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Rassegna Stampa
04.12.2010 A Moni Ovadia gli va bene tutto, anche Hamas
Sono le ragioni di Israele a non interessarlo

Testata:
Autore: Moni Ovadia
Titolo: «Segnali dalla palude»

Non è l'autorevolezza di Moni Ovadia negli affari di politica internazionale a spingerci a riprendere la sua colonna dall' UNITA' di oggi, 04/12/2010, a pag.48 dal titolo " Segnali dalla palude". Se lo facciamo è per rilevare quanto la sinistra, da quella estrema a quella che ama presentarsi per 'moderata' ragioni come un disco rotto. Gli va bene qualunque ricetta, purchè contenga la parola magica 'pace'. Poco importano le conseguenze, che Oslo abbia portato danni proprio a chi vorrebbe raggiungere un accordo, è un dato insignificante, la parola 'pace' rende presentabile persino Hamas. A Moni Ovadia, naturalmente.
Ecco il pezzo:


Moni Ovadia

La stagnazione della situazione israelo-palestinese che ha fatto di quello scacchiere geopolitico una vera palude, refrattaria ad ogni seria azione di prosciugamento, comincia a dare segnali di fibrillazione. Sullo scenario di un retorico tira e molla di finte trattative ha fatto la sua comparsa la prima vera proposta di pace su iniziativa interamente israeliana. Il proponente è il figlio del generale Itzkhak Rabin, il premier israeliano assassinato per avere voluto la pace sulla base degli accordi di Oslo. Il figlio di Rabin è sostenuto da importanti esponenti dell’imprenditoria privata e ha basato il suo piano di pace sull’iniziativa del re Abdallah di Arabia Saudita del 2002. Una proposta seria e realistica totalmente snobbata dai governi israeliani. Questa proposta del giovane Rabin, quella di Abdallah, così come quella di Ginevra del 2004, una vera e propria pace costruita da importanti esponenti delle opposizioni israeliana e palestinese, fra cui Yasser Abder Rabbo e Shlomo Ben Amì, mostrano che coloro che sui due fronti del conflitto davvero aspirano alla pace, si incontrano. Una novità arriva anche da Hamas. Suoi esponenti autorevoli hanno dichiarato che qualorauna proposta di pace definitiva fra israeliani e palestinesi fosse confermata da un referendumpopolare, Hamassarebbe disposta ad accettarla e sottoscriverla. Per la prima volta dal naufragio di Oslo si sente un linguaggio diverso da quello dei disastrosi “piccoli passi” di chi non vuole pagare i prezzi richiesti da un vero accordo. Ma la vera domanda è: finché in Israele c’è al governo unacoalizione sostenuta da razzisti e da fanatici religiosi colonialisti, finché la democrazia israeliana non ha una vera opposizione parlamentare, è pensabile dare realtà a queste nobili intenzioni?

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