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Rassegna Stampa
28.01.2012 Udg intervista Saeb Erekat, di professione negoziatore
che però non negozia

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Il processo di pace ? Israele gioca con le parole ma non fa passi avanti»

Sull'UNITA' di oggi, 287/01/2012. a pag. 30, Umberto De Giovannangeli intervista Saeb Erekat, il 'negoziatore' palestinese, che andandosene dal tavolo delle trattative con Israele ha mandato all'aria i colloqui di Amman.
L'intervista di Udg non aiuta il lettore a capirne i motivi reali, Erekat ripete i soliti slogan e Udg riferisce.
A chi invece volesse capire l'atteggiamento del mondo arabo nei confronti di Israele, consigliamo la lettura di questo breve pezzo, uscito il 26/01/2012 sul MANIFESTO, e che IC ha puntualmenet riportato l'altro ieri. Si spiega quale è la politica del mondo arabo, Anp compresa. E lo scrive il MANIFESTO, mica Informazione Corretta.
Ecco la breve del Manifesto, segue l'intervista di Udg a Saeb Erekat:

militari del maresciallo Tantawi, legati mani e piedi agli americani (e al raìs caduto in disgrazia Mubarak) non toccheranno lo storico (fin dai tempi da Sadat) trattato di pace con Israele. Ma in qualche misura potrebbero dover tenere conto dei nuoi tempi, post-Mubarak, e del trionfi elettorale dei Fratelli musulmani (che d’altra parte sono alleati loro, dei militari). Ieri Mahmoud Ghezlan, indicato come portavoce dei Fm, ha dichiarato al al giornale Asharq Al-Awsat che i Fratelli musulani, presumibilmente i titolari del prossimo governo egiziano, non parleranno, nè incontreranno mai funzionari israeliani, e che la loro posizione rispetto a Israele è fuori discussione. «È illogico avere un dialogo, qualsiasi tipo di dialogo, viste le azioni israeliane contro i popoli arabi», ha detto Ghezlan. Che poi ha affermato che il movimento non ha ricevuto alcun invito al dialogo dall'ambasciata israeliana al Cairo, ma che in ogni caso un'eventuale richiesta sarà respinta. Il partito di «Libertà e Giustizia» dei Fratelli musulmani controlla quasi il 48& dei seggi nel parlamento appena eletto.

Umberto De Giovannageli: "Il processo di pace ? Israele gioca con le parole ma non fa passi avanti "


Saeb Erekat

Si è seduto e alzato più volte dai tanti «tavoli della pace» che hanno contrassegnato la crisi infinita israelo-palestinese. È stato così anche nei giorni scorsi ad Amman, nel round negoziale fortemente voluto da re Abdallah II di Giordania. «La nostra volontà di negoziare non è mai venuta meno, ma non possiamo accettare che ogni volta Israele si fermiall’enunciazione di principi senzamai fareunpasso avanti nel merito dei tanti contenziosi aperti, a cominciare dai confini». A parlare è Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Autorità nazionale palestinese (Anp).
La comunità internazionale ha letto il suo alzarsi dal tavolo negoziale di Ammancomeilfallimento delle trattative israelo-palestinesi.
«Se fossimo stati animati da una volontà di rottura non avremmo accettato di tornare al tavolo del negoziato. In discussione non è la volontà palestinese di ricercare il dialogo, il problema è un altro...». Quale? «Anche ad Amman il rappresentate israeliano si è limitato ad una enunciazione verbale di principi generici, senza presentare documenti scritti che entrassero nel merito dei contenziosi aperti. Un simile atteggiamento non può essere “spacciato” come volontà di pace. È solo fumo negli occhi della comunità internazionale».
Le autorità israelianesostengono che il negoziatore dello stato ebraico, Yitzhak Molko, le avrebbe illustrato la posizione del governo Netanuyahu sulla questione dei confini...
«Si gioca con le parole. Noi avevamo chiesto un documento scritto che attestasse le posizioni israeliane. Èun fatto di sostanza, non di forma. Questa richiesta è stata lasciata cadere. Voglio essere ancora più esplicito: non chiedevamo un documento dettagliato, ma quanto meno una presa di posizione che mostrasse la disponibilità di Israele ad accettare un riferimento ai confini precedenti la guerra dei Sei Giorni del 1967 come base di discussione
Confini che Netanyahu, e non solo lui, non accetta perché metterebbero a rischio la sicurezza d’Israele...
«Quel riferimento doveva essere la base di una discussione, non il suo sbocco finale. Quello su cui abbiamo sempre insistito è che alla base diuna trattativa degna di questo nome debba esserci il principio della reciprocità...».
Vale a dire?
«I confini possono essere, sia pur in termini limitati, modificati rispetto a quelli antecedenti la Guerra dei Sei giorni,maa territori ceduti devonocorrispondere territori che entrano a far parte dello Stato di Palestina, e tutto ciò deve scaturire da un accordo tra le parti. Il principio di reciprocità e agli antipodi dell’unilateralismo che continua a caratterizzare, nei fatti, la politica d’Israele: guadagnare tempo, trascinando all’infinito il negoziato, e intanto determinare sul terreno una serie di fatti compiuti che finiscono per svuotare di ogni significato concreto la trattativa».
Un esempio concreto di questa volontà che lei imputa a Israele?
«È la crescita degli insediamenti, in Cisgiordania come a Gerusalemme Est.Nonsiamo da soli nel chiedere a Israele una moratoria nella costruzione- ampliamento degli insediamenti nei territori occupati. La risposta è sempre stata negativa. Anche quando a chiederlo è stato il presidente degli Stati Uniti d’America».
A proposito degli Usa: uno dei più accreditati candidati repubblicani alle presidenziali di novembre, Mitt Romney, ha sostenuto pubblicamente che i palestinesi non vogliono una soluzione fondata su due Stati, ma vogliono eliminare Israele.
«Al signor Romney vorrei chiedere su quali basi, su quali documenti, si è formato questa convinzione. Per chiarirsi le idee sulla nostra determinazione, posso solo consigliargli di parlare non con pericolosi antisionisti, ma con l’ex presidente George W.Bush e la signora Rice...Certe posizioni aiutano soltanto i nemici della pace».
Per tornare alle trattative.Israele vi accusa di voler imporre i tempi del negoziato.
«Il fattore tempo è decisivo. Perché senza indicare i tempi del negoziato, il dialogo non ha un solido ancoraggio. È stato lo stesso presidente Obama a parlare di questo, e come lui tutti i maggiori leader europei. Un negoziato non può durare in eterno, altrimenti non di negoziato si tratta ma di una farsa. E nessun dirigente palestinese, neanche il più disposto al compromesso,può esserne complice. Tutti devono essere consapevoli che in Medio Oriente il tempo non lavora per la pace».

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