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Rassegna Stampa
23.02.2011 Creare uno Stato binazionale, il sistema per eliminare Israele in maniera 'democratica'
Udg e Gonnelli, però, la pensano al contrario

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli - Rachele Gonnelli
Titolo: «Il dialogo possibile oltre i cliché per far radicare i 'Semi di pace'»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 23/02/2011, a pag. 33, l'articolo di Umberto De Giovannangeli e Rachele Gonnelli dal titolo " Il dialogo possibile oltre i cliché per far radicare i 'Semi di pace' ".


Mustafa Qossoqsi

Udg e Gonnelli riportano le dichiarazioni di Mustafa Qossoqsi, psicoterapeuta palestinese, e Asher Salah, docente di cinema  e critico cinematografico israeliano. I due rispondono a domande sul conflitto israelo-palestinese.
Qual è la soluzione ? Entrambi concordano sullo Stato binazionale, ossia sulla cancellazione di Israele.
Udg e Gonnelli non commentano, troppo in estasi per tutto il buonismo e la banalità delle dichiarazioni dei due intervistati.
Il terrorismo palestinese? Argomento non affrontato nè dai giornalisti nè dagli intervistati, chissà perchè. Viene invece ripetuta l'accusa a Israele di non essere uno Stato democratico. Salah non condivide, ma si guarda bene dal far notare che non è in Israele a mancare la democrazia. Senza andare troppo lontano, basta guardare che cosa sta succedendo a Gaza e a Ramallah, la prima ostaggio di un gruppo terrorista, la seconda in mano a un dittatore falso moderato che continua a promettere elezioni senza mantenere la parola da più di due anni.
Ecco il pezzo:

Superare la sindrome da stato di assedio in un Medioriente infiammato da nuove instabilità e anche da nuove speranze. Disinnescare il conflitto tra palestinesi e israeliani attraverso il riconoscimento dell'altro. È ciò che cercano di fare gli ospiti di «Semi di pace», serie di iniziative in varie città italiane organizzate in questi giorni dalla rivista Confronti, che nella sua 13 edizione ha fatto tappa ieri in un Forum a l'Unità. A rispondere alle domande dei lettori online, Mustafa Qossoqsi, palestinese, psicoterapeuta che si occupa in particolare dell'elaborazione del conflitto nei bambini, israeliani e palestinesi, e Asher Salah, israeliano, critico cinematografico e docente di cinema che con le sue opere cerca di destrutturare gli stereotipi culturali che impediscono un reale confronto di esperienze. Qossoqsi, che nelle sedute fa scambiare i ruoli ai ragazzini costretti così a impersonare le ragioni dell'altro, ritiene «inevitabile» che «prima o poi» i due popoli conviveranno in un unico Stato. «Gli uni potranno continuare a chiamare Palestina la terra che per altri si continuerà a chiamare Israele perchè non è detto che la mappa emotiva e quella geografica debbano coincidere». Anche per il regista israeliano d'origine italiana Salah è auspicabile che si arrivi «ad un accesso paritario a diritti e servizi in uno Stato binazionale». I distinguo, è chiaro, sono notevoli. Per il medico palestinese la situazione attuale è «di un regime molto simile all'apartheid», sia per la discriminazione degli arabo-israeliani sia nell'accesso alle risorse. Per il cineasta israeliano «par-lare di apartheid è fuorviante, visto che io ho studenti anche palestinesi e gli arabo-israeliani godono di diritti e rappresentanza politica alla Knesset». In ogni caso per entrambi sarà giocoforza passare da una fase di due Stati, anche per ridimensionare le ansie nazionalistiche dei due popoli ed educare ad una collaborazione basata sulla «reciprocità», parola fondamentale per entrambi, come sottolinea anche il moderatore Gian Mario Gillio, direttore di Confronti. Diversi gli accenti, ma non reciprocamente minacciosi, anche sulla questione spinosa del dissenso e della censura in Israele, dove proprio in questi giorni è arrivata in seconda - e non ultima - lettura una legge che vieta il boicottaggio dei prodotti provenienti dai territori sotto occupazione o dalle colonie abusive. Per il palestinese «è difficile non notare come mentre nel resto del Medioriente si stia vivendo un movimento che chiede più libertà e controllo dal basso, la democrazia in Israele stia vivendo un periodo di regressione e ripiegamento». Per l'israeliano «le attività di boicottaggio sono pericolose e preludono tra l'altro a contro-boicottaggi, inoltre l'embargo culturale che alcuni promuovono non può che impoverire il pluralismo e il confronto». Salah è pessimista sulla possibilità che la nuova frontiera di Internet e l'aumento della conoscenza sul conflitto di per sè riesca a disinnescarlo. «Lo pensavo ma poi mi sono accorto che i clichè non sono frutto solo di ignoranza, a volte si rafforzano all'aumentare del contatto». L'incontro insomma può tradursi in un semplice scontrose il contesto non cambia e si persevera in una «competizione tra vittime». Ottimista invece lo psicoterapeuta sulla possibilità che affrontare la sofferenza psichica serva a riconoscere il nucleo umano comune all'altro. Anche se ha sperimentato che «i più resilienti sono più immuni agli stereotipi». Pace e libertà, sono d'accordo, vanno insieme. Sperando che anche il pubblico italiano su questi temi riesca nella stessa civiltà di confronto.

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