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Shalom Rassegna Stampa
22.05.2008 Contro Israele gli odiatori di professione
Vattimo, D'Orsi, Cardini e gli altri: un articolo di Angelo Pezzana

Testata: Shalom
Data: 22 maggio 2008
Pagina: 0
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: «Gli odiatori di professione»

Da SHALOM del 22 maggio 2008:

“ Il Tibet ha messo in atto un vero e proprio pogrom contro la Cina “, questa affermazione, ridicola se non fosse tragica nella distorsione di quanto sta accadendo, è dell’esimio professor Gianni Vattimo, firmatario di un manifesto in difesa del gigante cinese < aggredito > dal minuscolo Tibet., che starebbe attuando nientemeno che un < pogrom >. Lo stesso Vattimo, che ha dato l’avvallo accademico alla canea di facinorosi che hanno tentato di impedire con il boicottaggio la presenza di Israele alla Fiera del Libro di Torino. Si è scritto e si analizzerà ancora a lungo sulle motivazioni che stanno alla base del rifiuto di riconoscere la piena legittimità  dello Stato ebraico. Al di là delle manifestazioni dei cretinetti che sventolano a sproposito la bandiera palestinese, contrapponendola a quella israeliana, come se la seconda avesse a che fare con l’ancora mancato riconoscimento della prima, occorre prendere atto che dietro ai violenti, il cui compito è soprattutto quello di impedire, anche fisicamente, il libero manifestarsi della cultura israeliana, si è configurato nel nostro paese un arco di odiatori di professione, che va dall’estrema destra all’estrema sinistra, con radicamenti consistenti nel centro clericale. Ai Vattimo, si uniscono quasi sempre i D’Orsi, i Cardini, per citare soltanto  i firmaioli più assidui. Sono loro a brandire a mo’ di clava la retorica terzomondista che trasforma in urla di battaglia quelle parole che la propaganda arabo-palestinese ha saputo - con abilità, si deve riconoscerlo – diffondere nella cultura occidentale, diventata ormai una spugna che tutto assorbe, incapace di distinguere il vero dal falso. Israele celebra i sessant’anni dell’Indipendenza ? Parliamo di < Nakba > piuttosto, grida il coro neanche tanto dietro le quinte, avendo a connivente disposizione la maggior parte dei nostri giornali. Una < Nakba >, ovvero distruzione, che dovrebbe rappresentare la perdita di non si capisce bene cosa. Sarebbe stato sufficiente che i paesi arabi avessero accettato la spartizione della Palestina mandataria, come fecero gli ebrei di Eretz Israel, e lo Stato palestinese festeggerebbe oggi anche lui i sessant’anni della sua fondazione. Ma questa piccola-grande verità viene attentamente tenuta nascosta nelle analisi dei nostri odiatori, così che il lettore viene portato a identificare Israele come l’ , lo Stato che ha quello, mai esistito peraltro, dei palestinesi. Come insegnava il Dr.Goebbels, una bugia ripetuta di frequente, ha buone possibilità per diventare una verità. Alla bufala della Nakqba se ne aggiungono altre, come < Apartheid>, che grazie all’ex-presidente Usa Carter, ha ripreso ha circolare in tutto il mondo. Certo, queste parole, quantunque false, circolano con grande facilità, sono così facili da ricordare, buone ad ogni uso, soprattutto a quello più scorretto. L’obiettivo è noto, far si che Israele abbia dignità di esistere solo in funzione della sua relazione con il mondo aabo-palestinese. Persino nei conflitti, nelle guerre, negli attentati, nei rapimenti dei suoi soldati, uccisi o prigionieri senza che nessun organismo internazionale possa verificarne la sorte, Israele non  ha diritto ad avere un nome, un volto, una storia, una società, che possano venire reppresentati come i vari aspetti di uno Stato indipendente. E’ la sua sovranità che viene di fatto mortificata. Se si difende dagli attacchi terroristici,  si rimprovera l’ < uso eccessivo della forza >, se rifiuta di trattare con quelle forze che vogliono distruggerla, come succede con Hamas, il dito accusatore non viene puntato contro chi lancia i missili sulle città israeliane, si accusa Israele di essere < intransigente >. E’ avvenuto nei due anni della sciagurata politica estera del governo Prodi, con il nostro – per fortuna oggi ex – ministro Massimo D’Alema, la cui < equidistanza > fra stati democratici e dittatoriali rimarrà a lungo negli annali della Farnesina. Mentre scriviamo mancano ancora tre settimane all’apertura della Fiera del Libro, ma dai farneticanti appelli che si leggono su internet non è difficile prevedere manifestazioni di intolleranza verso un paese che farà conoscere, come hanno sempre fatto le altre nazioni ospiti ogni anno della Fiera torinese, i vari volti della sua società. Libri, musica, scienza, storia, archeologia, in un susseguirsi di incontri, presentazioni, concerti, readings, per conoscere come un piccolo Stato, durante sei decenni nei quali ha dovuto forzatemente preoccuparsi di proteggere la propria esistenza da chi voleva cancellarlo dalle carte geografiche, sia riuscito a ricostruire una Nazione, democratica, in una regione che non ha mai avuto famigliarità con questa parola. Dopo duemila anni nei quali si era perduto  anche il senso della gestione dello Stato, un popolo coraggioso, dalla < dura cervice >, ha compiuto il miracolo, mai cedendo a tentazioni autoritarie. E’ ora di gridarlo forte, gli arabi che hanno accettato di vivere nel nuovo Stato ebraico, nei confini che l’Onu aveva stabilito, invece di andarsene, come ordinavano gli Stati arabi, al seguito dell’ideologia nazista trasferitasi da Berlino al Cairo e a Damasco, sono diventati cittadini d’Israele a pieno titolo. Cittadni che ancora oggi guardano con diffidenza e paura la prospettiva di appartenere ad un prossimo Stato palestinese, anche se, in pubblico, dichiarano di volerlo. Li spinge il paragone tra società democratica israeliana, nella quale vivono, e società autoritaria-dittatoriale, quale sarà con ogni probabilità quella del prossimo Stato palestinese. Eppure, questa semplice constatazione, non affiora mai sui nostri media, la disattenzione verso i veri drammi che segnano il mancato sviluppo delle società arabe, il loro rifiuto della modernità, sono, e purtroppo rimangono, fuori dalle analisi di chi è abituato a vedere e giudicare soltanto la pagliuzza israeliana, incapaci  di valutare il tragico pericolo del terrorismo.

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