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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
20.08.2011 Strage di Bologna, dopo anni riemerge la pista palestinese
cronaca di Vanni Zagnoli, commento di Paolo Guzzanti

Testata:
Autore: Vanni Zagnoli - Paolo Guzzanti
Titolo: «Strage di Bologna, sotto accusa i palestinesi - Una pista sepolta per anni pur di dare la caccia ai 'neri'»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 20/08/2011, a pag. 15, gli articoli di Vanni Zagnoli e Paolo Guzzanti titolati " Strage di Bologna, sotto accusa i palestinesi" e " Una pista sepolta per anni pur di dare la caccia ai 'neri' ".

La notizia è stata diffusa dai quotidiani italiani, con due eccezioni: Il Manifesto e La Repubblica. Che non ne scriva niente Il Manifesto, è ovvio. Che non ne scriva La Repubblica è gravissimo.

Invitiamo a leggere, al riguardo, gli articoli di Piera Prister cliccando sui link sottostanti
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=30431
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=38951
Ecco i due articoli del Giornale:

Vanni Zagnoli - "Strage di Bologna, sotto accusa i palestinesi "

Da tempo svelata dal Giornale , la pista palestinese per la strage di Bologna ha un fondamento. La conferma arriva nelle ultime ore dalla magistratura, con due inda­gati nell'inchiesta bis sulla bomba che alla stazione il 2 agosto 1980 uc­cise 85 persone, ferendone oltre 200. Il mese scorso il procuratore Roberto Alfonso e il pm Enrico Cie­ri hanno iscritto nel registro i nomi dei terroristi tedeschi di estrema si­nistra Thomas Kram, 63 anni, e Christa Margot Frohlich, 69: sono legati al gruppo di Carlos «lo Scia­callo », nome di battaglia di Ilich Ramirez Sanchez, detenuto in Francia. Kram apparteneva alle Revolutionaere Zellen, ed è esper­to di esplosivi: pernottò a Bologna, all'hotel Centrale tra l'1 e il 2 ago­sto 1980 con il suo vero nome. Mar­got Frohlich nell'82 fu arrestata a Fiumicino con esplosivo in una va­­ligia: la notte precedente la strage alloggiò al Jolly di Bologna, vicino alla stazione.
I due rappresentano la pista pa­lestinese partita dalla commissio­ne Mitrokhin e l'indagine concre­tizza semplicemente il lavoro del­la procura negli ultimi anni, con l'arrivo delle rogatorie alla Fran­cia e soprattutto alla Germania, e la traduzione degli atti richiesti agli archivi della Stasi, il servizio se­greto della ex Germania Est che sorvegliava il gruppo di Carlos.
Le sentenze definitive non la­sciavano dubbi sulla strage firma­ta dall'estremismo di destra, ora l'inchiesta considera una spiega­zione alternativa. L'esposto dei fa­miliari delle vittime chiede di indi­viduare i mandanti, partendo dal processo per la strage di piazza del­la Loggia. Ieri il presidente dell’as­s­ociazione Paolo Bolognesi ha fre­nato: «Entro fine anno presenter­e­mo un nuovo esposto dettagliato, per chiedere di proseguire le inda­gini da dov'è arrivata la Cassazio­ne che hanno condannato Mam­bro, Fioravanti e Ciavardini: ci so­no gli esecutori e i depistatori, è la strada giusta per i mandanti. Tutte le notizie che filtravano sulle piste internazionali si erano rivelate bu­fale, messe tra i piedi dei giudici per confondere le acque». Un filo invece lega Carlos, Kram e i palesti­nesi. In un'intervista al Manifesto , il terrorista tedesco negava di esse­re il mistero da svelare: «La polizia italiana mi controllava, sapeva in che albergo avevo dormito a Bolo­gna, il giorno prima mi aveva fer­mato. Quel 2 agosto mi svegliai tar­di, arrivai nel piazzale della stazio­ne che già c'erano i soccorsi».
Nel 2006 Giuseppe Valentino, sottosegretario alla giustizia, ebbe conferme che già dieci anni fa la Digos di Bologna ricevette la se­gnalazione su uno di questi inda­gati: «Ogni ipotesi alternativa ri­spetto alla pista ufficiale non era gradita». E a cercare di riportare a galla una parte trascurata dell’in­chiesta ci provò anche un libro:
Dossier Strage di Bologna. La pista segreta .

Paolo Guzzanti - "Una pista sepolta per anni pur di dare la caccia ai 'neri' "


Paolo Guzzanti

Fu la Commissione Mitrokhin da me presieduta a scoprire la vera pista della strage di Bologna, su cui finalmente qual­cosa comincia a muoversi. Ad aprire la stra­da fu l'onorevole Enzo Fragalà, il quale pa­gò­un prezzo mostruoso alla sua limpida te­stardaggine: fu ucciso a bastonate da un ignoto sicario nel febbraio del 2010 a Paler­mo. Fragalà era stato sostituito in Commis­sione dal deputato Enzo Raisi che portò avanti con molta decisione la pista poi chiamata «palestinese». Io, come presi­dente, non volli pronunciarmi sull'even­tualità che il mandante della strage fosse la fazione Fplp dell'Olp palestinese, perché non ho mai trovato sufficienti e convincen­ti gli indizi, ma quel che è certo è che sul luo­go della strage il 2 agosto di trentuno anni fa c'erano gli uomini del terrorista Ilich Ra­mirez Sanchez, più popolare sotto il nomi­gnolo di Carlos lo Sciacallo, che sta ora scontando due ergastoli a Parigi per stragi commesse in Francia.
Come scoprimmo con Fragalà, Carlos era all'epoca un agente sovietico del Kgb resi­dente a Budapest, dove aveva arruolato un gruppo di terroristi delle Br italiane. Co­stui agiva sempre sotto la supervisione so­vietica e della Stasi tedesco orientale.
Quando nel dicembre del 2005 la Commis­sio­ne da me presieduta si recò nella capita­le ungherese per una rogatoria internazio­nale al fine di ricevere dalla Procura gene­rale di Budapest una grossa valigia di cuo­io verde contenente gli schedari di Carlos, della Stasi e del Kgb. I giudici ungheresi mi dissero che Carlos era stato sistemato a Bu­dapest dai russi con libertà illimitata e quando gli ungheresi tentarono di pedi­narlo, il terrorista non esitò ad aprire il fuo­co contro gli agenti. Tuttavia, a parte il no­me del brigatista Antonio Savasta, gli un­gheresi dissero di non poterci consegnare i documenti sulle attività di Carlos e dei suoi uomini (dunque anche quelle dell'ar­­tificiere della banda «Separat», Thomas Kram ora sospettato di aver fatto scoppia­re la bomba, e la terrorista Christa Margot Frohlich che con lui alloggiò a Bologna nel­­le ore della strage) perché l'attuale Federa­zione Russa ha il diritto di segretare tutti i documenti ancora esistenti nei Paesi dell' ex Patto di Varsavia e infatti la diplomazia di Putin mise il veto sulla verità.
La Commissione Mitrokhin andò a com­piere una rogatoria anche a Parigi dove
Carlos è detenuto e ci recammo al Par­quet, ospiti del procuratore Jean Louis Bru­guière, l'uomo che fece condannare all'er­gastolo Carlos e che fra l'altro mi disse di aver saputo che l'attentato al Papa del 13 maggio del 1981 (pochi mesi prima della strage di Ustica e poi di Bologna) era stato pilotato non dal KGB sovietico, ma dal ser­vizio militare dell'Urss, il GRU.
Fragalà e poi Raisi erano particolarmente impegnati su Bologna, poiché la responsa­b­ilità dell'infame strage fu data ai terroristi «neri»Giusva Fioravanti,Francesca Mam­bro e Luigi Ciavardini. Questo impegno portò a scoprire un fonogramma successi­vo di poche ore alla strage firmato da Gian­ni De Gennaro (futuro capo della Polizia, ma allora direttore della Criminalpol) in cui si avvertiva che il terrorista comunista tedesco Thomas Kram era a Bologna men­tre esplodeva l'ordigno nella stazione. Si scoprì che il fonogramma era stato ignora­to, che la più importante pista investigati­va era stata sepolta, che le evidenti ipotesi di coinvolgimento arabo (palestinese o li­bico è da vedere) erano state accuratamen­te insabbiate, così da spingere il processo nella direzione di una «pista nera» fascista che, come osservò anche Francesco Cossi­ga, non aveva capo né coda. I terroristi neri accusati e condannati in via definitiva si di­chiararono sempre innocenti, ricordando di essersi sempre riconosciuti colpevoli di tutti gli atti di terrorismo per cui erano già stati condannati a diversi ergastoli: «Per­ché mai, dissero, se fossimo stati noi i re­sponsabili della strage di Bologna avrem­mo agito in maniera diversa da quella che abbiamo sempre adottato, negando un de­­litto che non avrebbe aggiunto nulla sulla nostra detenzione?».
Il deputato Enzo Raisi ha poi firmato con Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro (già consulente della Commissione Mitro­khin) e Francois de Quengo de Tonquédec il volume «Dossier. La strage di Bologna. La pista segreta». Come ho detto, la tesi di questi investigatori, parlamentari e giorna­­listi, quella secondo cui la strage fu com­missionata a Carlos ( che era sotto la super­visione sovietica e tedesco­orientale) da una frazione palestinese guidata da Abu Abbas che era anche un agente sovietico. Loro se ne dicono convinti. Per quel che mi riguarda resta aperta e secondo me molto più cre­dibi­le la tesi sostenuta con vi­gore e rigore anche dall'ex sottosegretario Giuseppe Zamberletti. L'ex capo della Protezione Civile ha soste­nuto che la strage di Ustica (causata certamente da una bomba sistemata a ridosso della toletta del Dc9 Itavia: nessun missile, nessuna bat­taglia) e quella di Bologna che segue di un mese la prima, furono com­missionate dal dittatore libico Gheddafi per avvertire (con Ustica) e punire poi con Bologna l'Italia, colpevole di aver estro­m­esso Tripoli dallo sfruttamento petrolife­ro del mare di Malta. I libici non erano cer­to nuovi a imprese del genere, com'è dimo­strato dal fatto che Gheddafi accettò di as­sumersi la responsabilità e di risarcire le vittime del volo Pan Am 103 partito da Lon­dra il 21 dicembre 1988 e diretto a New York, che esplose sopra la cittadina scozze­se di Lockerbie, in perfetta analogia con quanto era accaduto al Dc9 Itavia partito da Bologna (che combinazione) e diretto a Palermo.
Bologna e Ustica sono certamente due stra­gi in cui la verità è stata coperta, i colpevoli sono stati salvati e su cui ora, lentamente,
si sta facendo un po' di tardiva luce.

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