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Rassegna Stampa
18.02.2014 Arabia Saudita, una dittatura islamista e maschilista
ma Udg vede una 'svolta' inesistente

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Svolta in Arabia. Una donna dirige un quotidiano»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 18/02/2014, a pag. 12, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo "Svolta in Arabia. Una donna dirige un quotidiano".


Donne-fantasma in Arabia Saudita

Svolta in Arabia: una donna alla direzione di un quotidiano.
E tutte le altre donne? Sempre represse, discriminate, nascoste sotto palandrane nere, costrette a vivere una esistenza colma di divieti, sempre schiave dell'uomo di turno, sarebbe questa la svolta ?
Ci fa piacere che la signora Somayya Jabarti sia riuscita a ritagliarsi un piccolo spazio nella società maschilista e islamista saudita, ma questo non significa 'svolta' per il resto delle donne dell'Arabia Saudita.
Ecco il pezzo:

Pensate ad uno dei Paesi più chiusi alle ragioni, e ai diritti, delle donne. Pensate all'Arabia Saudita. E pensate che nel regno Saud, una donna, giornalista, scriva un articolo sulle note di «Imagine» di John Lennon: «Immagina se le donne potessero guidare...». E continua: «Immagina che sia l'anno 3000 e le donne guidano la macchina in Arabia Saudita. Vanno a prendere i bimbi da scuola, fanno un po' di spesa, e vanno al lavoro...». Immagina, si, e battiti perché questa speranza si avveri. Lei l'ha fatto e oggi è diventata il nuovo direttore del quotidiano in inglese edito a Gedda, SaudiGazeue. Somayya Jabarti è la prima donna chiamata a dirigere un giornale nel regno dei Saud. L'annuncio della sua nomina è stato dato dal direttore uscente, Khaled al Maeena, nel suo editoriale di commiato pubblicato l'altro ieri: «Ha collaborato con me per 13 anni e per quasi lo stesso periodo di tempo ho puntato a veder entrare una donna saudita nel bastione dei direttori, dominato dagli uomini». Al Maeena ha tenuto a precisare che a decidere «non è stata una questione di genere, ma di merito» la nomina di Jabarti. Una cosa è certa. Sia ad AmbNetis che a Saudi Gazette, Somayya Jabarti non si è mai nascosta, ma nei suoi articoli ha affrontato le questioni più spinose, i temi più scottanti, infrangendo tabù consolidati nella tradizionalissima società patriarcale saudita.
CONTROCORRENTE
Un esempio: sempre in «Imagine», Somayya racconta la vita di un'avvocata (di cui, dice, è tutto vero tranne il fatto di guidare da un luogo all'altro). Elenca la lista delle «cose da fare oggi»: la stazione di polizia, il dipartimento dei passaporti, la banca, il villaggio turistico. Alla stazione di polizia l'avvocata ha pagato la cauzione di una donna incarcerata e presentato la pratica per farla scarcerare. Subita arriva la domanda del silenzioso e impassibile uomo in uniforme: «Lui dov'è?». «Chi?» «Il tutore legale maschio. Se non c'è, lei resta in cella». L'avvocata prova ad incontrare il giudice per fare valere i diritti della sua cliente ma questo non vuole né vederla né ascoltarla perché è donna. Arrabbiata, la protagonista va al dipartimento dei passaporti per rinnovare il suo documento. «Dov'è il tuo tutore legale maschio?», chiede l'impiegato. «È solo per un rinnovo». «Non importa, ci vuole un marito, un fratello, uno zio. Tu non puoi». Furiosa, va alla banca con la figlia diciassettenne per aprire un conto. Ma anche qui non vale niente, la minore ha bisogno di un «legal male guardian» per aprire un conto. Con la pressione a mille, va in un resort sulla spiaggia con la figlia, ma non può entrare, e nemmeno noleggiare una barca, perché non ha il formulario firmato dal suo tutore maschio. Conclusione, in Arabia Saudita: «Solo un uomo può far uscire una donna dalla prigione». Solo un uomo può vedere e parlare con un giudice. Solo un uomo può aprire un conto bancario per il proprio figlio. Solo un uomo può noleggiare una barca. Solo un uomo... «Siamo adulte noi?» Si chiedeva, Sommaya. L'articolo è apparso sul sito di Arab News, il principale quotidiano in lingua inglese pubblicato in Arabia Saudita, sul tema della Giornata internazionale della donna.
TASTI ROVENTI
Ma è interessante anche la successione dei commenti dei lettori, piuttosto positivi, tranne qualche rara voce che recita predicozzi del tipo: «L'articolo è scritto come se andare alla stazione di polizia, passaporti, banca, resort fossero le sole importanti questioni nella vita di una donna». «Cara Sorella, guarda cosa è diventata New Delhi. Nessuna donna è al sicuro là. La maggior parte di quelle che sono state aggredite o erano al lavoro o stavano ritornando dal lavoro (Non mi credi? Vedi Google Times di India New-spaper)». E ancora: «L'Islam ha dato alle donne più diritti di ogni altra religione: le persone che chiedono altri diritti sono spiriti corrotti che vogliono vedere le donne fuori nelle strade cosicché i loro corrotti desideri siano soddisfatti. Per queste persone dubbiose Allah ha ordinato l'Inferno». Somayya ha continuato a battere su questo tasto, scrivendo, per il giornale di cui ora è diventata direttrice, un articolo tlal titolo che è tutto un programma: «Chi sta meglio in Arabia Sudita, un immigrato straniero o una dònna saudita?». Un passaggio dell'articolo: «Uno straniero immigrato non può risiedere, sopravvivere o prosperare autonomamente nel regno cd è in balia di uno sponsor, quasi come un dipendente. Una donna saudita non può legalmente e in modo indipendente vivere senza un tutore di sesso maschile, o di un "mahram" (stretto parente maschio con il quale la legge islamica vieta alle donne di sposarsi). Anche lei, per la vita, è un dipendente legato a, e alla mercé di un uomo... Naturalmente va da sé che gli uomini immigrati possoflo guidare mentre le donne saudite non possono». Le considerazioni di Somayya Jobarti si riflettono, e trovano un riscontro c lettivo, nella a campagna di «donne alla guida», portata avanti da un gruppo di coraggiose attiviste, che hanno sfidato il divieto e pubblicato online i loro filmati al volante. In attesa di guidare una macchina, Somayya si accinge a guidare una redazione. Non è poco.

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