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Il Tempo Rassegna Stampa
05.08.2017 Strage di Bologna/palestinesi: c'è una lettera di Moro
Analisi di Luca Rocca

Testata: Il Tempo
Data: 05 agosto 2017
Pagina: 7
Autore: Luca Rocca
Titolo: «Lettera di Moro sul patto coi palestinesi»

Riprendiamo dal TEMPO di oggi, 05/08/2017, a pag.7, con il titolo "Lettera di Moro sul patto coi palestinesi" il servizio di Luca Rocca.
Il quotidiano romano sta seguendo la strage alla stazione di Bologna con cura e attenzione. Dopo 37 anni i colpevoli/responsabili rimangono per la nostra magistratura ignoti. Ma le verità che sono venute alla luce in tutti questi anni sarebbero state sufficienti a riaprire il processo, non a archiviarlo, come invece è avvento.
Pubblichiamo in altra pagina il commento di oggi di Deborah Fait:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=67187

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C'è una lettera, che Aldo Moro scrisse durante i 55 giorni di prigionia nelle mani delle Brigate Rosse, che avvalora la «pista palestinese» per la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Una lettera che lo statista democristiano indirizzò all'ex segretario della Dc Flaminio Piccoli e che rende ancora più plausibile immaginare che la bomba esplosa alla stazione 37 anni fa fu opera dei terroristi palestinesi intenzionati a punirci per il tradimento del cosiddetto «Lodo Moro», espressione utilizzata dal Capo dello Stato Francesco Cossiga per descrivere un accordo non scritto fra l'Italia e il Fronte, che da una parte teneva fuori il nostro Paese da attentati terroristici, e dall'altra prevedeva un trattamento di favore al Fplp, compreso il transito indisturbato delle loro armi sul nostro territorio.

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Bassam Abu Sharif              Col.Stefano Giovannone

Tradimento avvenuto col sequestro di due missili a Ortona nel novembre del '79 e l'arresto del responsabile del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina in Italia, Abu Anzeh Saleh. In quell'appunto scritto dal covo delle Br e indirizzato a Piccoli, Moro citava, innanzitutto, Stefano Giovannone, capocentro Sismi a Beirut dal 1972 al 1981 (è dai nostri 007 che nel biennio 1979-1980 vennero lanciati vari allarmi sull'intenzione palestinese di far scattare ritorsioni contro l'Italia), e poi affermava: «Dunque, non una, ma più volte, furono liberati con meccanismi vari palestinesi detenuti ed anche condannati, allo scopo di stornare gravi rappresaglie che sarebbero poi state poste in essere, se fosse continuata la detenzione. La minaccia era seria, credibile, anche se meno pienamente apprestata che nel caso nostro. Lo stato di necessità è in entrambi evidente». Parole non equivocabili, con le quali lo statista sembra confermare proprio l'esistenza di un «patto» con gli estremisti del Fplp allo scopo di evitare «rappresaglie». Ad analizzare quella lettera a Piccoli fu, il 10 ottobre del 1978, anche Mino Pecorelli (poi morto ammazzato in circostanze rimaste oscure), che sul suo settimanale «OP» fece un chiaro collegamento fra le parole di Moro e il suo «Lodo»: «Moro - scrisse Pecorelli - si riferisce a quell'accordo "anomalo" stabilito al di fuori dello Stato ma sotto il controllo dello Stato, grazie al quale l'Italia non è stata teatro di quei dirottamenti aerei, stragi e attentati che tante vittime e danni hanno provocato in Europa a partire dal '72. Rumor (ex presidente del Consiglio Dc, ndr) e Moro giudicarono che l'unica strada per impedire che l'Italia diventasse terreno di manovra dei palestinesi era quella di trattare con Habbash (leader del Fplp, ndr) una sorta di mutuo patto di non aggressione. L'accordo stabilito dal Sid (futuro Sismi, ndr) fu sempre rispettato». Almeno fino a quel momento. Perché poco dopo, come detto, quel patto venne violato con l'arresto di Saleh. E così le condizioni per evitare «rappresaglie» descritte da Moro nella sua lettera (cioè la liberazione di «palestinesi detenuti ed anche condannati»), ne uscirono disintegrate. Sta di fatto che, qualche mese dopo l'arresto di Saleh, a Bologna deflagrò una bomba che fece 85 morti e più di 200 feriti. L'estate successiva a quell'eccidio, il rappresentante del Fplp in Italia venne liberato su decisione della Cassazione. Del «Lodo Moro», d'altra parte, ne parlò schiettamente anche Bassam Abu Sharif, in quegli anni responsabile dell'informazione dei marxisti-leninisti del Fronte e reclutatore del terrorista Carlos «lo Sciacallo» (il cui uomo, Thomas Kram, si trovava a Bologna nel giorno della strage), ma non lo nascose nemmeno lo stesso Saleh: «Io posso dire che c'era effettivamente un accordo ed era tra l'Italia e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina - confessò nel 2009 -. Fu raggiunto tramite il Sismi, di cui il colonnello Stefano Giovannone, a Beirut, era il garante. Non era un accordo scritto, ma un'intesa sulla parola. Lui ci aveva dato la sua parola d'onore e noi gli abbiamo assicurato che non avremmo compiuto nessuna azione militare in Italia. In cambio Giovannone ci riconobbe la possibilità di trasportare materiale militare attraverso l'Italia». Quando Cossiga affermò che la strage di Ustica del 27 giugno 1980 avvenne a causa di un missile (anche se le perizie parlano chiaramente di bomba a bordo), tutti gli credettero; chissà perché, però, quando disse che sbagliò a definire «fascista» la mattanza di Bologna, e che commise quell'errore perché «male informato dai servizi segreti», tutti, o quasi, si girarono dall'altra parte.

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