la moschea di viale Jenner a Milano. Pure lui condannato in Italia e poi espulso. Moktar viveva a Spinadesco, in provincia di Cremona e nel 2004 scriveva dal carcere di Nuoro, assieme a Khemais e Kammoun appellandosi ai diritti umani per non venir estradato in Tunisia. Amnesty international e organizzazioni di estrema sinistra sposarono la battaglia dei terroristi e l'Italia fu condannata dalla Corte europea per averli rimandati dove vigeva la pena di morte. Riadh faceva parte di una cellula del terrore di Buccinasco, in provincia di Milano, smantellata nel 2001. Gli obiettivi erano la stazione centrale del capoluogo lombardo, una base militare vicino a Napoli ed una stazione dei carabinieri. Il gruppo di sei tunisini legati alle bandiere nere e all'Italia si è ritrovato a Sirte, roccaforte del Califfato. Fra le macerie della battaglia è stata trovata una lista di combattenti giunti in Libia dalla Tunisia per combattere la guerra santa. Accanto a sette nominativi di terroristi tunisini c'era un appunto: «I fratelli sono proseguiti per l'Italia» mescolati ai migranti. Il colonnello dell'intelligence libica Ismail Shoukri conferma che lo Stato islamico «avrebbe fatto in modo di infiltrare sui barconi, fra gli emigranti illegali, alcuni dei loro uomini provenienti da Sirte. Non escludiamo che siano fuggiti in Italia».

Noam Benjamin: " Jihadisti nascosti nell'esercito tedesco "

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Noam Banjamin

Che i terroristi islamici si siano infiltrati nell'esercito tedesco ci pare ovvio, visto a che punto è arrivato il governo tedesco. Ci stupiamo semmai che non siano ancora presenti nelle istituzioni ufficiali.

Berlino- Il rilancio delle forze armate è sempre nell'agenda del governo Merkel: dall'inaugurazione di asilo nido dentro alle caserme, allo stanziamento di nuovi fondi per rinnovare un equipaggiamento datato specialmente nell'aeronautica protagonista negli scorsi mesi di una serie di brutte figure. Da mesi la ministra della Difesa Ursula von der Leyen è impegnata a modernizzare la Bundeswehr: il suo scopo è adeguarne gli standard a quelli di altri paesi Nato. In questo modo la Germania cerca di dare corpo anche militarmente alle sue crescenti aspirazioni di attore attivo sugli scenari internazionali di crisi. Nei giorni scorsi l'esecutivo ha anche immaginato il ripristino della coscrizione obbligatoria abolita nel 2011 per dare vita a un servizio di guardia nazionale che sollevi del tutto l'esercito da compiti, per esempio, di difesa del territorio dalle calamità naturali. La questione, tuttavia, non è solo logistica o di equipaggiamento. L'esecutivo di grande coalizione ha appena licenziato un decreto per ripulire la Bundeswher da infiltrazioni di tipo jihadista ed estremista. Dal 1 luglio del 2017 il controspionaggio militare, Amt für den Militärischen Abschirmdienst (Mad), si occuperà di scremare le candidature dei volontari intenzionati a far carriera nelle forze armate della Repubblica federale. Fino a ieri per contrastare la diffusione del radicalismo islamico nella società tedesca, i servizi di intelligence si sono concentrati su social network, carceri e moschee, ambienti ritenuti favorevoli alla diffusione dell'ideologia jihadista. Tuttavia negli ultimi nove anni, almeno 24 militari sono stati etichettati come «islamisti»: per questo motivo a 19 di loro è stato dato il benservito mentre gli altri cinque hanno già concluso il loro servizio. Non è tutto: altri 30 ex soldati di professione avrebbero lasciato la Germania alla volta della Siria o dell'Iraq per unirsi all'Isis. Il fenomeno è diffuso in Europa fra i figli e i nipoti degli immigrati da paesi islamici e neppure le forze armate tedesche ne sono rimaste immuni. Per i jihadisti di esportazione la Bundeswehr è stata una palestra e adesso il governo vuole evitare che le sue competenze militari passino agli uomini del califfo al-Baghdadi. Per aspirare alla carriera militare, oggi i candidati devono presentare un certificato di buona condotta rilasciato dalla polizia, quindi giurare fedeltà sulla Costituzione. Da domani la trafila si complica: i volontari saranno scrutinati dal Mad; in passato il servizio ha già analizzato 322 casi di sospetto radicalismo islamico ma adesso la sua attività si fa più strutturata. Il controspionaggio militare assumerà 90 nuovi specialisti per fare le pulci ai 20 mila giovani che ogni anno si candidano in Germania alla carriera militare. Massima attenzione alle infiltrazioni jihadiste, dunque, ma anche al radicalismo politico: sarebbero almeno 268 gli infiltrati di estrema destra fra i ranghi delle forze armate, 6 quelli di estrema sinistra. Al Mad il compito di rivelare ogni possibile comportamento o tendenza «anticostituzionale». Per il responsabile della sicurezza interna Clemens Binniger della Cdu (il partito della cancelliera) e per il suo omologo bavarese Stefan Meyer, la modifica approvata dal governo era «necessaria e urgente» e fornirà al Mad «gli strumenti necessari per impedire agli estremisti di accedere alla Bundeswher e ricevere formazione all'uso di armi pesanti».

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