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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
13.11.2013 Norvegia: niente crocifisso al collo delle presentatrici tv, non è islamicamente corretto
Cronaca di Maurizio Caverzan, con tirata omofoba finale

Testata:
Autore: Maurizio Caverzan
Titolo: «'Porta la croce, via dalla tv'. Oslo cede alla lobby islamica»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 13/11/2013, a pag. 17, l'articolo di Maurizio Caverzan dal titolo "«Porta la croce, via dalla tv». Oslo cede alla lobby islamica ".


Siv Kristin Saell­mann mostra il crocifisso 'incriminato'

Curioso l'accostamento tra la presentatrice televisiva e Guido Barilla, dato che i due casi non c'entrano nulla l'uno con l'altro.
Ma, parafrasando quanto disse la Duchessa di Windsor, "l'omofobia ha delle ragioni che l'intelligenza non conosce".
Ecco il pezzo:

Oscurantismo del politi­camente corretto. Intol­leranza delle culture dominanti. Rivendicazione del diritto all’offesa, anche dove di offesa non c’è traccia alcuna. È tutte queste cose insieme il se­vero costume che alcune poten­ti lobby, quella islamica o quel­la omosessuale, stanno lenta­mente instaurando nella convi­venza dei nostri evoluti Paesi occidentali. Nel nord Europa, così come nella nostra Italietta mediterranea. Quando si è abi­tuati a dettare leggi e regole, quando si è arroganti e intocca­bili­ si possono imporre stop im­provvisi a chiunque, anche ad accreditati professionisti, col­pevoli di non appartenere allo schieramento giusto. È accaduto a Siv Kristin Saell­mann, una delle più apprezza­te conduttrici di Nrk , la televi­sione pubblica norvegese. Il suo errore? Indossare una cate­nina con la croce durante la di­retta del telegiornale. Qualche occhiuto telespettatore è arriva­to a scovare quel simbolo reli­gioso sul collo della giornalista.
Ci dev’essere voluto un certo impegno perché il crocefisso in questione misura la bellezza di 14 millimetri. Ma tanto è basta­to a m­andare alcuni utenti di fe­de musulmana su tutte le furie: «Quella catenina con la croce offende l’islam»,hanno senten­ziato. I dirigenti dell’emittente di Stato norvegese non se la so­no sentita di difendere la loro anchorwoman, magari ingag­giando una polemica con l’as­sai influente comunità islami­ca. Il risultato è stato un richia­mo alla conduttrice che dovrà riporre nel cassetto la sua cate­nina con l’ «offensivo» crocefis­so. Altrimenti, niente più vi­deo. «Quel simbolo non garanti­sce l’imparzialità del canale», hanno protestato gli islamici.
Ora si vedrà se Saellmann ri­correrà alla Corte europea dei Diritti umani come fece qual­che anno fa Nadia Ewadia, una hostess della British Airways che rivendicò il diritto a indos­sare un’analoga catenina sul posto di lavoro. Nel gennaio scorso la Corte di Strasburgo le aveva dato ragione evidenzian­do «l’importanza della libertà di religione, elemento essenzia­le dell’identità dei credenti e fondamento, tra altri, delle so­cietà democratiche pluraliste ». Al contempo aveva messo in guardia dai casi in cui «la prati­ca religiosa di un individuo sconfina sui diritti altrui». Co­me il crocefisso indossato da qualcuno in un luogo pubblico o durante l’esercizio di una pro­fessione possa sconfinare nei diritti altrui o risultare addirittu­ra offensivo è quesito che non riusciamo a comprendere.
È l’idea stessa di offesa che sfugge. Mentre appaiono assai chiare una certa invadenza e in­tolleranza della cultura islami­ca che vorrebbe neutralizzare la semplice espressione del­l’identità e della tradizione cri­stiana in genere. Ne sa qualco­sa anche il povero Guido Baril­la, costretto a pubbliche scuse e inversioni di rotta, fatte salve le ragioni di marketing, solo per aver espresso la propria perso­nale preferenza per la famiglia tradizionale. Immediata l’accu­sa di omofobia e di offesa dell’universo omosessuale. Alla fi­ne l’ideologia delle lobby è neu­tralizzare chi non ne fa parte e possiede una cultura e una tra­dizione diversa. Anche quan­do, come nel caso della giornali­sta norvegese, l’espressione della propria appartenenza av­viene attraverso il crocifisso, simbolo del martirio e dell’an­nullamento più estremo.

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