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Rassegna Stampa
10.03.2012 Quel patto segreto fra Obama e Israele sulla guerra all'Iran
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Quel patto segreto fra Obama e Israele sulla guerra all'Iran»

Sul GIORNALE di oggi, 10/03/2012, apag.17, con il titolo " Quel patto segreto fra Obama e Israele sulla guerra all'Iran ", Fiamma Nirenstein commenta i risultati dell'incontro fra Bibi Netnayahu e Barack Obama.
All'interno dell'articolo, il GIORNALE evidenzia, a mo' di riassunto, questa frase, non contenuta nell'articolo:
" Tel Aviv avrà le bombe a impatto profondo per distruggere gli impianti"
Il GIORNALE si ostina a imitare  MANIFESTO e UNITA' nello scrivere Tel Aviv al posto di Gerusalemme, un fatto grave per un giornale che dovrebbe essere accurato. Non è cosa da poco, scrivere Tel Aviv al posto del nome Gerusalemme, ha un significato politico preciso, delegittimando la capitale, sostituita da Tel Aviv, si delegittima lo stesso Stato di Israele. Come fanno a non saperlo al GIORNALE ?
chiediamo ai nostri lettori di scrivere a Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, di informare il desk esteri, affinchè la smettano di imitare i giornali ostili allo Stato ebraico. inviare le e-mail a:
segreteria@ilgiornale.it  intestando la mail al direttore Alessandro Sallusti.

Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale


Ecco l'articolo di Fiamma Nirenstein:

Tempo in cambio di mezzi: questo sembra essere il ve­ro accordo segreto rag­giunto fra gli Usa e Israele a Washington la settimana scorsa. A quattr’occhi è un’altra cosa,e anche due che, come si sa, non si sono particolarmente simpatici, alla fine un punto che salvaguardi gli interessi reciproci lo possono trovare, anche quando si parla di guerra. Così Obama e Bibi, nelle more della gigantesca conven­tion dell’Aipac: nell’arena dei tre­dicimila ospiti, Netanyahu, pure fra dichiarazioni di devozione al­l’alleanza con gli Usa, assicura che Israele non prenderà rischi di fronte all’impellenza del rischio atomico iraniano e agirà al mo­mento giusto; Obama dichiaran­dosi il migliore amico di Israele pure avverte che gli Stati Uniti hanno intenzione di ritentare an­cora la strada dei colloqui e delle sanzioni. Ma ambedue sanno che, con tutta probabilità, Oba­ma sarà rieletto e certamente do­vrà avere a che fare, nei prossimi mesi e anni, con un Israele in stile Bibi, ovvero, «never again».
Da qui,dalla necessitàdi anda­re d’accordo partendo da punti di
vista diversi, il patto segreto della Casa Bianca; nonostante le smen­tite della presidenza c’è, pare, un punto fermo raggiunto da questi due leader dotati di un ego ingom­brante, di una capacità speciale di difendere i loro argomenti in ot­timo inglese, di una notevole di­sinvoltura ma anche del senso del tempo, che è immediato, drammatico e grave a causa delle feroci mire di Ahmadinejad e de­gli ayatollah.
Vedi, deve aver detto Bibi a Oba­ma, noi vogliamo andare d’accor­do con voi, ma da quando gli
ayatollah accumulano l’uranio ar­ricchito a Fordo, e tutte le fonti ci dicono che il tempo mancante al­la bomba è fra tre mesi e un anno, non possiamo scherzare col fuo­co. Qual è la tua linea rossa? Oba­ma ha detto forse di condividere le informazioni pessimistiche, ma di avere anche buone indica­zioni sullo stat­o di disagio di un re­gime ormai spaccato in due e con­testato nel profondo da una popo­lazione impoverita, privata dei di­r­itti, stufa di essere vittima del fa­natismo dei suoi capi, odiata da tutto il mondo. Forse in questa si­tuazione le prossime sanzioni che bloccano il commercio e im­mo­bilizzano la banca centrale po­tranno finalmente portare su una buona strada, spera Obama, e ora non è il momento giusto… E qui Bibi capisce che stiamo parlando di qualcosa di fondamentale per Obama: il presidente americano sarà anche un idealista, ma certo non al punto di immolare la sua corsa elettorale, ancora sei mesi, su un attacco israeliano, una pro­va del fuoco di fronte alla sua opi­nione pubblica pacifista ma an­che a quella patriottica e a quella ebraica che certamente si schiere­rebbero con Israele e pretende­rebbero uno schieramento senza obiezioni di sorta.
Bibi ascolta, capisce, e rilancia: aspetteremo fino alla fine del 2012 se avremo in cambio le vo­stre nuove bombe a impatto pro­fondo che consentano di arrivare senza fallo nel cuore degli impian­ti nucleari, e gli aerei che permet­tano il rifornimento in volo dei jet da combattimento. Obama è un politico abbastanza disinvolto da
giocare senza remore sulla neces­sità di Israele di fermare il primo delinquente del mondo, e non si perita di chiedere di farlo, ok, ma senza impicciare la sua campa­gna. Probabilmente minimizza gli eventuali rischi di questa pre­sa di posizione. Bibi d’altra parte segue una regola che si impara per prima circa le operazioni se­grete di Israele, dalla distruzione del reattore di Ozirak, a Entebbe, alle eliminazioni dello sceicco Yassin e di Rantisi: fallo quando puoi e non prima, gioca solo quan­do hai tutte le carte in mano, quan­do hai i mezzi, le mappe, gli uomi­ni pronti, quando si presenta l’oc­casione e hai le armi giuste. Dun­que, se Israele ha veramente biso­gno di quelle «bunker buster bomb» di Obama, c’è da giurare che aspetterà. Sì, Bibi aspetterà finché può perché ha bisogno dei mezzi probabilmente promessi da Obama. Altrimenti, dovesse presentarsi un’occasione specia­le­di fermare la bomba di Ahmadi­nejad, e fosse davvero chiaro che l’operazione può avere un buon successo, la campagna di Obama aspetterà.
Per scrivere al direttore del Giornale Alessandro Sallusti, cliccare sulla e-mail sottostante


segreteria@ilgiornale.it

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