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Rassegna Stampa
12.09.2011 Il delirio di Luigi Bonanate
La 'primavera araba' sarebbe un bene che discende dall'attentato alle Twin Towers?

Testata:
Autore: Luigi Bonanate
Titolo: «La speranza araba e i ritardi dell'occidente»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 12/09/2011, a pag. 29, l'articolo di Luigi Bonanate dal titolo " La speranza araba e i ritardi dell'occidente ".


Luigi Bonanate, 11 settembre

La 'teoria' di Luigi Bonanate è tutta riassunta nella prima frase del suo articolo : "È possibile che da un male come l’attacco alle Twin Towers discenda un bene come lo sbocciare delle rivoluzioni nord-africane? ". Non è ben chiaro quale sia illegame fra l'11 settembre e le rivolte arabe. Quale sarebbe il nesso? E comunque definire 'bene' le rivolte è impossibile. E' un bene l'ascesa di islamisti anti occidentali ? Basta vedere la trasformazione dell'Egitto per rendersi conto di ciò che sta succedendo.
Bonanate continua : "
Tra le cose che hanno visto c’è appunto l’insopportabile indifferenza del mondo occidentale per la questione palestinese. Sia ben chiaro: nulla contro Israele, che fa razionalmente (anche se cinicamente) la sua parte: il vero problema siamo noi, ". Nulla contro Israele, ringraziamo Bonanate per questo slancio di sionismo sincero...non è ben chiaro che cosa intenda quando scrive che Israele fa la sua parte per risolvere il conflitto israelo-palestinese ma che lo fa cinicamente. Ma non ci aspettiamo molta chiarezza da Bonanate che, presumibilmente, intendeva dire che Israele partecipa ai negoziati e non cede a tutti i ricatti della controparte (per questo è cinico?).
Bonanate conclude così il suo articolo: "
Il rischio che il mondo corre, a girare gli occhi da un’altra parte, è che Israele ricada all’indietro di mezzo secolo, e torni ad essere oggetto di un’ostilità parossistica. Ecco perché è auspicabile che da un male discenda finalmente un bene. ". Che cosa dovrebbe succedere? Un altro attentato in stile 11 settembre? Così si risolverà il conflitto in Medio Oriente? Magari Bonanate potrebbe suggerire qualche bersaglio?
Ecco l'articolo:

È possibile che da un male come l’attacco alle Twin Towers discenda un bene come lo sbocciare delle rivoluzioni nord-africane? È curioso come in questi giorni, in cui l’attenzione mondiale è concentrata sull’ovvia commemorazione dell’11 settembre, una delle considerazioni più volte ripetuta sia proprio quella che ricollega la crisi dell’egemonia americana, che sarebbe seguita alla perdita di invulnerabilità territoriale e di insuperabilità monetaria, allo sviluppo di una serie di movimenti che, dalla Tunisia alla Siria, passando - non sempre per il meglio - dall’Egitto, hanno dato finalmente ossigeno e speranze a milioni e milioni (un paio di centinaia) di persone, del tutto inesperte in fatto i libertà civili, democrazia, diritto di critica e dissenso.
Una meraviglia: sta succedendo a quei popoli ciò che in Occidente era avvenuto più di due secoli fa, e che l’Occidente stesso non si era mai preoccupato - diciamocelo ben chiaro - di esportare in quei territori che aveva preso l’abitudine di sfruttare brutalmente. Non è più di moda parlare del colonialismo storico, ma non possiamo dimenticare che tutto ciò che succede nel Vicino Oriente (chiamiamolo così, per una volta, per ricordare proprio come lo consideravamo un tempo) ne è l’eredità diretta, specie perché i pochissimi tentativi originali e spontanei fatti da governanti di un tempo (leggi: Nasser) di modernizzare laicamente l’Africa del Nord furono ottusamente contrastati come manovre moscovite. Dopo di allora la questione israelo-palestinese fu considerata l’asse portante (insieme al petrolio, ma quella è una storia ancora più complicata e sgradevole) della politica mediorientale, e in quanto tale intoccabile. È mai possibile che un mondo che è stato capace di risolvere immense questioni sociali, che vanno dalla lotta a malattie che parevano incurabili al superamento di un socialismo inesistente (altro che “reale”!), dallo sviluppo economico e tecnologico strabiliante a opere d’arte e frutti di intelligenza straordinari, ebbene che questo mondo che è arrivato sulla luna, Marte poi chi sa dove, non abbia mai potuto soffermarsi un attimo a riflettere su un conflitto che dura da più di sessant’anni e che è stato regolarmente rinfocolato da tutti gli altri momenti alti, gravi e importanti della storia contemporanea? Una risposta a questa deludente constatazione viene proprio dal nesso 11 settembre/primavera nord-africana: può darsi che la conclamata crisi dell’egemonia statunitense sia stata, dapprima, la condizione per la perdita della capacità americana di dirigere autoritariamente le vicende mondiali, accentuata dalle fallimentari guerre afghana e irachena, che hanno gettato su Ground zero l’ombra di un gigante che ha perso l’orientamento: tutto ciò ha fatto sentire le società nord-africane come improvvisamente libere dai vincoli che hanno portato sulle spalle per secoli, e hanno incominciato a guardarsi tra loro, a discutere di politica... Tra le cose che hanno visto c’è appunto l’insopportabile indifferenza del mondo occidentale per la questione palestinese. Sia ben chiaro: nulla contro Israele, che fa razionalmente (anche se cinicamente) la sua parte: il vero problema siamo noi, l’Occidente, ignavo e imbelle, incapace cioé di affrontare un problema certo immenso come quello israelo-palestinese, ma proprio per questo ancora più necessariamente risolvibile. Il rischio che il mondo corre, a girare gli occhi da un’altra parte, è che Israele ricada all’indietro di mezzo secolo, e torni ad essere oggetto di un’ostilità parossistica. Ecco perché è auspicabile che da un male discenda finalmente un bene.

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