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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
30.09.2012 Salman Rushdie, ovvero come il fanatismo islamico iniziò la persecuzione delle nostre libertà
Alessandro Gnocchi recensisce la sua autobiografia

Testata:
Autore: Alessandro Gnocchi
Titolo: «L'Europa vigliacca non difese Rushdie e l'islam alzò il tiro»

Sul GIORNALE di oggi, 30/09/2012, a pag.29, con il titolo "L'Europa vigliacca non difese Rushdie e l'islam alzò il tiro", Alessandro Gnocchi racconta l'autobiografia di Salman Rushdie appena uscita in italiano. Un libro che raccomandiamo ai nostri lettori, Rushdie è non solo un gradissimo scrittore, ma è nello stesso tempo un esempio di come l'intolleranza insita nel fanatismo islamico sia oggi il pericolo più grande per le nostre libertà.
Ecco l'articolo:

Dettagli prodotto

                                        Salman Rushdie

Gli assalti alle amba­sciate dopo il film sati­rico sul profeta e le vi­gnette danesi. L’omi­cidio di Theo Van Gogh. Michel Houellebecq e Oriana Fallaci cita­ti in tribunale per razzismo, xeno­fobia, vilipendio e istigazione al­l’odio verso l’islam. Cosa c’è al­l’origine degli atti di violenza del mondo musulmano in risposta al­le manifestazioni del libero pen­siero in Occidente? Quale fu l’evento che convinse gli imam di poter occupare le piazze d’Euro­pa? Come capirono che la reazio­ne sarebbe stata debole e che la protesta avrebbe trovato alleati anche tra le nostre«migliori»men­ti? Quando nacque l’accusa di «islamofobia», ottima per tappa­re la bocca a chiunque osi critica­re l’aggressività dell’islam?
Il prologo fu la titubante reazio­ne europea alla fatwa contro lo scrittore Salman Rushdie, con­dannato a morte dall’ayatollah Khomeini a causa del romanzo
I versi satanici , a suo avviso blasfe­mo nei confronti del profeta Mao­metto. Almeno così mostra di pen­sarla Rushdie nel memoir in terza persona Joseph Anton ( Mondado­ri, pagg. 652, euro 25). Un libro du­rissimo, che mette alla berlina la vigliaccheria del mondo intellet­tuale indotto, per paura o per stu­pidità, ad accettare penosi distin­guo sulla libertà d’espressione. Gli stessi che abbiamo sentito rie­cheggiare in queste settimane.
Erano i giorni in cui le Torri ge­melle sembravano eterne. Era il giorno di San Valentino del 1989. Salman Rushdie fu raggiunto dal­la notizia: l’Iran aveva messo una taglia sulla sua testa. Lo scalpore suscitato dal romanzo «satanico» però era iniziato dal giorno della pubblicazione (26 settembre 1988) e c’erano già stati segnali preoccupanti. Ora però cambiava tutto. Uno Stato offriva soldi per uccidere un autore «reo» di aver scritto ciò che pensava.
L’India mise al bando il libro nell’ottobre 1988.Il parlamentare promotore dell’iniziativa ammi­se di non aver letto il romanzo: «Non c’è bisogno di infilarsi in uno scarico per sapere cos’è la fo­gna ». Anche il Sudafrica prese quasi subito lo stesso provvedi­mento.
Secondo le motivazioni uf­ficiali, quelle pagine erano «disgu­stos­e non soltanto per i musulma­ni ma per ogni lettore con valori di decenza e cultura». I versi satanici furono vietati anche in Siria, Liba­no, Kenya, Brunei, Tanzania, In­donesia e in tutti i Paesi arabi. In Inghilterra furono organizzati ro­ghi pubblici a Bradford; in altre lo­calità furono attaccate (e talvolta bruciate) le librerie che esponeva­no il volume. Vi furono manifesta­zioni simili a Parigi, New York, Oslo, in Germania, nei Paesi Bas­si, in Svezia, in Australia. I politici non rimasero a guardare. Purtrop­po. Jack Straw, personalità di spic­co del Partito laburista, propose di estendere la legge sulla blasfe­mia a tutte le religioni, dichiaran­do illegale ogni contenuto che «of­fendesse il sentimento religioso». Incredibile l’idea del collega di partito Max Madden: «Rushdie non ha fatto che accrescere le pro­teste contro I versi satanici rifiu­tando di concedere ai musulmani ogni diritto di replica». Lo scritto­re doveva quindi aggiungere un capitolo finale per «permettere ai fedeli di spiegare perché l’hanno trovato offensivo». L’arcivescovo di Canterbury, Robert Runcie, dis­se invece di «capire i sentimenti dei musulmani».
Nel febbraio 1989, il PEN Ameri­can Cente­r guidato da Susan Son­tag organizzò un convegno in sup­porto
di Rushdie. Parteciparono, tra gli altri, Norman Mailer, Don DeLillo, Larry McMurtry. Come si venne a sapere, all’inizio alcuni cercarono scuse per«bucare»l’ap­puntamento. Arthur Miller spie­gò che il suo ebraismo avrebbe po­tuto giocare un ruolo contropro­ducente. In Africa, il Nobel per la letteratura egiziano Nagib Mahfuz si schierò in favore de I ver­si satanici prima di scivolare nel campo avverso: «Rushdie non ha il diritto di insultare nessuno, in particolar modo il profeta o qualsi­asi cosa venga considerata sacra ». Nel 1994 fu comunque pugnalato da un fondamentalista a causa del suo romanzo Il rione dei ragazzi, anteriore a I versi satanici e ora considerato anch’esso blasfemo. Road Dahl, famosissimo autore di racconti per ragazzi, dichiarò ai giornali: «Rushdie è un pericolo­so opportunista ». George Steiner, uno dei più rispettati intellettuali europei, si espose: «Rushdie ha fatto in modo di creare un sacco di problemi». Kingsley Amis com­mentò: «Se vai in cerca di guai, non puoi lamentarti quando li tro­vi ». John Le Carré definì Rushdie un «cretino» prima di lanciarsi in un’aperta polemica contro lo scrit­tore rivale. Pontificò: «Non esiste una legge di natura o dello Stato se­condo la quale le grandi religioni possono essere insultate impune­mente ». E aggiunse che la mag­gior preoccupazione di Rushdie erano i «diritti d’autore». Yusuf Islam, prima della conversione co­nosciu­to come il melenso cantan­te Cat Stevens, si offrì di organizza­re gli squadroni della morte per eseguire la condanna. Jacques Derrida, rispondendo in pubbli­co a Rushdie, sostenne che la rab­bia dell’islam scaturiva dai mali dell’Occidente. L’ Indipendent commemorò uno degli anniversa­ri della fatwa con un editoriale in cui Yasmin Alibhai-Brown scrive­va: «Se non fosse stato per quel fati­dico 14 febbraio 1989, il mondo si sarebbe precipitato, senza alcun ostacolo, alla conquista dell’ina­lienabile diritto a indossare i jeans e a mangiare gli hamburger di McDonalds».
Poiché la fatwa condannava an­che editori e traduttori, i tedeschi Kiepenheuer & Witsch cancellaro­no il contratto e tentarono di adde­bitare a Rushdie le spese per la si­curezza. Alla fine in Germania, Spagna e altri Paesi, il romanzo fu pubblicato da un consorzio di edi­tori e privati. In Francia Christian Bourgois continuò a posticipare
l’uscita finché le critiche dei gior­nali non lo convinsero a rompere gli indugi. «In Italia si comportaro­no da eroi » scrive Rushdie. La pro­prietà (Fininvest, Cir ed eredi Mondadori) era molto indecisa ma alla fine si affidò completa­mente alla direzione editoriale di Segrate, a Giancarlo Bonacina in particolare, che non ebbe dubbi. Anche la pubblicazione del tasca­bile fu travagliata. L’editore Viking non ne volle sapere e rinun­ciò ai diritti. Inizialmente fu stam­pato negli Usa a spese di Rushdie, supportato in via informale da al­cuni editori, e quindi esportato nel Regno Unito.L’editore Rupert Murdoch disse al New Yorker : «Penso che non si debba mancare di rispetto al credo religioso di nessuno. Per esempio, spe­ro bene che a nessuno dei no­stri sia mai ve­nuto in mente di pubblicare il libro di Salman Rushdie» (iro­n icamente Murdoch non sapeva che pro­prio una casa editrice del suo gruppo aveva offerto l’anticipo più alto,rifiutato dall’agente lette­rario Andrew Wylie, convinto che Rushdie non avrebbe trovato il giusto supporto).L’editore norve­gese William Nygaard fu ferito da tre proiettili. Il traduttore italiano Ettore Capriolo fu accoltellato. Quello giapponese, Hitoshi Iga­rashi, fu ucciso. Naturalmente, la maggioranza delle voci occidentali si schierò in favore di Rushdie. E così fecero quasi tutti i politici, senza ottene­re risultati concreti perché l’Iran non ha ritirato la fatwa. Nonostan­te i numerosi uomini di buona vo­lontà, all’epoca si videro le prime incrinature della fiducia nel no­stro sistema di vita libero, moder­no, capitalistico: oggi sono crepe molto evidenti. I fondamentalisti, sempre più intolleranti, se ne so­no accorti, con i risultati che abbia­mo sotto gli occhi. Resta un’ulti­ma domanda, la più importante, alla quale Rushdie dà risposta ne­gativa: oggi sarebbe possibile pub­blicare un romanzo come I versi satanici ?

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