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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
08.03.2015 Ebreo per un giorno, a Milano. L'opinione di Walker Meghnagi
Reportage di Nino Materi, intervista di Giovanni Masini

Testata:
Autore: Nino Materi-Giovanni Masini
Titolo: «Io, ebreo per un giorno, nella Milano musulmana-Aggressioni da islamici e condanne poco nette»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 08/03/2015, a pag.13, due servizi sulla situazione degli ebrei a Milano, entrambi a pag.12
In quello di Nino Materi, il cronista si finge ebreo 'per vedere l'effetto che fa' , un'idea sempre utile per verificare la realtà. Nel secondo Giovanni Masini intervista il presidente uscente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi.

Nino Materi- "Io, ebreo per un giorno, nella Milano musulmana"


Nino Materi

Alla fermata dell'autobus due donne musulmane (probabilmente madre efiglia), entrambe con il volto velato, mi osservano. Poi la donna più grande prende per il braccio la ragazzina e la trascina via. Si allontanano. Come se io avessi la lebbra. Invece ho solo una kippah sulla testa. Appena due grammi di stoffa rasata. Che pero possono pesare come un macigno. La kippah è il copricapo usato dagli ebrei maschi osservanti. La indosso, anche se l'ebraismo non è la mia fede. Inizio il mio «esperimento» di finto jewish in via Padova, periferia milanese ad alta densità musulmana. Sono da poco passate le ore 13,a decine sciamano dalla Centro di preghiera islamico. Chiedo a un ragazzo di fede islamica: «Scusa, sai l'ora?». Un attimo di indecisione. Poi lo sguardo cade sulla mia kippah bianca e la risposta è sferzante: «Che cazzo vuoi?». A poca distanza c'è un collega,Giovanni Masini,che con una telecamera nascosta riprende tutto: per un'intera mattinata, ha immortalato gli sguardi ostili che mi sono piovuti in testa come una pioggia acida. Per strada, nell'autobus, nei bar. Nulla di traumatico, per carità. Nessuna minaccia. Nessuna violenza. Anche se nei due giorni precedenti - in assenza però di telecamera nascosta- il «test» era andato anche peggio. Con il borsino dell'intolleranza che ha registrato contro il sottoscritto uno sputo (fortunatamente lanciato per terra); un insulto; un «Allah akbar» urlato in faccia; un propagandistico «Palestina libera!»; un ironico «Ciao, giudeo». Ma anche nei momenti più critici (come quello dello sputo o dell'insulto) non mi sono mai sentito in pericolo. Davanti al Sultan Kebab, all'altezza del civico 95, un tizio mi invita a «cambiare marciapiede»: un episodio dinanzi al quale l'afflato al dialogo interreligioso sembra un pó vacillare... Da dietro le spalle arriva una ragazza (italiana) con un cane. Mi affianca, si gira, e dice: «Palestina libera!». La maggioranza si limita a guardarmi tra disappunto e disinteresse; nel caso dell'ambulante marocchino che mi sussura all'orecchio «Allah akbar il diappunto, probabilmente, prevale sul disinteresse. Idem per il «gentleman» che prima butta l'occhio sulla kippah e poi butta uno sputo (sul marciapiede per mia fortuna). Fin qui il fixing dell'insofferenza, l'indice dow Jones dell'antisionismo. Che a Milano non è certo ai limiti di guardia, ma che in vista dell'Expo non va comunque sottovalutato. Come dimostra anche la relazione dei nostri servizi segreti, rispetto al pericolo di attentati terroristici di matrice islamica. Ma per fortuna nella biblioteca comunale di via Crescenzago, si incontrano anche musulmani come Muhammed, 21 anni, studente di Filosofia all'Università Statale. Da navigato navigatore del web non gli è sfuggita la video inchiesta fatta di recente da un cronista ebreo francese che è andato in giro, con la kippah, per un quartiere a maggioranza musulmana di Parigi, registrando le frasi di scherno di cui è stato fatto oggetto. «Un'operazione mediatica molto discutibile - sostiene Muhammed -. Quel giornalista lavora per il quotidiano Maaariv, tradizionalmente vicino al premier israeliano Netanyhau. La sua inchiesta non è stata obiettiva, anzi mirava a sostenere le tesi di Netanyhau che, all'indomani dell'attentato contro Charlie Hebdo, ha invitato gli ebrei europei a trasferirsi in Israele. Awalorare un presunto clima d'odio contro gli ebrei che vivono a Parigi era funzionale a questo schema. E il giornalista Zvika Klein che ha firmato il servizio, si è prestato al gioco». Un gioco sporco, considerato che il cronista ha ricevuto in un minuto e36 secondi sette diversi tipi di insulti: da «cane» a «fatti fottere», da «frocio» agli sputi. Intanto nella nostra discussione, in via Padova, interviene anche un amico di Muhammed, anche lui studente universitario: «Attenti al terrorismo informativo. In paesi ad alta presenza musulmana come Francia e Germania, Hollande e Merkel affermano che in Europa la sicurezza per le comunità ebraiche è garantita». E in Italia? «Nelle nostre città non corriamo nessun pericolo - sostiene Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma-.Tutti i giorni giro per strada con la kippah, il clima è tranquillo. Noi stiamo bene in Italia, ci sentiamo protetti. Andremo in lsraele in libertà e non costretti». Isis permettendo.

Giovanni Masini: "Aggressioni da islamici e condanne poco nette"

 
Giovanni Masini                      Walker Meghnagi

Walker Meghnagi, presidente uscente della Comunità ebraica di Milano, prova a raccontare i timori degli ebrei italiani: «Senza fare allarmismi, perché in Italia la situazione è migliore che altrove, ma sicuramente il clima è teso». C è davvero il rischio di una nuova ondata d'odio? «La tensione è alta in tutta Europa. Da noi però, non c'è antisemitismo latente. Grazie a Dio non siamo in Francia o Scandinavia...». Li gli ebrei sono in pericolo? «I francesi, al di là degli immigrati, hanno questo antisemitismo, inutile negarlo. Gli Scandinavi no, ma lì c'è una tale affluenza di musulmani che in molti posti comandano loro». In Italia com'è la situazione? «Violenze sporadiche. Purtroppo anche a Milano, città di Expo». Che tipo di aggressioni? «Insulti e sputi a chi va in giro con la kippah.Ma anche episodi ben più sgradevoli». Ad esempio? «Nella zona di piazzale Lotto a un rabbino hanno tirato la barba. Un uomo che aveva dato due euro a un senegalese si è visto restituire il denaro perché ebreo». Episodi in aumento? «Un po', anche se in termini assoluti non sono tanti». A chi tocca fermarli? «Noi lottiamo per promuovere la cultura ebraica. Ma gran parte del lavoro va fatto in moschea». Ci spieghi meglio «Non c' è nettezza nella condanna dell'antisemitismo. Sarebbe bello un incontro interrelgioso per dire un no chiaro all'odio per gli ebrei». I musulmani potrebbero fare di più in questo senso? «Assolutamente sì.Se leggeste certe frasi che i responsabili delle comunità islamiche scrivono su Facebook... Diciamo che non aiutano certo dialogo». Che intende, scusi? «Provocazioni. Esultanze al rapimento dei tre ragazzi israeliani, per esempio». Nella comunità islamica ci sono frange dialoganti? «Per carità, è una realtà articolata. Con il Coreis abbiamo ottimi rapporti. L'imam Pallavicini è una persona splendida». Milano sta per vedere le due prime moschee. Come vede questa novità? «Costruire le moschee è giusto. L'importante è controllare bene a chi vengono affidate». Lei ha proposte? «Avrei fatto gestire la questione agli Stati che si erano offerti.I lMarocco, la Giordania. Con il Comune abbiamo un ottimo rapporto, ma ci avrebbe fatto piacere sedere a un tavolo di confronto e chiedere di non consegnarle a imam arrivati da chissà dove, senza che si capisca quel che dicono». Un registro degli imam e l'obbligo della lingua italiana: due proposte avanzate da più parti «Mi pare il minimo. Lei sa che i nostri rabbini devono essere italiani per statuto? Siamo in Italia, bisogna rispettare le leggi». Parliamo di politica: c i sono reticenze nella condanna dell'antisemitismo? «Molta parte della sinistra sovrappone antisionismo e antisemitismo. Ma la società italiana ha i giusti anticorpi per reagire». Gli ebrei italiani si sentono sicuri? «La sensazione è di malessere, non di insicurezza. C'è un po' di timore nelle scuole. La chiave sta nel dialogo intereligioso».

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