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Rassegna Stampa
19.12.2011 Egitto, il fronte laico non vale nulla
è evidente dalle dichiarazioni del leader Ayman Nour a Udg

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Le scuse dei militari non bastano, l’Egitto non accetterà un golpe»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 19/12/2011, a pag. 31, l'intervista di Umberto De Giovannangeli ad Ayman Nour, leader del partito laico el Ghad, dal titolo " Le scuse dei militari non bastano, l’Egitto non accetterà un golpe ".


Ayman Nour

Quando Udg gli chiede se, da laico, non sia preoccupato per l'ascesa dei partiti islamisti in Egitto, Ayman Nour risponde : " Non ne sono felice, questo è sicuro, ma non mi sento in pericolo.(...) Adesso occorrono collaborazione e coordinamento tra tutte le forze politiche ed è a questo che tendiamo assieme agli islamisti e agli altri, i liberali e la sinistra, in modo da arrivare ad uno stadio politico adeguato per avviare la competizione entrando dalla porta principale. I vertici militari hanno provato a dividere le forze d’opposizione, agitando lo spauracchio fondamentalista salvo poi provare a stabilire un patto di potere con gli islamisti. Dividere per comandare: è il loro credo". Non c'è preoccupazione per l'ascesa di Fratelli Musulmani e salafiti. Nour non si sente in pericolo e, anzi, sostiene che il male maggiore per l'Egitto sia rappresentato dall'esercito. L'estremismo religioso è solo uno 'spauracchio' utilizzato dai militari per accaparrarsi il potere.
Non c'è da stupirsi che, con un leader simile, alle elezioni i laici abbiano fallito miseramente.
Ecco l'intervista:

Se misuro il cambiamento dal rispetto dei diritti umani e dalla trasparenza del potere, la conclusione a cui giungo è che il passa- to incombe pesantemente sul futu- ro dell’Egitto. Siamo ancora ben lon- tani dall’aver gettato le basi per uno Stato di diritto. Ma se guardo a ciò che è avvenuto in questo anno, e provo a trarre un bilancio delle Primavere arabe, allora il mio pessimi- smo si attenua, perché quelle istanze di libertà e di giustizia sociale che sono state alla base delle rivolte di popolo, in Tunisia come in Egitto, nello Yemen come in Siria, quelle istanze continuano ancora a vive- re».
A parlare è una delle figure più rappresentative nel panorama poli- tico egiziano:Ayman Nour, 47anni, fondatore del partito liberale El-Ghad (Il Futuro). Figura storica del dissenso in Egitto, principale oppositore del regime di Hosni Mubarak, per le sue batta- glie in favore dei diritti umani e della libertà di espressione, Nour è stato quattro anni in carcere. Nei giorni dell’insurrezione che ha portato alla caduta dell’«ultimo faraone» (Hosni Mubarak), Ayman Nour fu arrestato e torturato dalla polizia. Nel 2005, osò sfidare Mubarak alle elezioni presidenziali, ottenendo il secondo posto, risultato che ha contestato e per questo è tonato nel mirino del regime. Ayman Nour è uno dei candidati alle presidenziali egiziane del 2012.
«Il credito che i militari avevano ricevuto dal popolo in Piazza Tahrir – dice a l’Unità – è ormai esaurito».
Le cronache di questi giorni raccontano di Piazza Tahrir come di un campo di battaglia: morti, feriti, arresti.Come uscirne?
«L’ho ripetuto più volte in questi giorni segnati dal sangue e dalla repressione: il Consiglio Supremo di Difesa lasci immediatamente il potere. È il segnale di discontinuità che occorre lanciare. Più volte in passato ho chiesto di avviare un dialogo alla pari con i militari. Un appello lasciato cadere nel vuoto». Riferendosi agli scontri di questi giorni, il primo ministro Kamal al-Ganzouri ha affermato che essi rappresentano una “controrivoluzione”, messa in atto da “elementi infiltrati” che non “vogliono il bene dell’Egitto”.
«Sembra di risentire le accuse che il passato regime rivolgeva ai suoi oppositori, sulla base delle quali riempiva le carceri di oppositori. La tattica è sempre la stessa: criminalizzare ciò che non si accetta, evocare ingerenze esterne, usare la forza laddove non si ha la capacità, o la volontà, di offrire risposte convincenti sul piano politico. Alla base di quanto sta avvenendo c’è la delusione, la rabbia per quello che doveva essere e non è ancora stato. L’importante è mantenere i caratteri popolari e non violenti della rivolta. Democrazia non è solo votare; democrazia è trasparenza del potere, libertà di espressione garantita, è la fine dei tribunali speciali, espressione di quelle leggi d’emergenza che hanno caratterizzato i trent’anni del regi- me di Mubarak e che ancor oggi segnano la transizione. Democrazia è l’abbandono del potere da parte dei militari. Quanti rivendicano diritti e giustizia non minacciano la sicurez- za dell’Egitto,mamettono in discus- sione un potere che non rinuncia a condizionare la transizione».
La prima tornata elettorale ha segnato il successo dei partiti islamisti. Da laico, ciò la preoccupa?
«Non ne sono felice, questo è sicuro, ma non mi sento in pericolo.È necessario tracciare la strada in questa fase politica, attraverso una carta costituzionale rispettabile, delle leggi che completino la Costituzione e solo dopo potremo intraprendere la fase della competizione. Adesso occorrono collaborazione e coordinamento tra tutte le forze politiche ed è a questo che tendiamo assieme agli islamisti e agli altri, i liberali e la sinistra, inmododa arrivare ad uno sta- dio politico adeguato per avviare la competizione entrando dalla porta principale. I vertici militari hanno provato a dividere le forze d’opposizione, agitando lo spauracchio fondamentalista salvo poi provare a stabilire un patto di potere con gli isla- misti. Dividere per comandare: è il loro credo».
Tornando agli avvenimenti di questi giorni, di queste ore. I manifestanti di Piazza Tahrir gridano: “I militari ci rubano la democrazia”. Siamo a questo?
«Se non l’hanno rubata, la tengono in ostaggio, condizionandola pesan- temente. Siamo a uno snodo crucia- le per il mio Paese: non abbiamo combattuto un dittatore per vedere instauratounregime militare. Al pri- mo ministro al-Ganzouri e ai suoi sponsor in divisa, ripeto: la transi- zione democratica non è messa a ri- schio da una “controrivoluzione” ma da un colpo di stato militare».
I Fratelli Musulmani si sono dichiarati scioccati dalla repressione in atto e hanno chiesto che i militari si scusino.
«Le scuse non bastano. Devono la- sciare il potere. Immediamente».

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