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Rassegna Stampa
01.08.2012 Musica e sport sono molto importanti quando non diventano strumento di propaganda
ma all'Unità è l'esatto opposto

Testata:
Autore: Elena Doni
Titolo: «Note di pace per 'resistere'»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 01/08/2012, a pag. 20, l'articolo di Elena Doni dal titolo "  Note di pace per «resistere»".


Musicisti della Palestine Youth Orchestra

Tutto l'articolo è un concentrato di disinformazione su Israele, riprendiamo due frasi, le più significative :
1) "
Sono giovani orchestrali delle città occupate della Cisgiordania (come Gerusalemme, Betlemme o Ramallah) che condividono l’impegno con altri giovani che vivono nei campi profughi di luoghi vicini e altri ancora che vivono in Europa o in America.". Gerusalemme, Betlemme e Ramallah città occupate della Cisgiordania ? E noi che credevamo che Gerusalemme fosse in Israele. Abbiamo osato pure immaginarci che ne fosse la capitale. Grazie, Elena Doni, grazie per averci, finalmente istruiti. Magari potrebbe aiutarci ancora con la sua conoscenza profonda del Medio Oriente e spiegarci da chi (o che cosa) sarebbero occupate Betlemme e Ramallah ? Eravamo tutti convinti che fossero amministrate dall'Anp.
Occupate da Abu Mazen e i suoi ? Questo intendeva?

2) "Per i giovani che non vivono in Palestina questi incontri musicali permettono di conoscere le difficoltà e le amarezze quotidiane di chi vive in un Paese sotto l’occupazione israeliana.". Amarezze e difficoltà quotidiane dei palestinesi. Doni lascia la frase così, in sospeso. I lettori dell'Unità vorranno ben sapere, nello specifico, quali sarebbero le difficoltà e le amarezze.
Se l'orchestra è composta da musicisti provenienti da Betlemme, Ramallah e Gerusalemme, come possono conoscere le amarezze e le difficoltà di chi vive sotto occupazione ? Nessuna delle tre città è 'occupata'. Doni dovrebbe essere più chiara, se no i lettori restano confusi.
Le amarezze e le difficoltà di chi vive costantemente sotto tiro di razzi e attentati, invece, non vengono mai menzionate, chissà come mai.

Musica e sport sono molto importanti, a patto che non vengano utilizzati per fare propaganda e razzismo, come sta succedendo con le Olimpiadi a Londra.

Ecco il pezzo di Elena Doni:

«Fare musica è per noi una forma di resistenza. E' una resistenza non armata», dice il maestro Michele Cantoni, diirettore della Palestine Youth Orchestra. Nato in Italia, è vissuto per parecchi anni a Londra per poi trasferirsi nel 2004 in Palestina. In un Paese che non è un Paese, dove è un altro stato, quello di Israele, a dare o a negare il permesso di accedervi. «I palestinesi però non sono “un popolo inventato”, come disse una volta il leader conservatore americano Newt Gingrich. I palestinesi sono stati accolti nell’Unesco e ora combattono con le armi della cultura», continua il maestro Cantoni, direttore del gruppo di ragazzi dai 14 ai 26 anni che stasera si esibirà nella Sala di S. Cecilia. «La Palestina oggi non è un Paese in guerra: ma il termine in pace mi mette a disagio. Oggi in Palestina non c’è particolare violenza,mac’è sopruso. Fare musica è per noi una forma di resistenza culturale, non armata. Vogliamo far sapere che noi esistiamo », dice il maestro che oggi dirigerà nella sala del Conservatorio di S. Cecilia il concerto dei ragazzi palestinesi. Sono giovani orchestrali delle città occupate della Cisgiordania (come Gerusalemme, Betlemme o Ramallah) che condividono l’impegno con altri giovani che vivono nei campi profughi di luoghi vicini e altri ancora che vivono in Europa o in America. Quello che questi ragazzi dalle esperienze così diverse hanno in comune è il fatto che fino al 1948 le loro famiglie vivevano in Palestina. Alcuni altri orchestrali vengono dal mondo arabo o dai Paesi che di anno in anno ospitano la Palestinian Youth Orchestra. Quest’anno il Paese ospitante è l’Italia e i ragazzi si sono già esibiti in Liguria, a Vernazza e a Genova, poi in Toscana, a Firenze. Dopo il concerto a Roma la prossima tappa sarà Ravello. Oggi la musica classica non è più un privilegio del mondo occidentale: in Palestina ha cominciato a svilupparsi circa vent’anni fa e ha inglobato suoni e sensibilità del Medio Oriente: ma soprattutto ha fatto propria una capacità di adattamento e di superamento delle difficoltà che i musicisti della tradizione occidentale, per loro fortuna, non conoscono. Nadine, per esempio: ha 24 anni è violinista ma anche contabile in un’azienda commerciale, ha frequentato il Conservatorio ma ha dovuto arrendersi alle necessità della vita ed è comunque felice di suonare ogni volta che può. La Youth Orchestra non ha fondi propri e quindi riesce solo a pagare le spese. Naji Barghouti, flautista, ha 16 anni e viene da Ramallah. Ha una voce straordinaria, capace di modulazioni mediorientali: «Sento di fare qualcosa per la nostra identità palestinese », dice: «La musica classica non è solo occidentale ed europea. È in Palestina ormai da vent’anni e contribuisce a formare la nostra identità di palestinesi». Khattab, che suona il contrabbasso, di anni ne ha 38maconserva il posto in orchestra perché è uno degli insegnanti. Si è formato in Francia ma vive spesso a Ramallah. Del viaggio in Italia ricorda con entusiasmo il concerto in piazza della Signoria, a Firenze: «come se quella piazza fosse stata progettata per accogliere musica».
UNA MESCOLANZA DI NAZIONALITÀ
La Palestine Youth Orchestra fa parte del Conservatorio Nazionale Edward Said, intitolato allo studioso che per primo criticò il concetto di orientalismo: concetto, diceva, nato da una concezione eurocentrica del mondo, che ha prodotto un’ossessiva visione di diversità verso tutto ciò che non è occidentale. Quest’anno l’orchestra conta 78 studenti, metà dei quali sono palestinesi che vivono all’estero. Molti di loro sono rifugiati provenienti da Paesi vicini, come il Libano, la Siria, la Giordania o l’Egitto, ma alcuni vengono anche da continenti lontani. Dice Mohamed Najem, clarinettista nato a Betlemme, che è entrato nella Youth Orchestra nel 2004: «Il bello di questa formazione è che qui passaporti e nazionalità spariscono e palestinesi e non-palestinesi possono incontrarsi e condividere lo stesso percorso». Per molti è una straordinaria occasione per prendere contatti con altri giovani di origine palestinese, ma ormai trapiantati in luoghi lontani. La preparazione dei giovani orchestrali (quest’anno la loro età va dai 14 anni della cornista di Gerusalemme ai 26 di parecchi altri) avviene prima in Palestina, poi nel Paese dove si esibiranno. Quest’anno i ragazzi della Palestinian Youth Orchestra sono arrivati a Genova il 21 luglio e qui si sono uniti al gruppo 20 italiani per studiare insieme otto ore al giorno. I fondi per sostenere questa iniziativa vengono da organizzazioni internazionali, associazioni filantropiche e uomini d’affari palestinesi. Per i giovani che non vivono in Palestina questi incontri musicali permettono di conoscere le difficoltà e le amarezze quotidiane di chi vive in un Paese sotto l’occupazione israeliana. Nel concerto di quest’anno (che è già avvenuto a Varazze, Genova e Firenze e che dopo Roma sarà portato a Ravello) sono in programma musiche di Beethoven, Délibes, Dvorak, Rimsky Korsakov, Al Yamani e Azmeh: quest’ultimo definito dalla critica americana «una stella nascente», Al Yamni è violinista nell’orchestra. A Roma il concerto si svolgerà stasera nella sala accademica del Conservatorio di Santa Cecilia, in via dei Greci 18 alle 21 e l’ingresso è libero.

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