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Rassegna Stampa
13.08.2010 I diritti delle donne in Israele sono garantiti
Perchè Shulamit Aloni sostiene il contrario?

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Israele, quote rosa nella commissione sulla Mavi Marmara»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 13/08/2010, a pag. 23, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo "  Israele, quote rosa nella commissione sulla Mavi Marmara".


Tzipi Livni

Un articolo sulla proposta di far entrare una donna nella commissione sulla flottiglia, con una polemica sulle quota rosa in Israele.
Non entriamo nel merito della questione. Facciamo solo notare che nel parlamento israeliano ci sono anche donne e che, alle ultime elezioni, pur non essendo riuscita a formare un governo, ad ottenere più voti è stata una deputata donna, Tzipi Livni.
Ma secondo Shulamit Aloni: " 
La violenza è diventato il marchio delle relazioni sociali, tra i sessi in Israele. E questo è il frutto di una cultura della sopraffazione che continuiamo a praticare nei confronti dei palestinesi. Una deriva inarrestabile, di cui le donne sono tra le principali vittime ". Riesce difficile credere che in una democrazia le donne vengano discriminate come sostiene Aloni. In Israele le donne godono degli stessi diritti degli uomini, possono studiare, entrare in politica, lavorare, decidere di vivere da sole, vestirsi come desiderano, esprimere opinioni pubblicamente. Si può dire lo stesso dei Paesi limitrofi? A Gaza le donne come vivono? 
Shulamit Aloni è donna, è israeliana e non manca mai di esprimere la sua opinione contro Israele. Nessuno si è mai sognato di zittirla in quanto donna. Crede che potrebbe fare lo stesso in Paesi come l'Arabia Saudita?
A lasciare stupiti è la motivazione che, secondo Aloni, rende le donne israeliane vittime e discriminate, ossia la presunta "
cultura della sopraffazione " nei confronti dei palestinesi.
Ciò che interessa a Israele è la pace. Chi continua ad opporsi, ad avanzare richieste inaccettabili e a istigare all'odio e alla violenza è la controparte araba. Giustificare le eventuali differenze che esistono ancora tra uomo e donna in Israele con i rapporti difficili con i palestinesi è assurdo.
Ecco l'articolo:

Quote rosa nella Commissione d'inchiesta. E subito esplode la polemica. L'Alta Corte di Giustizia di Israele, che funge anche da Corte Suprema, ha imposto allo Stato di discutere entro il 29agosto l'inclusione di almeno una donna al fianco dei cinque membri della Commissione di inchiesta sul mortale blitz della marina alla «Freedom Flotilla ». Durante il blitz nove passeggeri della nave turca «Mavi Marmara » furono uccisi. L'ordine della Corte è stato emesso dopo la risposta del premier, Benjamin Netanyahu, che aveva detto al tribunale «di non ritenere giustificata una nuova discussione sull'argomento in seno al governo». Il presidente della commissione, l'ex giudice dalla Corte Suprema Yaacov Turkel, aveva espresso il parere che l'aggiunta di una donna in questa fase dei lavori, dopo le deposizioni del premier, del ministro della Difesa e del capo di stato maggiore, avrebbe solo rallentato l'operato della commissione. «Alla luce degli sviluppi internazionali - ha motivato Turkel - in particolare la costituzione di una commissione internazionale d'indagine Onu, è di fondamentale importanza chiudere al più presto i lavori della Commissione ». L'Alta Corte di Giustizia ha stabilito al tempo stesso che l'ordine sarà revocato se lo Stato dimostrerà di essersi rivolto ad almeno cinque donne, entro i limiti di tempo stabiliti, ricevendo da queste una risposta negativa. Nel frattempo la Commissione potrà continuare i lavori. La decisione della Corte giunge dopo un ricorso di organizzazioni femministe israeliane che avevano chiesto l'inclusione di almeno una donna nella Commissione in nome del principio della eguaglianza tra i sessi: in aggiunta o in sostituzione di uno dei cinque giudici maschi. «In questa vicenda s'intrecciano due questioni che mi stanno particolarmente a cuore: l'accertamento della verità e delle responsabilità, ad ogni livello, sull'assalto alla nave turca, e il ribadire che alle donne non deve essere precluso alcun ruolo nella vita pubblica d'Israele», dice a l'Unità Yael Dayan, scrittrice femminista, più volte parlamentare laburista, figlia dell'eroe della Guerra dei Sei giorni: il generale Moshe Dayan. «Non mi meraviglia - dice - la reazione negativa da parte del primo ministro, manifestazione di un nervosismo per il coinvolgimento in una vicenda che ha scatenato la reazione internazionale, è altempo stesso indice di un maschilismo al potere che vede con fastidio qualsiasi “intrusione” di una donna in gangli dell'attività pubblica. Per certi uomini al potere, una donna può essere cooptata ma non può rivendicare in autonomia il riconoscimento delle proprie capacità e dunque di un ruolo di primo piano». «Ben venga anche questo contenzioso - conclude la scrittrice - se può servire anche a riportare al centro dell'attenzione la condizione della donna in Israele». Una condizione pesante. Secondo un recente sondaggio del quotidiano Yediot Ahronot, il 40% delle donne israeliane ritengono «insicuro» il luogo dove lavorano e un terzo ha subito gravi molestie sessuali sul luogo di lavoro. Un incremento della violenza sessuale è stato riscontrato anche nell'esercito. «La violenza è diventato il marchio delle relazioni sociali, tra i sessi in Israele. E questo è il frutto di una cultura della sopraffazione che continuiamo a praticare nei confronti dei palestinesi. Una deriva inarrestabile, di cui le donne sono tra le principali vittime», dice a l'Unità Shulamit Aloni, fondatrice di “Gush Shalom” (Pace Adesso), più volte ministra nei governi guidati da Yitzhak Rabin e Shimon Peres. «La logica della forza, della sopraffazione - denuncia Aloni - è andata al potere, in qualche modo si è fatta Stato, è entrata nella vita privata, familiare di tutti i giorni. La violenza ha fatto irruzione nelle nostre case, come una mestasi che dai Territori occupati si è propagataad ogni parte del “corpo” d'Israele ».

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