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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
04.12.2015 L'ex quotidiano del PCI difende Craxi sulla sporca vicenda di Sigonella
La tradizione trinariciuta e filo-araba ogni tanto torna a galla

Testata:
Autore: Antonio Badini
Titolo: «Craxi aveva capito la questione palestinese»

 Che Craxi avesse una opinione ben precisa sulla questione palestinese non l'aveva mai dubitato nessuno. Non occorreva attendere l'episodio di Sigonella per accorgersene. Curioso che sia proprio il quotidiano del PD a tornare sull'argomento, chiedendo lumi a quello che fu il consigliere diplomatico di Craxi, Antonio Badini, a raccontare quella ignobile storia nel tentativo di ripulire l'immagine del 'cinghialone' super amico di Arafat e odiatore di Israele che fu il boss del PSI. L'iniziativa parte dalla Fondazione Craxi - e questo è comprensibile - lo è meno che venga strombazzato da un giornale che dovrebbe rappresentare la nuova linea del quotidiano del defunto PCI.
A volte ritornano: non c'è che dire!
Ecco il pezzo, uscito oggi, 04/12/2015, uscito sull'UNITA' a pag.19, con il ,titolo " Craxi aveva capito la questione palestinese".


Due 'statisti'

L'iniziativa della Fondazione Craxi di far produrre un film documentario sulla notte di Sigonella. per ricordare un avveni mento che creb la piilgrave crisi con gli StatiUniti nei dopoguerra. écertamente degna di plauso almeno per due ragioni : la prima, per riflettere sulla dinamica di una azione di politica estera che univa la tutela della dignità nazionale, la coerenza alla giustizia intenazionale e la sicurezza geopolitica del paese (nel caso specifico una soluzione di pace israelo-palestinese). La seconda, per gettare luce sulla capacita dell'Italia di guardare cltre ìl giardino di casa,assumendosi con coraggio le proprie responsabilità e i propri rischi per concorrere fattivamente a costruire una pace  minacciata nella regione. Il governo Craxi smentiva cosi la critica di consumare piuttosto che produrre sicurezza, che veniva periodicamente mossa al nostro paese proprio da Washington : qualche volta, forse con eccessiva malizia, addebitandogli financo di fare «patti col diavolo» per restare fuori dal terrorismo di quei tempi. La riflessione sul caso Sigonella appare del resto quanta mai opportuna e tempestiva in una fase storica come quella che viviamo, in cui vengono ancora da Mediterraneo e Medioriente gravi minacce alla sicurezza. E appena qualche anno dopo la Primavera araba, quando con le popolazioni protagoniste di una ribellione cruenta, l'Occidente si illuse. senza muovere un dito, che fosse veramente possibile sperare nell'avvento di una «Democrazia Globale», un film-documentario si é fatto inoltre apprezzare per la suspense che ha generato e per la ricchezza delle immagini e informazioni.   Cë da augurarsi che il racconto visivo della esperienza piuttosto unica vissuta dal paese richiami l'attenzione di una classe politica ancora poco adusa ad impegnarsi seriamente, e non solo a chiacchiere. In azioni internazionali. ignorando che in un'epoca di globalizzazione esse influiscono, direttamente o indirettamente, sugli affari interni e la vita del cittadini. Se l'obiettivo di risvegliare l'orgoglio nazionale é stato centrato, altri due aspetti delta vicenda, quelli giuridico e politico, sono rimasti purtroppo un po' nell'ombra, facendo alla fine apparire un Craxi «alla Forattini invece di uno statista - quale egli é stato e sarà
certamente ricordato dalla storia -che poneva l'interesse del paese e degli Italiani al primo posto della sua agenda politica. Insomma, è emersa di tanto in tanto l'immagine di un uomo «decisionista* nel difendere la sovranità nazionale e la causa palestinese, ma distratto di fronte allo sdegno dell'Amministrazione americana (Invero erroneamnte
diretto verso l'italia) per l'assassinio del cittadino statunitense Leon Klinghofer. Ma in realtá l'Italia non commise nessuno sgárbo al grande alleato rifiutando una complicità in atti ben meditatati .Vediamo perché. L'inizio della vicenda fu tutto in salita. Che il barbaro assasisinio fosse stato commesso nei riguardi di un ebreo mosse anche Israele. che volle concorrere all'istanza dell'Amministrazione americana fornendole la trascrizione dei colloqui intercettati tra Abu Abbas e i quattro dirottatori dell'Achille Lauro. Fu quella una mossa che poteva portare nocumento alla verità, in giorni di forte tensione, di spasmodica ricerca comunque di una via di uscita da una situazione ingrata e spinosa per tutti. Si parlava ad arte di una prova pesante del ruolo di Abu Abbas come mandante, nel chiaro intento di influenzare il nostro governo (eravamo nella notte di un venerdi che anticipava il rompetele righe del finesettimana). Nulla nelle registrazioni avvalorava un ruolo di mandante di Abu Abbas. Ma Craxi non cercava pretesti per sfuggire alle sue responsabilità. E di conseguenza noi suoi stretti collaboratori (penso a Gennaro Acquaviva e al mio Vice, Leonardo Visconti di Modrone), abbiamo sempre preso le giuste precauzioni. Fortunatamente quella mossa venne efficacemente controbilanciata dall ' eccellente lavoro di intercettazione compiuto nella circostanza dalle navi della Marina italiana, inviare su nostra richiesta nell'area non appena appresa la notizia del dirottamento dell' Achille Lauro. In effetti l'esame minuzioso delle due trascrizioni quella di fonte israeliana e quella della nostra Marina, ci aveva permesso di non riscontrare diversità sostanziali e di far constatare ai giudici chiamati poi a giudicare sulla richiesta di estradizione, di cui parleremo in seguito, che nulla nelle  registrazioni avvalorava un ruolo di mandante di Abu Abbas. Più in generale, va sommessamente detto che il commento del filmato - pur essendo stato aft"idato a due persone di prestigio, il ministro della Difesa Roberta Pinotti e l'editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito - non ha granché corretto le lacune : talché rischiano di restare senza risposta per i telespettatori che hanno seguito la trasmissione di Rai Due questioni importanti. Mentre ci sarebbe un gran bisogno di aprire qualche squarcio sull'opacità che avvolge l'attuale politica mediterranea dell'Italia. Sono le stesse questioni sollevate problematicamente nel convegno promosso dall Associazione Socialismo e da
Mondo operaio tenutosi il 16 ottobre scorso nella Sala Zuccari del Senato. In quell'occasione molto si é insistito sul perche Craxi e Andreotti rischiarono di ledere l'amicizia e la lealtà nei riguardi del nostro maggiore alleato per proteggere una personalità. Arafat, di certo non sempre di specchiata coerenza nel suo percorso di «politico-guerriero» e leader di una organizzazione, l'Olp, nell'ambito della quale agiva il Fronte di liberazione della Palestinacui appartenevano i sequestratori della nave da crociera. Da notare che il capo del Flp era proprio Abu Abbas, che dunque agiva come quinta colonna del più sanguinario «Fronte del rifiuto» dei vari Jibril. Hawatmeh e Habbash. Ricordo, del menzionato convegno, l'effetto prodotto nella Sala Zuccari da un efficace intervento di Arnaldo Forlani, al tempo vicepresidente del Consiglio, che nel distinguere «l'essere dall'apparire» ha definito Craxi politico dell'«essere», che esprimeva con risolutezza le sue convinzioni senza necessariamente preoccuparsi dell' «apparire» : di come cioè quelle convinzioni potevano essere percepite e valutate da
altre persone, a partire dagli stessi uomini politici che condividevano con lui ]a responsabilità di governo (e che esprimevano, é bene ricordarlo a sostegno della osservazione di Forlani, diverse sensibilità, essendo quello un governo di coalizione con non rare tensioni al proprio interno). Tanto più che,come poi ha precisato Maurizio Caprara, editorialista del Corriere della Sera. non emergeva dalla figura di Arafat una convincente e totale trasparenza e dirittura morale nel perseguimento dei suoi pur
legittimi obiettivi politici. In soldoni la domanda indirettamente posta dai due oratori era : perché rischiare gli equilibri interni da un lato, e le buone relazieni dell'Italia con gli Stati Uniti dall'altro? Il loro comprensibile interrogativo, che rifletteva verosimilmente quello di altri, comprendeva l'implicito sviamento dal Tattato che all'uopo era stato firmato dai due paesi : per cui era nell'alveo di violazione del diritto internazionale che sarebbe discesa la mancata estradizione di Abbas, per di più decisa per preservare la posizione di un uomo, appunto Arafat, considerato imprevedibile e ondivago tra il benee il male. l...l Dominava la sua (di Craxi, ndr) preoccupazioneche, se non istradata suila via negoziale. la questione palestinese avrebbe costituito un' arma pericolosa in mano ai diversi movimenti radicali. all'inizio laici ma progressivamente ispirati dall'estremismo religioso. È qui la risposta al quesito sul perché Craxi ha rischiato l'amicizia di Reagan e il valore strategico del maggiore alleato, prendendo le difese di Arafat uomo certemente di difficile affidabilità ma premuto da tanti dei suoi (veri o falsi) luogotenenti, che
chiedevano progressi netti e visibili del negoziato per conservargli l'appoggio.  le lotte palestinesi finivano in mano a estremisti religiosi .

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