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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
09.07.2015 Torna l'Unità e con lei la propaganda filo-palestinista di Umberto De Giovannangeli
Che loda la 'resistenza' (= terrorismo) di Gaza contro 'l'assedio' israeliano

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Gaza a un anno dalla guerra: 'Un secolo per ricostruirla'»

Riprendiamo dall' UNITA' di oggi, 08/07/2015, a pag. 15, con il titolo "Gaza a un anno dalla guerra: 'Un secolo per ricostruirla' ", il commento di Umberto De Giovannangeli.

Da una settimana è tornata nelle edicole l'Unità. La veste è nuova, ma la linea su Israele è quella vecchia. Adesso che viene definita "renziana", continua a pubblicare gli articoli di Umberto De Giovannangeli, tra i più ostili a Israele sulla piazza italiana.

Nell'articolo che riprendiamo, De Giovannangeli incolpa Israele della situazione difficile in cui versa Gaza da quando l'organizzazione terroristica Hamas si è impadronita della Striscia con la violenza, uccidendo qualsiasi oppositore, vero o presunto, e instaurando un regime islamista in cui la legge è dettata dal Corano.
Ma UDG trasforma i terroristi di Hamas in autentici "resistenti". Queste le sue parole: "
Eppure Gaza esiste, resiste. Resiste a un assedio che dura da 9 anni, nella voglia di immaginare un futuro". Ma i toni ampollosi e retorici non si fermano qui: "Gaza sperava". Che cosa sperasse non è dato sapere. Forse di distruggere Israele e sterminare gli ebrei?
Dunque UDG si dimentica, in tutto il pezzo, di citare il terrorismo e il regime di oppressione (oppressione vera, non quella presunta e inesistente di cui sarebbe colpevole Israele) di Hamas.
Per UDG, invece, Israele è colpevole di "un'oppressione perpetrata nel tempo".
Il lungo e ripetitivo articolo è costruito tutto ribadendo queste affermazioni.

Se davvero il PD vuole essere rappresentato dall'Unità, e al contempo mantenere una posizione equilibrata e credibile (anche se non sempre condivisibile), articoli come questo non possono trovare spazio alcuno.

Ecco l'articolo:

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Umberto De Giovannangeli

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Quello che Hamas insegna nelle scuole, e che UDG ignora: "Come uccidere gli ebrei e andare in Paradiso"

Gaza, un anno dopo. La tragedia continua. Un anno fa, l'8 luglio 2014, iniziava la terza guerra nella Striscia, e il mondo riscopriva l'orrore e la paura (tra i palestinesi 2251 morti e quasi 11mila feriti: secondo l'Onu, almeno 551 bambini sono rimasti uccisi, 577 secondo fonti palestinesi. Sul versante israeliano, sono morti 67 militari e 5 civili).

Gaza, un anno dopo. Radiografia di una tragedia chiamata "normalità": quella che caratterizza la vita quotidiana di un milione e ottocentomila palestinesi, 1il 58% dei quali al di sotto dei 18 anni. Ragazzi, bambini, che hanno conosciuto solo sofferenza e paura, passando da una guerra all'altra. Eppure Gaza esiste, resiste. Resiste a un assedio che dura da 9 anni, nella voglia di immaginare un futuro che anima tanti blogger della Striscia.

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Israele cerca di eliminare i terroristi di Hamas che si nascondono tra i civili
Hamas cerca di uccidere i civili israeliani, protetti dall'esercito

Gaza sperava. Sperava che dopo la devastante guerra della scorsa estate, la ricostruzione promessa dalla comunità internazionale, e incorporata nell'accordo sul cessate-il-fuoco raggiunto con la mediazione dell'Egitto, avesse finalmente inizio. Che le centinaia di case, scuole, edifici pubblici ridotti a un cumulo di macerie dall'artiglieria pesante e dai caccia israeliani, potessero rinascere. Così non è. E a documentarlo, è un recente rapporto di Oxfam, che denuncia una realtà inquietante. Senza la fine del blocco israeliano a Gaza ci vorrà oltre un secolo per ricompletare la ricostruzione di case, scuole e ospedali.

Oxfam ha lanciato l'allarme sulla disperata situazione in cui ancora versano gli 1,8 milioni di persone che vivono nella Striscia, a causa delle carenze e progressive riduzioni delle quantità di materiali da costruzione in entrata a Gaza. A farne le spese sono le circa 100.000 persone, di cui la metà bambini, che ancora sono costrette a vivere in rifugi e sistemazioni temporanee, mentre decine di migliaia di famiglie vivono in abitazioni gravemente danneggiate dai bombardamenti. Con meno dello 0,25% del materiale da costruzione essenziale arrivato a Gaza negli ultimi tre mesi, il processo di ricostruzione si è praticamente fermato. Da qui nasce la richiesta avanzata da Oxfam alla comunità internazionale affinché si attivi con urgenza, per mettere fine al blocco di Gaza.

Secondo quanto riportato dalle organizzazioni umanitarie che lavorano nella regione, sono necessari oltre 800.000 carichi di camion di materiale da costruzione per rimettere in piedi case, scuole, ospedali e altre infrastrutture distrutte durante i ripetuti conflitti e gli anni di blocco. A gennaio, solamente 579 camion sono entrati a Gaza, ancora meno dei già pochi (795) entrati a dicembre. «Sol con la fine del blocco di Gaza sarà possibile permettere alla popolazione di ricostruire la propria vita - rimarca Umiliana Grifoni, responsabile Ufficio Mediterraneo e Medio Oriente di Oxfam Italia - Le famiglie vivono da sei mesi in case senza soffitti, pareti o finestre. Molte abitazioni hanno solo sei ore di elettricità al giorno e non hanno acqua corrente. Ogni giorno che passa senza che abbia inizio la ricostruzione, aumentano i rischi per la vita stessa delle persone. E' inaccettabile che la comunità internazionale abbandoni la popolazione di Gaza nel momento di maggior bisogno».

Solo il 5% dei fondi promessi dalla comunità internazionale per la ricostruzione sono arrivati sul territorio, circa 300 milioni di dollari, ben poca cosa rispetto alle risorse necessarie per far fronte all'emergenza umanitaria resa ancora più drammatica dagli attacchi della scorsa estate, soprattutto se questi soldi sono confrontati con i 5,4 miliardi promessi lo scorso ottobre durante il summit del Cairo. A causa del blocco sulla Striscia, lo scorso anno le esportazioni di prodotti agricoli sono crollate al 2,7% rispetto al livello registrato prima dell'imposizione delle restrizioni. Pesca e agricoltura - settori vitali per l'economia di Gaza - sono in ginocchio a causa del divieto dI pesca fino a oltre sei miglia nautiche dalla costa e di accesso ai terreni più fertili, perché nell'impedire la circolazione delle merci, si è limitata quella delle persone, con íl risultato che Gaza continua a essere separata dalla Cisgiordania e la maggior parte delle persone non può lasciare la Striscia.

Anche il confine con l'Egitto è rimasto chiuso per gran parte degli ultimi due mesi, impedendo a migliaia di persone di viaggiare. Oxfam e i suoi partner stanno cercando di far fronte a questa drammatica situazione e stanno fornendo acqua potabile, voucher alimentari e cure mediche. Ma questa solidarietà dal basso non può bastare. A ribadirlo è Robert Turner, direttore Unrwa (l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) che svela che la ricostruzione delle case danneggiate nell'intera Striscia è fuori il controllo dell'Unrwa, e continua a chiedere ai donatori di rispettare gli impegni per la ricostruzione di Gaza sottoscritti nell'ultima conferenza del Cairo. «Non dobbiamo rendere la gente di Gaza un ostaggio a causa dell'attuale situazione politica che Israele sta ben sfruttando», ha rimarcato Turner.

Ma così è. E a subirne le conseguenze più devastanti sono i più indifesi: i bambini. «La nuova generazione di Gaza è traumatizzata, - sottolinea Chris Gunness portavoce dell'Unrwa - Gli spazi dove giocano sono costellati da 8.000 ordigni inesplosi. Unrwa non ha potuto dare un riparo sicuro a queste persone. Le nostre scuole sono state colpite direttamente in sette occasioni. Mille dei 3.000 bambini feriti durante il conflitto rimarranno disabili per il resto della vita». Dietro i numeri vi sono volti, storie, vite spezzate e inquadrano una tragedia. Politica, non "naturale". Determinata da un'oppressione perpetrata nel tempo.

Ma a Gaza la dignità e la voglia di vivere non sono sepolte tra le macerie. Tra le macerie la vita continua. E la vita è anche arte. Alcune delle macerie di Gaza hanno preso vita grazie all'incursione in incognito del noto street artist britannico Banksy. L'artista ha dipinto quattro nuovi murales e girato un video che ironicamente s'intitola "Scopri una nuova destinazione quest'anno", in cui ha documentato la situazione di Gaza dopo l'ultima offensiva israeliana della scorsa estate. Il primo graffito, ispirato a «Il pensatore» di Auguste Rodin, è stato realizzato sui resti di un muro e si intitola "Bomb damage", in un altro si vedono dei bambini su una giostra e nel terzo una gatta con un vistoso fiocco roso al collo che «dice al mondo che si sta perdendo tutto il bello della vita».

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