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Panorama Rassegna Stampa
19.01.2009 Un ottimo editoriale di Giuliano Ferrara
ma anche un reportage di Stella Pende non privo di faziosità

Testata: Panorama
Data: 19 gennaio 2009
Pagina: 0
Autore: Giuliano Ferrara
Titolo: «Con la scusa dei bambini - Arabi israeliani contro Hamas»

Da pagina 37 di PANORAMA del 17 gennaio 2009, l'editoriale di Giuliano Ferrara "Cona scusa dei bambini":

Non odio i nemici ma penso che sia vile fingere che non esistano e non combatterli. Amo i bambini, perfino quel miliardo di bambini che stava per nascere e non fu accolto in società negli ultimi 30 anni, ma penso che sia vile esibire i loro cadaveri come trofei di buona coscienza. Quella di Gaza non è la guerra sporca dei bambini morti ammazzati, il disastro umanitario di un Israele spietato, Gaza non è Grozny, la capitale della rivolta cecena, quella non è una guerra coloniale in ritardo di mezzo secolo, non è nemmeno la battaglia di Algeri fra una vecchia potenza d’oltremare e un movimento nazionale di liberazione, Gaza non è un campo di concentramento (come dice il cardinale), Gaza è la fortezza terrorista di cui si è impadronita Hamas.

Hamas, come Hezbollah e come il potere mandatario prenucleare di Teheran, è votato allo sterminio degli ebrei. I capi di Hamas, di Hezbollah e di Teheran negano Israele, negano gli ebrei, negano perfino gli ebrei morti nei campi di concentramento, quelli veri. È su questa base che hanno impostato non solo il loro statuto, la loro dichiarazione di principi, ma tutta la loro vita associata, non soltanto quella del braccio militare incaricato di lanciare razzi sulla popolazione civile innocente del sud di Israele. È questo odio assassino che insegnano nelle loro scuole, è questa la loro scuola quadri, questa la loro propaganda, queste le idee di martirio, di testimonianza per la morte, alle quali cercano di legare il loro popolo fin dall’infanzia.

Ma gli ebrei che Hamas vuole liquidare non sono soltanto gli ebrei, il popolo dell’Antico Testamento. Gli ebrei che il nemico vuole uccidere siamo noi stessi, la nostra radice, l’Occidente mescolato con le più diverse etnie, la democrazia, le libertà civili, l’emancipazione delle ragazze e delle donne, la fede che storicamente l’Islam vuole sottomettere e anche il rischio della secolarizzazione, della libertà religiosa, insomma della miscredenza non tollerata dal Corano.

Invece di prendere atto tragicamente di questa realtà profonda, di pesarla nella sua drammatica eco religiosa, di misurarla per quel che è oltre ogni edulcorazione, e di legare a essa il giudizio sulle cose che effettivamente accadono, comprese le guerre per espugnare la fortezza terrorista e piegare chi la usa come rampa di lancio contro la popolazione ebraica; invece di affannarsi intorno alla nuova verità del Medio Oriente combattente, molti politici e intellettuali italiani preferiscono lavarsene le mani e usare vecchie categorie politiche della storia del movimento anticoloniale. Per colpire Israele come simbolo di potenza, di ricchezza, di tecnologia, di arroganza imperialista ci si risolve a cancellare Hamas, a snaturarlo, a descriverlo come un gruppo militante per l’indipendenza nazionale, come una filiera di resistenti all’oppressione e all’occupazione. E magari le cose stessero davvero così, prima o poi questa guerra infinita imboccherebbe la strada di un negoziato razionale e registrerebbe i mutamenti occorsi in tutto il mondo, dove se non sbaglio la colonizzazione è finita da un pezzo.

Ma non è così. Hamas, Hezbollah e Teheran sono la grande e tragica novità della fine del Novecento, sono l’emergenza di una nuova frattura a sfondo religioso, una frattura tra mondi incomponibili alla frontiera dei quali sta il piccolo stato degli ebrei, una frattura che l’11 settembre avrebbe dovuto rendere evidente per tutti.

A pagina 47, un reportage di Stella Pende che, contro la verità, presenta gli arabi israeliani come una minoranza oppressa e discriminata in Israele ."Arabi israeliani contro Hamas":

A Yarka, presso Haifa, la casa del lutto formicola di uomini dal turbante bianco come le nuvole. Ondeggiano in piedi e piangono davanti agli occhi di un uomo distrutto. È il druso Samir Mouaddi, padre di Jouseph, 18 anni, arabo israeliano combattente nella milizia d’Israele, ucciso a Gaza. «Gli hanno detto: entra in quella casa, ci sono i terroristi di Hamas» racconta Samir. «Ma il carrista del tank nel buio ha sbagliato mira».

Jouseph è uno degli almeno 943 morti (930 arabi e 13 israeliani) di questa guerra. Ma la sua è una morte diversa, perché il nome di Jouseph appare nella lista delle perdite israeliane. Storia da romanzo. Un ragazzo arabo israeliano che decide di fare il servizio militare con Israele ma viene ucciso a Gaza dal fuoco amico. «È la disgrazia più surreale della guerra» racconta il cugino Obama. «Scopre una realtà che nessuno vuole vedere: quella degli arabi israeliani».

Obama s’inchina davanti all’altarino con le foto di Jouseph: «Siamo arabi nel sangue e nel dolore, gli israeliani ci hanno dato cittadinanza e lavoro. Però, anche se regaliamo loro la vita, per loro saremo sempre eterni estranei. Così alla fine la nostra identità si è sgretolata. Siamo “arbshmenet”, arabi di burro per la nostra gente, ma israeliani di serie C per il nostro stato. Lo sa? Jouseph non voleva combattere contro la nostra gente».

Il padre Samir gli sputa addosso uno sguardo di fuoco: «Hamas non è la nostra gente! Sono terroristi che con i loro razzi condannano a morte il popolo palestinese. Gli israeliani invece ci aiutano a vivere». Obama guarda questo padre orfano del primogenito: «Gli israeliani ci aiutano a vivere e poi ci uccidono in guerra. Ricorda Marlon Brando in Apocalypse now? In quella grotta dice: “Voi americani fate i vaccini ai bambini vietnamiti e poi bombardate le loro case”. Per noi è lo stesso».

Arabi israeliani, palestinesi nelle vene, israeliani nel passaporto e nella vita. Sono parte integrante della storia d’Israele, ma per questa nazione restano sempre alieni. Quelli che David Grossman descrive in uno dei suoi libri più belli come «popolo degli invisibili». Eppure, sono il 20 per cento nel paese. Fanno anche mestieri importanti: scrittori, giornalisti, deputati, finanzieri. Come vivono allora la guerra furiosa del Medio Oriente questi doppi cittadini? Sostiene il settimanale americano Newsweek: «Gli arabi israeliani sono la risposta». Chissà, forse saranno proprio loro la forza mediatrice capace di risolvere questa mattanza. Resta una verità lacerante; in questi giorni il popolo degli arabi è in guerra con il suo stesso stato: Israele.

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