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Rassegna Stampa
08.02.2013 Kashmir: una fatwa contro un gruppo di ragazze
'colpevoli' di aver partecipato a una gara musicale e di aver cantato davanti a un pubblico misto

Testata:
Autore: Redazione dell'Unità
Titolo: «Kashmir, fatwa sulla rock band in rosa: 'È peccato'»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 08/02/2013, a pag. 17, l'articolo dal titolo "Kashmir, fatwa sulla rock band in rosa: «È peccato»".


La rock band presa di mira dai fondamentalisti islamici

Poco più che ragazzine con una passione heavy metal, nata nel posto sbagliato. Aneeqa, Noma e Farah si sono classificate terze al concorso di Srinagar dedicato ai gruppi musicali indiani, ma hanno conquistato le prime pagine dei giornali locali non tanto per la loro performance alla «Battaglia delle band» quanto per le minacce che l’hanno accompagnata. Inclusa una fatwa, un editto emesso dal gran muftì Bashiruddin Ahmad, la più alta autorità religiosa del Kashmir, unico Stato islamico dell’India. La loro colpa? Aver cantato, unica band del Paese formata da sole ragazze, davanti ad un pubblico composto anche da uomini, attività disdicevole e contraria - secondo Ahmad- ai principi dell’islam. «Quando le ragazze e le giovani donne abbandonano la retta via, questo tipo di attività non serie può diventare il primo passo verso la nostra distruzione », ha sentenziato il muftì. Meglio cantare in casa, davanti a sole donne. Meglio ancora non cantare affatto.
«Tutte le cose cattive che stanno capitando alla società indiana sono causate dalla musica». La fatwa è stata convincente: le tre musiciste hanno fatto sapere che lasceranno perdere, inchinandosi - almeno in apparenza - alla saggezza di Ahmad. La verità è che le tre ragazzine sono state letteralmente bombardate di minacce, la fatwa è stata la cieligina su una torta amarissima che hanno dovuto ingoiare boccone dopo boccone, da quando sono salite sulla ribalta. Il loro sito Facebook è stato bersagliato di insulti, accuse e stupri promessi. «Ve la state cercando», «finirà così», «siete solo puttane». Per precauzione le tre giovani musiciste si sono trasferite a New Delhi. Minacce da non prendere sotto gamba, in un Paese che nelle ultime settimane ha scoperto con orrore l’enormità del fenomeno delle violenze sessuali, e delle connivenze e complicità che gli stupratori trovano ad ogni livello.
Aneeqa, Noma e Farah hanno scelto di volare basso, di tornare nell’ombra: una scelta dolorosa, quasi un tradimento, per un gruppo che aveva deciso di chiamarsi «Praagash », che vuol dire «dall’oscurità alla luce». «La musica era la nostra passione, non sapevamo che fosse proibita dall’islam - ha spiegato una delle tre ragazze alla Bbc -. C’erano altri gruppi del Kashimr a quel concorso. Non sappiamo perché hanno fermato solo noi». Le minacce contro il gruppo hanno scatenato la polemica. Il primo ministro dello Jammu e Kashmir, Omar Abdulla, si è schierato dalla parte delle ragazze e ha sollecitato un’inchiesta, ma si è ritirato in buon ordine all’apparire della fatwa. La polizia ha comunque arrestato tre persone considerate responsabili delle minacce contro la band ed è alla ricerca di una decina di altri molestatori on line. Un gruppo che si batte per la difesa dei diritti umani ha annunciato un’azione legale anche contro il gran muftì, un titolo contestato dall’avvocato Parvez Imroz, lui stesso islamico, ma sostenitore di una fede più tollerante. Quello che si vorrebbe dai giudici è un pronunciamento contro il diritto del muftì di emanare decreti, in quanto autorità non riconosciuta dalla legge.Unterreno impervio, ma la tradizione è dalla parte delle «ragazze della luce». Il Kashmir ha una lunga tradizione di canto e danza al femminile, specialmente alle cerimonie e ai matrimoni. Tra le cantanti più note c’è anche la moglie del ministro della sanità, Shamina Azad. Contro di lei nessuna fatwa.

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