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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
04.10.2014 Isis: un crimine dopo l'altro. Ma preoccupa anche l'islam italiano
Commenti e cronache di Fiamma Nirenstein, Gian Micalessin

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein-Gian Micalessin
Titolo: «Per celebrare la festa islamica decapitano un ostaggio- La moschea ultrà di Milano 'L'Isis ? un problema vostro'»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 04/10/2014, due articoli a pag.13, sull'Isis. Il primo, di Fiamma Nirenstein, è una analisi perfetta della situazione che coinvolge il terrorismo islamico. Il secondo, di Gian Micalessin, ha un buon titolo, ma non lo è altrettanto il contenuto. La comunità islamica italiana non solo è di fatto assente dal manifestare con forza contro il terrore che Isis sparge in nome dell'islam, ma anche nella sola iniziativa avvenuta a Milano, i toni erano molto ambigui. Come dice il titolo, l'Isis non è affare loro. E' vero invece il contrario, la guerra per imporre il Califfato  ha il consenso/assenso della maggioranza islamica. Tacere è condividere. Le timide affermazioni degli islamici italiani devono destare preoccupazione.

Ecco i due articoli:

 Fiamma Nirenstein: " Per celebrare la festa islamica decapitano un ostaggio"

Due nuove sconfitte per la civiltà e anche per la coalizione in guerra conro l'Isis oggi definicono il tragico bollettino quotidiano della guerra che insanguina il mondo. Alan Hennings, il 47enne tassista inglese prigioniero da dicembre, catturato mentre cercava di passare dalla Siria in Turchia, è stato decapitato proprio a poche ore dalla ricorrenza islamica del «Korban», un barbaro modo dell'Isis di festeggiare la ricorrenza islamica del «Korban», il «giorno del sacrificio». Ce lo ha mostrato un video che riassume le altre tre mostruose decapitazioni precdenti, e mostra Hennings nella mani di un boia incappucciato con il consueto machete. Stavolta con forte accento americano, l'assassino di turno si è rivolto a Obama: «Sei tu ad avere dato il via ai bombardamenti aerei in Siria, tu che seguiti a colpire la nostra gente, ed è quindi giusto che colpiamo i tuoi uomini». Una pura dichiarazione d'odio senza contenuto logico, dal momento che il povero Hennings, musulmano, era in Siria con un gruppo di assistenza che, islamico a sua volta, cercava di portare aiuto alla popolazione. È quello che la moglie di Alan, Barbara ha ripetuto nel disperato appello di qualche giorno fa, un discorso in ginocchio, pieno di sofferenza e di rispettose espressioni nei confronti di quello che ha invocato più volte come «Stato Islamico», supplicandolo di capire che Hennings non era un nemico, ma una persona che pensava di «trovarsi nel posto giusto al momento giusto». Hennings, aveva ricordato la moglie, si era dedicato con tutto il cuore alla salvezza dei bambini siriani. Ma la tenebrosa catena di sant'Antonio non si può interrompere: la condanna del tassista inglese fu annunciata nel video che mostrava la morte di Haines, adesso, in questo video si annuncia la prossima esecuzione di un altro prigioniero, l'americano Peter Kassig. Per l'Isis l'unica giustizia possibile è quella nata nell'idea pazzoide e arcaica di un Islam che conquista tramite la strage e il terrore: i suoi uomini, che amano mostrare il loro apolide approccio verso un Islam onnicomprensivo, padre del califfato mondiale, da alcuni giorni minacciano anche un altro prigioniero, il giovane John Cantlie, per il quale il padre Paul, giornalista inglese ha lanciato una preghiera piena di appelli a un'umanità su cui pare davvero difficile contare. Nel frattempo, sul terreno, l'Isis assedia il delicatissimo fronte di Kobane, la città vicina al confine turco, in gran parte curda, che i turchi non cederanno perché vi sorge il mausoleo al fondatore dell' Impero ottomano, Suleiman Shah. Ieri l'assedio dell'Isis si è stretto, la battaglia con i curdi è stata ferocissima, Ankara è pronta a intervenire e stavolta non dall'aria come il resto della coalizione, ma con «gli stivali», e sono stivali turchi, sul terreno.L'assassinio di Hennings è di nuovo accompagnato, secondo una rivoltante consuetudine, da un discorso del condannato, che prima di morire dichiara che la colpa è tutta del suo Paese perché attacca lo stato islamico.Il Foreign Office ha dichiarato che si tratta di un evento disgustoso. Chissà che il disgusto non contagi il resto del mondo. Per ora però i bombardamenti non stanno fermando né l'avanzata dell'Isis né le esecuzioni.

Gian Micalessin: " La moschea ultrà di Milano 'L'Isis ? un problema vostro' "


Gian Micalessin   Moschea di Viale Jenner a Milano

«Dell'Isis a noi non interessa un bel niente. È un problema vostro. A noi - spiega la voce al telefono - interessano i 40mila musulmani di Milano senza una moschea ....L'Isis invece sono affari vostri». Al centro islamico di viale Jenner, la moschea milanese considerata in passato una filiale di Al Qaida fanno subito capire come la pensano. Per loro i massacri dell'Isis non sono un problema. E oggi di certo, non perderanno tempo a condannarli davanti ai fedeli. Eppure per i buoni musulmani quella di oggi non è una ricorrenza come le altre. Oggi si celebra «Id al nahr», la festa dello sgozzamento. Oggi le moschee sono piene come le chiese a Pasqua e Natale. E dal pulpito gli imam ricordano il Dio che fermò Abramo, pronto a sacrificare il figlio Ismaele, per fargli sgozzare un montone. Una festa durante la quale imam e predicatori non perdono l'occasione di consigliare i propri fedeli. Così alla vigilia di un «Id al nahr» segnato da decapitazioni e massacri Il Giornale ha chiesto ai responsabili di alcune comunità islamiche italiane se approfitteranno dell'odierno sermone per denunciare gli orrori del Califfato e chiedere ai fedeli di tenersene alla larga. Con risultati non sempre incoraggianti. Izzedin Elzir, presidente dell'Ucoii (Unione delle comunità islamiche italiane) - la versione italiana della Fratellanza Musulmana - pur sottolineando l'importanza di una festa in cui si celebra «il rispetto e la sacralità della vita umana» ammette che «non ci addentreremo in discorsi politici». Nelle moschee dell'Ucoii non si ascolteranno insomma prese di distanza dall'Isis o condanne esplicite del Califfato. Sull'argomento è sufficiente - a dar retta a Izzedin - il comunicato di condanna dell'Isis firmato dall'Ucoii settimane fa. «L'abbiamo già fatto e abbiamo chiesto agli imam di condannare in maniera chiara.....questa è una festa in cui si parla di etica e morale, non di politica». Poi non pago s'addentra in una spiegazione perlomeno bizzarra. «Quelli dell'Isis non sono islamici, ma criminali, dunque non sono un problema dell'Islam. Altrimenti sarebbe come dire che le migliaia di delinquenti rinchiusi nelle prigioni italiane sono un problema dello Stato». Tra i più convinti dell'inutilità di riflettere sulla minaccia dello stato islamico c'è Hamza Piccardo, il convertito di Imperia, già presidente e attuale dirigente dell'Ucoii. «Abbiamo chiesto ai nostri imam di dedicarvi qualche minuto già tre settimane fa, quindi non credo sia il caso di continuare a parlarne... ne parlate già abbastanza voi giornalisti... non possiamo diventare paranoici». Un po' sofferta, ma sicuramente più netta la presa di distanza dello scrittore indiano Zahoor Ahmad Zargoor, presidente della Comunità Islamica della Liguria. «Non devo aspettare una festa per condannare chi commette crimini contro l'umanità. Non potete metterci sempre sul banco degli imputati anche in casi che non ci riguardano o contro cui abbiamo già manifestato in passato. Siamo contro il terrorismo, ma non possiamo scendere in piazza in ogni occasione». Un inatteso barlume di disponibilità e riflessione arriva invece dall'Imam del centro Rahman di Segrate, la moschea alla periferia di Milano finita in passato nel mirino dell'antiterrorismo. Ali Abu Shwaima, un giordano spesso accusato di estremismo, stavolta non esita a condannare. «Durante questa festa spiegheremo che l'immagine vera dell'Islam è quella di una religione di pace e dialogo e diremo ai fratelli di stare attenti a chi sostiene di parlare nel nome dell'Islam ma invece predica l'estremismo». Segnali incoraggianti anche da Verona dove l'algerino Mohammed Guerfi presidente del Consiglio Islamico cittadino sottolinea che la condanna dell'Isis «deve essere netta e chiara...lo abbiamo ribadito già nelle preghiere del venerdì e lo ribadiremo durante la preghiera del sacrificio».

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