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Rassegna Stampa
17.07.2011 Se ci fosse Prodi alla presidenza del governo italiano
Udg ci conferma come l'Italia voterebbe all'Onu

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Abu Mazen lancia l' 'intifada diplomatica'»

L'articolo di Umberto De Giovannangeli sull'UNITA' di oggi, 17/07/2011, a pag.26, con il titolo " Abu Mazen lancia l' 'intifada diplomatica'. Obiettivo il sì Onu allo Stato di Palestina", non contiene nulla di nuovo rispetto a quanto già letto nei giorni scorsi. Lo riprendiamo, perchè l'ultimo capoverso  "El’Italia? «Ci auguriamo che Berlusconi ritorni sui suoi passi - dice a l’Unità il capo negoziatore dell’Anp, Saeb Erekat - e non si appiattisca sulle posizioni di Netanyahu. In questo senso è importante il sostegno del leader dell’opposizione» Pier Luigi Bersani, che nell’incontro di martedì scorso a Ramalla con Abu Mazen e il premier Fayyad, aveva affermato il sostegno del Pd, in un quadro europeo, alla risoluzione sullo Stato di Palestina" ci stimola una riflessione.
Se ci fosse un governo Prodi (o Bersani o qualunque altro nome del centro sinistra) al posto dell'attuale governo Berlusconi, Udg non potrebbe scrivere, come invece scrive "..previsto il no del governo Berlusconi". Come Bersani ha confermato a Abu Mazen il PD è per il sì in favore dell'autoproclamazione all'Onu dello Stato palestinese.
E' bene ricordarlo,e, soprattutto, non dimenticarsene quando si analizza la poltica estera dell'Italia.
Ecco l'articolo:


La guida che Abu Mazen augura all'Italia

L’offensiva diplomatica entra nel vivo. Indietro non si torna. Lo Stato di Palestina passa per il Palazzo di Vetro. Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmud Abbas (Abu Mazen) è impegnato da ieri in un nuovo tour in Europa e Turchia con l'obiettivo di rafforzare il consenso alla richiesta di riconoscimentoOnud'uno Stato palestinese con Gerusalemme est capitale, entro i confini del 1967. Riconoscimento che dovrebbe essere portato al vaglio dell'Assemblea generale a settembre, malgrado le recriminazioni israeliane e le pressioni contrarie degli Usa, a meno di un improbabile superamento in extremis dello stallo negoziale con l'attuale governo d'Israele. Il tour prevede in particolare tappe a Oslo, Madrid e Ankara. E mira fra l'altro a incassare la conferma pubblica dell'atteso sostegno di Norvegia, Spagna e Turchia all'iniziativa, tale da dareunsegnale all'interno della Nato e/o dell'Ue. OBIETTIVO 2/3 L'Anp, appoggiata all'unanimità dalla Lega Araba, non può puntare all'ammissione della Palestina quale membro a pieno titolo dell'Onu, poichè questo passaggio - stando alla prassi - richiederebbe il placet del Consiglio di sicurezza: dove è scontato il veto di Washington. Può tuttavia confidare nella maggioranza dei due terzi in seno all' Assemblea generale, sufficiente a garantirle - oltre a un risultato simbolico sul piano politico e diplomatico - la promozione da entità osservatrice a Stato osservatore nelmaggiore consesso mondiale: status identico a quello di Città del Vaticano o Svizzera. Secondo alcuni analisti, un epilogo del genere (pur senza produrre concreti cambiamenti nei territori occupati) potrebbe intensificare la pressione legale su Israele e mettere in una condizione d'imbarazzante isolamento gli stessi Usa. Soprattutto se l'Ue dovesse confermare la spaccatura fra i «no» garantiti d'Italia e Germania, i «sì» certi i Spagna e Paesi scandinavi e quelli possibili (di grande peso, in termini d'immagine) di Franciao GranBretagna. Israele, dal canto suo, ha già minacciato un ulteriore irrigidimento sul fronte del processo di pace, se i palestinesi andranno avanti al di fuori di accordi diretti. Mentre non trova alcuna eco nelle posizioni ufficiali il sentimento delle 4.500 persone, ebrei e arabi, che proprio l’altro ieri hanno partecipato a Gerusalemme - su iniziativa di gruppi israeliani di sinistra e pacifisti e figure politiche anticonformiste come l'ex presidente laburista della Kneset (Parlamento) Avraham Burg - a un insolito raduno unitario in favore del riconoscimento Onu della Palestina: visto ormai comespinta estrema verso la soluzione dei «due Stati per due popolì».Un passo indietro nel tempo. Dodici luglio: a conclusione di un colloquio a Ramallah col presidente greco Karolos Papulias, Abu Mazen spiega che la mancata pubblicazione di un comunicato del Quartetto (Usa,Ue, Onu, Russia) al termine della sua seduta sul processo di pace israelo-palestinese, «è un segno di contrasti tra i membri» di questo foro. «Noi - prosegue - vogliamo che si accordino per tornare così alla nostra scelta fondamentale: i negoziati (con Israele) se però cessa la colonizzazione (israeliana in Cisgiordania) e se Israele accetta la linea (armistiziale)del 1967 come termine di riferimento per le trattative» sui confini del costituendo Stato palestinese. L’ITALIA CI RIPENSI In mancanza di alternative, rimarca Abu Mazen, «andremo all' Onu; noi speriamo di andarci col sostegno degli Usa e ci auguriamo che nonfacciano invece uso del loro veto » al Consiglio di Sicurezza per impedire l'ammissione di uno Stato palestinese come membro dell' Onua pieno titolo.El’Italia? «Ci auguriamo che Berlusconi ritorni sui suoi passi - dice a l’Unità il capo negoziatore dell’Anp, Saeb Erekat - e non si appiattisca sulle posizioni di Netanyahu. In questo senso è importante il sostegno del leader dell’opposizione» Pier Luigi Bersani, che nell’incontro di martedì scorso a Ramalla con Abu Mazen e il premier Fayyad, aveva affermato il sostegno del Pd, in un quadro europeo, alla risoluzione sullo Stato di Palestina

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