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Rassegna Stampa
01.10.2010 Ascoltare solo le fonti contro Israele
Il flop della nave Irene secondo la disinformazione di Udg

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Noi ebrei pacifisti in rotta per Gaza picchiati dagli israeliani»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 01/10/2010, a pag. 26, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Noi ebrei pacifisti in rotta per Gaza picchiati dagli israeliani".

Notiamo come De Giovannangeli diffonde nei suoi articoli propaganda contro Israele. In questo caso riporta le dichiarazioni dei passeggeri della nave Irene diretta a Gaza e bloccata da Israele.
Udg riporta la notizia falsa secondo la quale l'operazione si sarebbe svolta in modo violento,  dato che sui media, anche su internet, è stato scritto l'opposto. E' il solito metodo-Udg, ascoltare solo le fonti avverse a Israele.
Facciamo precedere il suo articolo dal comunicato del portavoce dell'IDF su come si sono svolti i fatti. Chissà che anche Udg non lo legga e si faccia un'idea di che cosa è successo sul serio al largo di Gaza.

Comunicato del portavoce delle Forze Armate (IDF)


Le Forze di Difesa Israeliane della marina militare sono salite a bordo del catamarano “Irene", che è stato condotto al porto di Ashdod insieme ai suoi passeggeri.  

L'abbordaggio dell’imbarcazione è avvenuto senza incidenti e senza violenza di qualsiasi tipo, né da parte dei passeggeri dell’imbarcazione, né da parte delle forze navali di Israele.  

Prima di salire a bordo del catamarano, le navi della marina israeliana hanno trasmesso due avvisi al capitano dell’imbarcazione, informandolo del fatto che stesse infrangendo la legge, sia israeliana sia internazionale. Gli avvertimenti sono stati ignorati dal capitano dello yacht e dai suoi passeggeri che hanno ulteriormente proseguito la navigazione nella zona sotto blocco navale.  

L'IDF esprime il proprio rammarico per dover distogliere l'attenzione della Marina Militare di Israele dalla sua regolare attività operativa di difesa di Israele e dei suoi cittadini a causa di atti di provocazione come questo.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : "Noi ebrei pacifisti in rotta per Gaza picchiati dagli israeliani "


Gaza

Questa è la bella storia di eroi di pace. Yonatan, Reuben, Rami. La storia diun«capitano coraggioso» e del suo straordinario «equipaggio». L'«equipaggio dell'Irene». Ma questa è anche la brutta storia di soldati privi di umanità, che affrontano Yonatan, Reuben, Rami e gli altri loro sei compagni di avventura con lo stesso disprezzo riservato ai Nemici d'Israele. Grazie al prezioso contributo di Luisa Morgantini, già vice presidente del Parlamento Europeo e infaticabile animatrice dell'Associazione per la pace, e di Cecilia Dalla Negra, l'Unità può ricostruire ciò che è avvenuto dopo l'abbordaggio dell'«Irene» a largo delle coste di Gaza. E lo fa partendo da una testimonianza eccezionale: quella di Nurit Peled, accademica, Premio Sakharov del Parlamento Europeo. Nurit , è madre di Smadar, uccisa a 13 anni in un attacco suicida a Gerusalemme, ed è moglie di Rami El Hanan, uno dei passeggeri sull'«Irene» dell'organizzazione «Jewish for Justice for the Palestinians», che hanno cercato di rompere l'assedio di Gaza ma sono stati sequestrati dalle navi israeliane, Ecco il suo racconto. «Uscendo dall'interrogatorio, Yonatan sembrava come qualcuno appena uscito da un campo di prigionia: un lungo volto pallido e distorto. Erano gli stessi, feroci soldati che hanno attaccato la Mavi Marmara (nove attivisti uccisi, ndr). Erano tutti dietro di lui. Lo hanno picchiato, preso a calci, provocato. Gli altri passeggeri hanno detto che urlava e palpitava come un animale ferito, ma il mostro non ha voluto fermarsi. Quando Rami ha chiesto il nome al soldato, lui ha risposto: Geppetto. Adesso Rami è accusato di aver minacciato un soldato perché gli ha detto che avrebbe scoperto ugualmente il suo nome e lo avrebbe denunciato. Yonatan e Itamar (fratelli), che sono stati ammanettati e trascinati, e poi gettati violentemente a bordo di un' altra barca, sono adesso accusati di aver aggredito i soldati e di aver opposto resistenza all'arresto.. C'erano dozzine di commando completamente armati che li hanno assaltati a bordo della nave, 4 imbarcazioni da guerra. Un ufficiale dello Stato maggiore, Amidror, capo dell'Unità di ricerca della Israeli Defence Force (Idf) ha detto alla radio due giorni fa che Yonatan Shapira, un ex pilota dell'Air force, è « psicopatico e deve essere rinchiuso ». Nurit prosegue il suo racconto: «Ho reagito a questa affermazione, quindi mi hanno intervistata il giorno seguente. Ho detto loro che questo è quello che i russi hanno fatto a Sakharov, e che Yonatan è il figlio migliore di Israele ed un esempio per tutti i giovani di come le cose dovrebbero essere fatte. Molti giornalisti israeliani ci hanno avvicinato mentre aspettavamo che gli altri fossero rilasciati dall'interrogatorio: ma sembrava che ci vedessero più come una curiosità che come un'affidabile fonte di informazioni. «Il mondo intero – conclude Nurit - dovrebbe sostenere Yonatan e Itamar Shapira in questo momento, perché le forze di sicurezza sono certamente dietro di loro, e non ci sono limiti a quello che questi soldati potrebbero ordinare». Yonatan è tornato a casa. Riusciamo a raggiungerlo telefonicamente. «Nonci sono parole per descrivere ciò che abbiamo subito dopo l'abbordaggio », dice Yonatan Shapira, uno dei primi refusnik, i soldati israeliani che si sono rifiutati di prestare servizio nei Territori occupati. «Alcuni membri delcommando– racconta – ci hanno insultato ed io sono stato colpito con una pistola laser». Ma quello che brucia di più nonè il dolore fisico subito. Ciò che lascia il segno è l'odio che animava quelli che un tempo erano stati commilitoni di Yonatan. Eli Usharov, reporter di Canale 10, la Tv commerciale israeliana, conferma il racconto di Yonatan. «Contro di lui – afferma – è stata usata una pistola laser ». Yonatan dice di essere orgoglioso per ciò che ha fatto. E come lui i suoi compagni. «L'assedio a Gaza è un crimine – dice – e chi, ebreo o non ebreo, tace si fa complice di questo crimine».Yonatan hatenuto con sé il diario di bordo, dove ha annotato i momenti salienti del viaggio dell'«Irene ». L'Unità, con l'aiuto di Luisa Morgantini e Cecilia Dalla Negra, ne pubblica gli ultimi passaggi: «Siamo nella piccola barca dei Jews for Justice for Palestinians. Non abbiamo intenzione di combattere con l'Esercito, anche se ne avremmo tutto il diritto. Abbiamo scelto la nonviolenza come tattica e strategia, ma non intendiamo arrenderci facilmente fin quando non ammanetteranno e arresteranno il sopravvissuto all'Olocausto, il padre in lutto e fino all'ultimo passeggero sulla nave...Alle 6.12 del mattino, quando ci siamo avvicinati alla costa di Cipro con i primi raggi di sole - Itamar era al timone, Bruce e Glen stavano dormendo ed io stavo a prua, cercando di respirare aria pulita nonostante il fumo dei motori - improvvisamente una barca di media grandezza ci ha superati. Lo ha fatto passandoci piuttosto vicino, e ci è parso strano. Ci ha girato attorno da nord muovendosi verso ovest, ed era simile ad una piccola nave da guerra. Forse eravamo già un po' paranoici o forse no, e forse era semplicemente una barca della guardia costiera turca. In ogni caso, abbiamo iniziato a pensare e a figurarci come sarebbe stato il nostro incontro con la marina dell'Esercito israeliano, una volta arrivati alla costa di Gaza. Che cosa avrebbe fatto ognuno di noi, in che modo ci saremmo presi cura dei passeggeri, comeavremmoreagito se la motovedetta Dabur avesse attaccato la nostra piccola imbarcazione, comenegli incidenti precedenti ». «Allora – prosegue Yonatan - abbiamo deciso di scrivereuna dichiarazione in ebraico e in inglese, che leggeremo alla radio sul canale delle emergenze nautiche, quando elementi della Marina o dell'Air Force si avvicineranno a noi. Ecco quello che abbiamo scritto: Siamo una nave della organizzazione ebraica europea Jews for Justice for Palestinians.Siamo sulla nostra strada per Gaza. Non siamo armati e crediamo nella nonviolenza, e siamo determinati a procedere verso il porto di Gaza. Voi state imponendo un assedio illegale su Gaza. Queste sono acque internazionali e noi non riconosciamo la vostra autorità qui. Ci sono attivisti di tutte le età a bordo di questa nave. Tra di noi ci sono sopravvissuti all'Olocausto, genitori in lutto ed israeliani che rifiutano di conciliare se stessi con l'occupazione illegale dei Territori palestinesi. Siamo attivisti pacifisti e disarmati, che credono nella nonviolenza, e siamo determinati di andare avanti per la nostra strada verso il porto di Gaza. Facciamo appello a voi, ufficiali e soldati dell'Esercito israeliano, perché rifiutiate di obbedire agli ordini illegali dei vostri superiori. Per vostra informazione, l'assedio di Gaza è illegale secondo il diritto internazionale, e quindi state correndo il rischio di essere portati davanti ad una Corte internazionale di giustizia per crimini di guerra. L'assedio e l'occupazione sono disumani e contrari alla moralità universale ed ai valori dell'ebraismo. Usate le vostre coscienze. Non dite stavo solo obbedendo agli ordini. Ricordate la storia dolorosa del nostro popolo. Rifiutate di dare forza all'assedio. Rifiutate l'occupazione». Il sopravvissuto ai lager nazisti imbarcato sull'«Irene» è un signore di 82 anni dalla voce calda, decisa. Come la sua determinazione a non mollare quella che ReubenMoskovitch considera una battaglia di civiltà: «Mai – dice a l'Unità – avrei immaginato che soldati israeliani avrebbero potuto trattare in questo modo nove ebrei» . «Come sopravvissuto all'Olocausto - afferma – non posso accettare che lo Stato d'Israele imprigioni dietro le recinzioni e il filo spinato un intero popolo ». Quello di Reuben è un modo diverso di tenere viva la memoria di quella immane tragedia: fare di tutto, nel limite del possibile, perché un popolo di vittime non si trasformi in carnefice. «Ogni notte – racconta Reuben Moskovitch – mi sveglio ricordando ciò che subii, che subimmo nei lager nazisti. Quei bambini palestinesi imprigionati hanno lo sguardo implorante dei bambini ebrei di allora. Un popolo che è stato vittima di quella barbarie non può accettare un'occupazione immorale. Dobbiamo ribellarci». E a chi lo accusa di «aver versato deliberatamente benzina sul fuoco dell' odio verso Israele nel mondo», Reuben Moskovitch ribatte sereno: «Il vero eroe è colui che cerca di trasformare un nemico in un amico».

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