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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Panorama Rassegna Stampa
30.05.2005 Dopo il ritiro, road map, senza compromessi sulla sicurezza di Israele
intervista ad Ariel Sharon

Testata: Panorama
Data: 30 maggio 2005
Pagina: 123
Autore: Matt Rees - Romesh Ratnesar
Titolo: «Rispondo io a chi mi chiama traditore»
PANORAMA datato 1 giugno 2005 pubblica un'intervista, ripresa da TIME, di Matt Rees e Romesh Ratnesar al premier israeliano Ariel Sharon.

Ecco il testo:

L’incontro con il primo ministro israeliano Ariel Sharon, 77 anni avviene nella sua abitazione privata in Balfour Street, nel cuore di Gerusalemme.

Davvero una bella casa…
E’ cinque anni che sto qui.

E per quanti anni conta di starci ancora?
Non ho fretta. E non ho lacuna intenzione di abbandonare questo posto.

Quando era giovane ufficiale, che tipo di paese immaginava che sarebbe stato Israele nel 2005?
Pensavo che ci sarebbero stati molti più ebrei, e questo si è verificato. Spero che diventino ancor più numerosi: ritengo che entro i prossimi quindici anni saremo in grado di farne arrivare un altro milione. Allora no immaginavo che dopo cinquantasette anni Gerusalemme potesse essere ancora in pericolo. Non pensavamo che avremmo impiegato tanto tempo a costruire uno stato sicuro, ma è successo. Non possiamo vivere con il terrore, dobbiamo reagire e guardare avanti. Credo che epr arrivare davvero alla pace, il terrore, le ostilità e le provocazioni debbano cessare.

Crede che il destino abbia in serbo per lei un grande momento?
Non mi spingerei così lontano affermando che il destino mi stia preparando a qualcosa di grande. Sono stato ferito gravemente due volte, ho perso i miei amici, ho dovuto prendere decisioni di vita e di morte per me e per altri. Capisco l’importanza della pace meglio di molti politici che ne parlano, ma non hanno mai vissuto le mie esperienze. Per me la pace deve garantire la sicurezza al popolo ebraico e ai cittadini israeliani, altrimenti che pace è? Io ce l’ho fatta a sopravvivere e a vincere. E penso che questa mia forza derivi dall’aver irrigato le piantagioni di agrumi, arato le vigne, fatto la guardia di notte ai campi di meloni.

Pensa ancora che l’esistenza dello Stato ebraico sia in pericolo?
Credo che lo Stato ebraico esisterà per sempre. Voglio raccontarvi un aneddoto della mia infanzia. Stavo lavorando con mio padre, che era agronomo. Faceva molto caldo e io avevo sete. C’erano migliaia di moscerini che mi entravano negli occhi e nel naso. Quando mio padre mi vide stanco, si fermò per un minuto a riposare, appoggiandosi sull’aratro, poi sollevò la mano indicando dietro di sé e disse: "Guarda quanto abbiamo già fatto". E con ancora più energia affrontò il cumulo di terra. Quando qualcosa mi preoccupa mi ricordo quel momento e mi ripeto: "Guarda quanto abbiamo già fatto".

Quale sarà il passo successivo al ritiro da Gaza?
Quando avremo completato il ritiro e la situazione sarà assolutamente tranquilla, le organizzazioni terroristiche dovranno essere smantellate, le loro armi sequestrate e ci dovranno essere riforme all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese. Quando ciò accadrà allora prenderemo in considerazione la road map. Noi ci siamo impegnati sulla road map. I palestinesi si sono impegnati sulla road map. Ma in questa parte del mondo le cose vanno in modo strano: dichiarazioni, promesse, discorsi, perfino le firme di accordi sono senza significato. Contano solo le azioni. Sono pronto a fare concessioni dolorose, ma c’è una cosa sulla quale non siamo disposti a scendere ad alcun compromesso, né ora né in futuro: la sicurezza di Israele e degli israeliani.

Ha dubbi sulla capacità del presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, di fare la sua parte?
Capisce i pericoli della strategia del terrore. Ma ha firmato un accordo con le organizzazioni terroristiche più radicali, nel quale si impegna a non smantellarle e a non sequestrare le loro armi.
Penso sia stato un errore.

Si aspetta che Israele debba ritirarsi da altri insediamenti in Cisgiordania?
Se mi state chiedendo se ci sarà una seconda fase di disimpegno la risposta è no. Il ritiro è una fase, poi dobbiamo cominciare a negoziare la road map.

Come si sente quando i coloni la accusano di averli traditi?
Non li ho traditi. Avevamo un sogno, non siamo riusciti a farlo avverare. E so che questo è molto difficile e dooroso.

Ha mai paura per al sua sicurezza personale?
E’ strano: tutta la vita ho difeso gli ebrei, adesso, improvvisamente sono io a dovermi proteggere da loro.

Non ha in mente di lasciare l’incarico entro un paio d’anni?
Fino a quando ci sarà bisogno di me, sono pronto a servire. Guardo avanti con ottimismo. Ma qui sono necessari altri ebrei. Venite in Israele !
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