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Rassegna Stampa
25.10.2010 Le calunnie di Mary Robinson su Israele
piacciono molto a Udg, che le riporta senza mai metterle in dubbio

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Nell’inferno Gaza due anni dopo. Il blocco israeliano è una vergogna»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 25/10/2010, a pag. 24, l'articolo di Umberto De GIovannangeli dal titolo " Nell’inferno Gaza due anni dopo. Il blocco israeliano è una vergogna ".


Mary Robinson

Udg raccoglie nel suo articolo alcune dichiarazioni di Mary Robinson, professionista dell'odio per Israele, sulla situazione in Medio Oriente.
E' tutto un susseguirsi di menzogne e calunnie a danno dello Stato ebraico e con l'unico scopo di convincere il lettore che Israele sta rendendo impossibile agli arabi vivere a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza.
Gerusalemme è la capitale di Israele, è nei diritti del municipio abbattere case abusive, costruire parchi e finanziare scavi archeologici.
Per quanto riguarda la 'colonizzazione', gli insediamenti illegali vengono da sempre smantellati. Israele si limita a costruire nelle città che, secondo quanto stabilito dagli scambi di territori, non faranno parte dello Stato palestinese ma di quello ebraico.
Robinson arriva a incolpare Israele e il blocco navale imposto a Gaza dell'estremismo dilagante e del potere sempre maggiore di Hamas.
Dal momento che il blocco è stato imposto a Gaza dopo l'ascesa di Hamas, è difficile sostenere che Israele sia il responsabile della sua violenza e del suo potere. Semmai il contrario.
Ma è evidente che a Mary Robinson interessa esclusivamente la propaganda contro Israele. La verità non fa per lei, nè per il suo compagno di viaggio Jimmy Carter, nè per il genuflesso Udg.
Ecco l'articolo:

Guardare con i propri occhi certe situazioni vale molto di più di tanti documenti, saggi, analisi...E ciò che abbiamo visto con i nostri occhi a Gerusalemme Est come nella Striscia di Gaza, dà conto di una realtà scioccante, di una situazione insostenibile ». Gli occhi sono quelli di MaryRobinson, ex presidente irlandese – la prima donna capo di Stato in Irlanda, già Alto commissario Onuper i Diritti Umani. Assieme all' ex presidente Usa Jimmy Carter e a Ela Bhatt (fondatrice dell'associazione delle imprenditrici indiane) Mary Robinson, oggi presidente di Realizing Rights: l'Ethical Globalitation Iniziative, ha intrapreso nei giorni scorsi una missione in Medio Oriente, partita da Gaza e che ha fatto tappa anche al Cairo e aDamasco, per concludersi a Ramallah e Gerusalemme in una serie di colloqui con dirigenti palestinesi e israeliani. L'Unità ha avutomododi avvicinarla nelle visite a Silwan, quartiere orientale a maggioranza palestinese, di Gerusalemme e a Gaza City.
A Silwan l'ex presidente irlandese ha visto con i suoi occhi una realtà scioccante: quella a cui le autorità israeliane costringono «i residenti arabi a Gerusalemme Est». Robinson ha avuto mododi parlare con diverse famiglie di Gerusalemme Est: «Da tutti – dice a l'Unità – ho ascoltato storie di disagio, oppressione, paura, incertezza per il futuro». Per comprendere i quali nonservono documenti, saggi, analisi... «Per rendersene conto – annota Mary Robinson – basta un giro in autobus». Un giro che permette di prendere confidenza con una «città che sta cambiando faccia», e dove si accumulano fatti compiuti volti a «circondare e schiacciare i palestinesi: attraverso tunnel, strade, nuove attrazioni turistiche e case per coloni protette da schieramenti massicci di forze di polizia».
Una città blindata, una città che esclude. Una città, rimarca l'ex presidente irlandese, che «decine di famiglie palestinesi sono costrette a lasciare, in un esodo forzato silenzioso quanto devastante».Un panorama, denuncia l'ex Alto commissario Onu per i Diritti Umani, che nei fatti rappresenta «un serio ostacolo alla pace». Gli occhi si posano su una realtà che confligge con i buoni propositi, i «Nuovi inizi» di quanti, comeil presidente Usa Barack Obama pensa ad una pace fra israeliani e palestinesi fondata sul principio «due Stati per due popoli». «La colonizzazione dei Territori palestinesi – sottolinea Robinson – sta vanificando ogni possibilità di un accordo fondato su due Stati». All'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Barack Obama ha rilanciato le ragioni di una pace giusta, duratura, che per essere raggiunta esclude forzature unilaterali. Ma la realtà, annota con amarezza l'ex presidente irlandese, «è ben altra. La realtà sono le colonie in Cisgiordania trasformate in vere e proprie città. La realtà è la Barriera di sicurezza che si è insinuata in profondità nella Cisgiordania occupata, spezzandola in tanti frammenti territoriali, dividendo villaggi, distruggendo campi coltivati...Su quale territorio dovrebbe fondarsi uno Stato palestinese? Nessuno - aggiunge – discute il diritto d'Israele alla difesa, macon la stessa convinzione aggiungo che la colonizzazione dei Territori palestinesi nonha nulla a che vedere con quel diritto». Una riflessione pessimista, che si acuisce in tal senso nella tappa che Robinson, Carter e Bhatt fanno nella Striscia di Gaza. «Ero stata a Gaza nel 2008, prima della guerra – racconta Mary Robinson -. Oggi la situazione è ulteriormente deteriorata. Ritengo che per la Comunità internazionale sia una vergogna accettare che il blocco israeliano prosegua». «A Gaza – rileva Robinson – non siamo alle prese con una crisi umanitaria ma ad una crisi politica e come tale va affrontata e risolta. “Sono rimasta scioccata – racconta Mary Robinson – dalla situazione determinata dal blocco su Gaza, in termini di perdita di mezzi di sostentamento, di limitazioni al movimento di persone e merci...A Gaza sono ancora in atto punizioni collettive contrarie allenorme del diritto umanitario internazionale ». “È stato straziante – afferma l'ex presidente irlandese - ascoltare le povere contadine del villaggio di Beit Hano, "La nostra terra è stata rasa al suolo," mi hanno detto. Abbiamoimparato a fare le candele, manon abbiamo la cera.... I nostri bambini sono affamati e gli ammalati non hanno medicine. Sono profondamente scioccata e costernata che questa stia diventando la "nuova normalità" a Gaza». «È inconcepibile e inaccettabile – insiste l'ex Alto commissario Onu per i Diritti Umani - che Israele e la comunità internazionale non hanno eliminato il blocco completamente per permettere agli abitanti di Gaza di ricostruire le loro vite e di essere parte di quel mondo ”globalizzato” e interconnesso che noi diamo per scontato». La crisi di Gaza è politica e su questo terreno che va ricercata una soluzione, incalza Mary Robinson. «Allo stato attuale – osserva – solo gli estremisti sono vincenti.Unanuova strada deve essere trovata, quella che assicura sia che gli israeliani possano vivere in pace e sicurezza e che il popolo palestinese, che ha sofferto troppo per troppo tempo, sia finalmente in grado di vivere con dignità». Una dignità che fatica a mantenersi viva sulle macerie di Gaza. «Ho avuto modo d'incontrare molti giovani – dice Robinson – e ciò che mihamaggiormente colpito e scioccato è che nei loro discorsi il futuro sembrascomparire inuneterno presente senza speranza.Unacondizione insopportabile oltre che profondamente ingiusta». A Gaza, la delegazione del gruppo degli Elders, gli anziani, che raccoglie ex leader e Nobel per la pace impegnati da anni sul fronte del dialogo internazionale e dei diritti umani – ha incontrato anche il leader di Hamas, Ismail Haniyeh. «Nonva dimenticato – annota in proposito Robinson – che Hamas ha vinto le elezioni parlamentari nel 2006. Escludere Hamas da un negoziato mi sembra una scelta sbagliata. La sicurezza d'Israele non può fondarsi sull'oppressione a cui è costretto il popolo palestinese».

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