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Rassegna Stampa
17.06.2014 Verso una crisi regionale in Medio Oriente
Analisi di Vittorio Dan Segre

Testata:
Autore: Vittorio Dan Segre
Titolo: «Irak e Israele, doppia palude in cui s’impantanerà il mondo»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 17/06/2014, a pag. 14, l'articolo di Vittorio Dan Segre dal titolo "Irak e Israele, doppia palude in cui s’impantanerà il mondo"


Vittorio Dan Segre

Q
uanto pesa un litro di sangue musulmano a confronto di un litro di petrolio? Poco, dal mo­mento che il prezzo è spinto al ri­basso dall’impotenza della so­cietà interna­zionale (e dal
disinteresse) per quasi un milione di morti in Siria e per le sofferen­ze di oltre un milione di pro­fughi della sua guerra ci­vile. E ora si ag­giunge anche la confusione e paura create dalle truppe del neo Califfa­to islamico Isis - nato da una costola di Al Qaida - ma meglio orga­nizzato e più feroce. Di fron­te a questo nuovo «Sta­to », l’Iran scii­ta e l’America « democrati­ca » stanno per affrontar­si in u­no scon­tro che potreb­be diventare un’Intifada araba di pro­porzioni e con­seguenze im­prevedibili.
Il fatto che lo smembramen­to di un grande Stato come l’Irak (lacerato fra sciiti, al potere, sunniti oppressi e curdi in attesa di guadagnare sulla debolezza degli altri) attiri l’attenzione è naturale come le esitazioni dei governi interessa­ti a cacciarsi in un pericoloso conflitto. Innaturale che per me­si nessuno in Occidente se ne sia accorto (le statistiche anco­ra due mesi fa annunciavano trionfalmente il ritorno della produzione del petrolio irache­no ai livelli del tempo di Sad­dam Hussein). D’altra parte è strano che pochi, in un’Europa così attenta al conflitto israelo­palestinese, si siano accorti che le lungaggini dell’inutile nego­ziato americano e l’accordo fra Hamas di Gaza e al Fatah in Ci­sgiordania preparassero la ter­za Intifada contro Israele. Una fase rinnovata di conflitto il cui inizio sarà datato in futuro dagli storici con giovedì 12 giugno. Cerchiamo di spiegare ai lettori cosa sta succedendo nelle dop­pie paludi siro-irachena e pale­stinese, nelle quali l’Occidente si troverà impantanato ancora per un’altra estate,tra petrolio e profughi. 
A. È crollato in Irak, Siria, Pale­stina e scricchiola altrove il siste­ma politico, territoriale, milita­re creato cento anni fa dalla Francia e dall’Inghilterra dopo la prima guerra mondiale. Si tratta, assieme alle cosiddette ri­volte arabe, di un terremoto che investe- a seconda se ci si mette dentro gli 80 milioni di turchi e gli 80 milioni egiziani - più di 200 milioni di musulmani. Un si­stema che non è imploso come quello sovietico alle porte di un’Europa unita, protetta dalla Nato e con partiti comunisti na­zionali sgonfi, ma che esplode davanti a un’Europa divisa, im­belle, non più sostenuta dal­l’America, con dentro 20 milio­ni di musulmani- per lo più sun­niti - e altri 10 milioni di rifugiati in attesa di entrarvi dentro. Mi­lioni che nel nome della demo­crazia ne indeboliscono i valori cristiano-liberali per i quali ben pochi giovani europei sono di­sposti a morire, preferendo an­dare a combattere contro l’Occi­dente sotto la bandiera nera di
Isis.

B
Da queste rovine di sistema e con l’emergere di uno Stato ebraico, nasce anche il più lun­go conflitto dell’epoca moder­na, vanamente cercato di esse­re risolto dalla diplomazia occi­dentale, con a capo quella del presidente Obama.
C
Con un tempismo cieco, un commando palestinese non an­cora identificato ( da Gaza? Dal­la Cisgiordania? Da Israele stes­so?) ha rapito giovedì sera tre giovani israeliani tra i 16 e i 19 anni. Ventimila soldati e poli­ziotti li stanno cercando ( appa­rentemente con la collaborazio­ne della polizia palestinese di Abu Mazen). Qualunque siano i risultati, gli effetti saranno di­sastrosi e probabilmente con­durranno all’inizio di una terza intifada.
D
Perché?
a)Se i giovani rapiti saranno ri­trovati sani e salvi, la strategia del rapimento suggerita da Ha­mas, di recente unitosi con Al Fatah nel nuovo governo di unione palestinese, si dimostre­rà vincente con questa prova ge­nerale.
Ogni israeliano cattura­to diventa una potenziale carta di scambio sproporzionata (per la liberazione del soldato Ghilad Shalit, Netanyahu ha li­berato 1000 prigionieri palesti­nesi). Israele sarà un paese atta­nagliato dalla paura non dei suoi nemici esterni, ma dei suoi abitanti arabi islamici interni.
b) Se ci scappa il morto - ostag­gio, rapitore, soldato - scoppia la vendetta. Nel quadro del trionfo militare dell’estremi­smo islamico, nel vuoto di pote­re dell’Irak, nella possibilità di uno scontro fra America e Iran (che però potrebbe essere an­che una aper­tura all’inte­sa), nella sete di vendetta dei sunniti maltrattatida­gl­i sciiti del go­verno
di Ba­gdad, emerge una nuova for­za sunnita op­posta a tre Sta­ti: la forza cur­da, che vuole allargare la sua autono­mia ammini­strativ­a ed eco­nomica da Ba­ghdad. Una forza che mi­naccia l’unità territoriale del­la Turchia, del­l’Irak e del­l’Iran stesso. Non ha biso­gno di soldi (li prende dai suoi pozzi di petrolio), di ar­mi, di ideolo­gia (sono sun­niti, ma più tri­bali che religio­si) e potreb­be bloccare interventi esterni: tur­co, iraniano, americano, ol­tre a essere legato a una storica collabora­zione con Israele.
Il guaio di questa situazione non è tanto la sua disumanità, la giu­stificazione del crimine con la re­ligione, i giochi economici per il petrolio irakeno sulla pelle di masse di poveracci, sradicati, in­difesi, di manipolati, di bambi­ni, i cosiddetti rifugiati. Il guaio è che un intero sistema politico è crollato e non ve ne è, per il mo­mento, uno di ricambio. Quello multinazionale russo o america­no è ancora potente, ma incapa­ce di menar­e il bastone sul nemi­co giusto o azionare la propria in­fluenza sull'alleato di ieri. L’Eu­ropa arricchita nel secolo passa­to dai milioni di profughi, da lei stessa creati, trema davanti al­l’arrivo di qualche migliaia di di­sperati (molti dei quali lasciati annegare coi loro bambini e i lo­ro certificati universitari), usan­do la loro tragedia per rinfocola­re gli istinti nazionalisti razzisti da cui si credeva per sempre libe­rata. La Lawrence in gonnella, Gertrude Bell, esploratrice, gran­de agente britannico nel mondo arabo, lasciò scritto: «Chi tocca l’Irak chiama la tempesta». Non era una profetessa, ma l’Irak era stato una sua invenzione.

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