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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
20.07.2011 Sinistra,Bersani,Unità, Hamas: continua la campagna promozionale del PD
Maestro d' orchestra Umberto De Giovannangeli

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «L'unità è la via obbligata- Sostegno in Europa per la diplomazia della pace»

Continua oggi, 20/07/2011, a pag.28-29,  sull'UNITA' la campagna promozianale che mira a presentare Hamas come un partner accettabile nelle trattative di pace. E' ormai una scelta di campo chiarassima, la conduce Udg, molte interviste, domande accomodanti che non prevedono repliche alle risposte, come nel caso di quella che segue. Accompagnate alle dichiarazione di quegli israeliani tipo Amira Hass, Avraham Burg, in genere quella sinistra quasi scomparsa dalla Knesset che cerca di aggrapparsi a qualunque posizione pur di rientrare nel gioco politico. Perchè Udg non chiede cosa ne pensano a sinistra di Burg ? E'la figura politica più screditata che esiste in Israele, eppure Udg o non lo sa o evita di ricordarlo ai lettori.
Ecco i due articoli. Nel primo, un'intervista a Ismail Haniyeh, capo di Hamas a Gaza, nella quale si fa anche il nome di Jamal Khundari, quali figura di spicco nel futuro governo unitario Hamas-Anp, presentato come un leader accettabile. Lo scrive Udg, che ritiene anche  Haniyeh presentabile, poco conta  che sia stato il braccio destro dell'imam Yassin, il teorico del terrorismo.

Umberto De Giovannangeli: " L'unità è la via obbligata "

È il primo ministro di Hamas nella Striscia di Gaza. È stato tra gli artefici dell'Accordo di riconciliazione nazionale palestinese siglato al Cairo agli inizi di maggio. Gli analisti indipendenti indicano Ismail Haniyeh come il capo dell'ala «pragmatica» del movimento islamico e concordano suun punto cruciale: la sua parola sarà decisiva nel varo del governo di unità su cui punta il presidente dell'Autorità nazionale palestinese,MahmudAbbas (Abu Mazen). A l'Unità, in un passaggio cruciale nella crisi israelo- palestinese Haniyeh dice: «La riconciliazione nazionale è una via obbligata. Per tutti. Divisi facciamo il gioco del nemico L'unità è un pilastro della resistenza all'occupazione ».
L'Accordo di riconciliazione nazionale siglato il 4 maggio scorso tra Hamas e al Fatah si è arenato? Tutto è tornato in alto mare?
«No, le cose non stanno così. Difficoltà esistono, sarebbe sbagliato nasconderlo, maindietro non si torna. La riconciliazione nazionale è una via obbligata. Per tutti. Ed è un pilastro della resistenza all'occupazione ».
Più volte lei ha sostenuto che Israele comprende solo il linguaggio della forza. Ma nel «linguaggio di Hamas» esiste la parola «negoziato»?
«Certo che esiste, ma essa non è sinonimo di resa...». Anchechiharitenutounerroreescludere Hamas dal processo di pace, vi chiedeunatto di apertura: riconoscere lo Stato d'Israele.. «È come se si chiedesse alla vittima di riconoscere, legittimandolo, il suo carnefice. Ma su questo punto voglio essere ancora più esplicito: qualsiasi riconoscimento non può che essere parte di un negoziato, non la sua pregiudiziale. Hamas è pronto a negoziare una hudna (tregua) di lunga durata con Israele. A condizione che venga posto fine al blocco di Gaza e alla colonizzazione dei Territori occupati palestinesi, compresa Al-Quds (Gerusalemme). L’obiettivo che accomuna tutte le fazioni palestinesi che hanno sottoscritto l’accordo di riconciliazione è di realizzare lo Stato di Palestina sui territori occupati da Israele nel 1967, senza cederne neanche un centimetro. Uno Stato con al-Quds (Gerusalemme) come suo capitale».
A Gaza, Hamas controlla gli apparati di sicurezza. Sarà così anche in futuro? «Unodei punti dell'Accordo del Cairo riguarda la riorganizzazione dei servizi di sicurezza che dipenderanno dal nuovo governo. È chiaro che in questo quadro, tutte le fazioni che hanno sottoscritto l'Accordo, e tra queste al Fatah, saranno chiamate a gestire la sicurezza, nella Striscia come in Cisgiordania». Incontrando recentemente a RamallahilsegretariodeiDemocraticiitaliani, Pier Luigi Bersani, il presidente dell'Anp ha affermato che i ministri del governo di transizione saranno scelti da lui e dovranno riconoscere Israele...
«Il presidente Abbas fa riferimento ad un esecutivo-ponte, del quale Hamas non farà parte. I colloqui in corso riguardano il governo di riconciliazione ed esso, lo ripeto, nascerà sulla base di quanto sancito dall'Accordo del Cairo.Ein quell'Accordo non c'è una pregiudiziale sul riconoscimento d'Israele».
Si discute su chi dovrebbe essere il premierdelgovernodi riconciliazione. Hamas ha mire in proposito?
«No, ciò che chiediamo è che nella composizione del governo sia valorizzata la realtà di Gaza, la sua gente, quella che ha resistito eroicamente, e continua a farlo, all'assedio israeliano e agli attacchi armati del nemico. A Gaza esistono figure indipendenti che sarebbero all'altezza di questo compito...».
Tra i nomi che circolano con maggiore insistenza c'è quello di Jamal Khudari, 56 anni, leader del «Comitatopopolarecontrol’assedio diGaza »...
«Posso dirle che si tratta di una candidatura degna. Ciò che conta, enon solo per Hamas, è riconoscere l’importanza che la resistenza diGazaha avuto nel mantenere alta l’attenzione nel mondo sulla causa palestinese».
In moltisostengonoche èimproponibileunnegoziato conungoverno palestinese con dentro Hamas..,
«La logica va ribaltata. Un credibile accordo di pace non può escludere chi rappresenta metà del popolo palestinese ed ha vinto, è bene ricordarlo, le prime e uniche elezioni libere in Palestina (gennaio 2006, ndr). La verità è che chi continua a escludere Hamas vuole mantenere lo status quo. Uno status di guerra».
Una riconciliazione si «nutre» anchedi atti simbolici.Aquandola visita di Abu Mazen a Gaza?
«Spero al più presto. Il presidente Abbas è benvenuto a Gaza».
Il presidente Abbas punta molto sul riconoscimento da parte dell’AssembleageneraledelleNazioni Unite dello Stato di Palestina...
«Èuna iniziativa cheHamassostiene. Il mondo non deve sottostare ai diktat israeliani».
Come valuta la «Primavera araba»?
«Positivamente. Di fronte a rivolte di popolo non c’è regime che può tenere. Guardando agli avvenimenti di questi mesi, non vi è dubbio che queste rivoluzioni hanno influenzato sia Hamas che al Fatah. Dovevamo scegliere se entrare in sintonia con quelle rivoluzioni o chiamarcene fuori. Per quanto ci riguarda, abbiamo scelto la prima strada».

Umberto De Giovannangeli: " Sostegno in Europa per la diplomazia della pace "


Abu Mazen                            Avraham Burg

 Portare tutte le fazioni palestinesi ad accettareuna pace fondata sul principio «due popoli, due Stati». Isolare le frange più radicali e i loro sponsor di Teheran. Fare di una riconquistata unità interna un punto di forza per dimostrare alla Comunità internazionale e all’opinione pubblica israeliana di non essere l’«anatra zoppa» palestinese ma un leader in grado non solo di sottoscrivereunaccordo di pace ma, ed è ciò che più conta, avere la forza per farlo rispettare. È la scommessa di Mahmud Abbas (Abu Mazen), presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Il viaggio de l’Unità in una Palestina politica in fermento, inizia dalla Muqata, lo storico quartier generale dell’Anp in Cisgiordania.  Èqui, l’11 luglio scorso, che è avvenuto l’incontro tra Abu Mazen e il leader dei Democratici italiani, Pier Luigi Bersani, in missione in Medio Oriente. Al segretario del Pd, Abu Mazen aveva ribadito i pilastri della sua «sfida» di pace: il rispetto di tutti gli accordi finora sottoscritti dall’Anp con Israele; la ricerca di un accordo globale che nonaccantoni alcuna delle questioni strategiche aperte: dai confini dei due Stati alun compromesso sul diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi del ‘48, dallo status di Gerusalemme al controllo delle risorse idriche. «La scelta del dialogo è per noi irreversibile», aveva detto il presidente palestinese al suo interlocutore italiano, aggiungendo però che per essere produttivo «il dialogo deve fondarsi sul riconoscimento delle ragioni dell’altro, e con l’attuale governo israeliano questa appare una impresa improba». 
«Sostenere gli sforzi di Abu Mazen è nell’interesse d’Israele, perché è una pericolosa illusione ritenere che con la forza possiamo mantenere lo status quo», dice a l’Unità l’ex presidente della Knesset (Parlamento) israeliano, Avraham Burg,unodei promotori della manifestazione che ha visto sfilare nei giorni scorsi a Gerusalemme, uno accanto all’altro israeliani e palestinesi: erano quasi 5mila i partecipanti ad una iniziativa che ha parlato alle due società, e alle loro leadership. «Mahmud il moderato» ha mostrato gli artigli e ha deciso di scommettere sull’unità interna palestinese. Un’unità nella chiarezza. «Perché l’Accordo del Cairo - ci dice Nemer Hammad, consigliere politico di Abu Mazen, per lungo tempo “ambasciatore” dell’Olp in Italia - affida al presidente Abbas e solo a lui la conduzione dei negoziati con Israele ». Una investitura approvata anche da Hamas. «La pace non può tagliar fuori metà di un popolo, per questo è da sostenere il tentativo di portare nell’ambito negoziale una forza rappresentativa come Hamas»: a sostenerlo non è un «pericoloso fondamentalista », ma un uomo che per il suo impegno di pace - la pace di Camp David tra Israele ed Egitto - ha meritato il premio Nobel per la pace, l’ex presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter. Al leader del Pd, Abu Mazen ha ribadito la sua volontà di non ripresentarsi alle prossime elezioni presidenziali, ma al tempo stesso ha dato prova di fermezza e determinazione: «Lo Stato di Palestina nascerà - ha affermato - a fianco d’Israele». Sostenerlo è un investimento sul futuro. Un futuro di pace

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