Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 29/08/2012, a pag. 12, l'articolo di Rolla Scolari dal titolo "E un rabbino di 91 anni decide sulla guerra all’Iran".
Ovadia Yosef Bibi Netanyahu
Nella politica israeliana è ormai un rituale. Quando la leadership politica deve prendere una decisione contrastata, il premier di turno bussa a una porta del quartiere ultraortodosso Har Nof, a Gerusalemme. A rispondere c'è il rabbino Ovadia Yosef, 91 anni, nato a Bagdad. È l'ex rabbino capo sefardita d'Israele e il leader spirtuale del partito sefardita ultraortodosso Shas, il terzo gruppo della coalizione di Benjamin Netanyahu. Il premier ha inviato venerdì scorso il suo consigliere per la Sicurezza nazionale, Yaakov Amidror, a colloquio con il rabbino Yosef. Presente all'incontro anche il capo del partito Shas e attuale ministro dell'Interno, Eli Yishai. Se Netanyahu sostiene un'azione unilaterale contro le installazioni nucleari iraniane, il ministro e il suo partito non sono della stessa opinione. La loro posizione è legata anche alle idee dell'anziano rabbino.
Negli anni, molti premier sono andati a bussare alla porta di Yosef, vestito in una pesante tunica nera e dorata, la barba bianca lunga fino al petto. «Quando a un politico occorre il sostegno di Shas va dal rabbino», spiega David Nachmias, esperto di politica israeliana all'Interdisciplinary Center di Herzliya. La questione è legata a calcoli politici più che religiosi, in un Paese in cui comunque il confine tra Stato e Chiesa non è netto. Il rabbino Ovadia è importante perché è dietro le decisioni di Shas, e Shas è importante perché è al centro dello spettro politico e, nonostante la sua natura conservatrice e un elettorato di destra, si allea con partiti di diverso segno politico, garantendo la maggioranza agli esecutivi. Yitzhak Rabin consultò il rabbino sugli Accordi di Oslo; Ariel Sharon spedì nell'ottobre del 2004 il suo ministro della Difesa Shaul Mofaz per cercare l'approvazione - negata - sul ritiro unilaterale da Gaza. Ehud Olmert visitò il rabbino prima delle presidenziali del 2007. È «un rituale» che «non conta nulla per i laici, ma serve ai politici», spiega Avraham Diskin, professore di Scienze politiche all'Università ebraica di Gerusalemme.
Da decenni la posizione del rabbino è capace di influenzare la politica, tanto che oggi Anshel Pfeffer, esperto di sicurezza del quotidiano Haaretz , scrive che il rabbino Yosef è «emerso come l'unico israeliano che può decidere se il Paese andrà o no in guerra». Nel 1991, ricorda Pfeffer, la sua voce contraria a una risposta d'Israele ai missili iracheni su Tel Aviv, dopo l'inizio dell'operazione americana Desert Storm, fu cruciale per evitare un conflitto.
Netanyahu potrebbe sopravvivere anche senza Shas, ma un«no»del leader spirituale andrebbe a sommarsi ad altre importanti voci contrarie. Il presidente Shimon Peres ha da poco detto che Israele non può muoversi da solo contro Teheran. Le posizioni del rabbino Yosef non sono però sempre state chiare, moderate o tolleranti e i suoi messaggi sono spesso contrastanti e controversi. Nel 2001, definì gli arabi «serpenti » e «formiche» e disse che era «proibito mostrare misericordia verso di loro. È necessario colpirli con missili per annichilirli. Sono cattivi e dannabili»,disse.E se negli anni Settanta- ricorda Haaretz- dichiarò che la santità della vita è più importante della completezza territoriale dello Stato d'Israele e negli anni Ottanta incontrò il raìs egiziano Hosni Mubarak che volle ringraziarlo per gli sforzi in favore del processo di pace, nel 2010 attirò le ire di Washington per aver pubblicamente pregato Dio di colpire i palestinesi con una pestilenza. Non è ancora chiaro cosa sia successo nei 45 minuti di incontro tra Ovadia Yosef e il consigliere di Netanyahu. Si sa soltanto che il rabbino, il giorno seguente, nella sua lezione settimanale sulla Torah, ha fatto implicito riferimento all'Iran: «Che Dio ostacoli i loro piani». E sabato, ha sollevato polemiche quando ha chiesto ai fedeli di pregare, in occasione del capodanno ebraico, per la fine dei nemici di Israele, pensando all'Iran e al suo alleato libanese Hezbollah.
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