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Rassegna Stampa
12.08.2010 Yossi Sarid attacca il governo Netanyahu
lo intervista Udg, che gli fa le solite domande di rito

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Sono sette idioti pericolosi. Israele si liberi del governo»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 12/08/2010, a pag. 22, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Yossi Sarid, fondatore di Meretz, dal titolo "Sono sette idioti pericolosi. Israele si liberi del governo".


Yossi Sarid

Yossi Sarid, fondatore del partito meretz, dichiara riguardo alle testimonianze di Benjamin Netanyahu ed Ehud Barak davanti alla Commissione di inchiesta sulla flottiglia : " Un misto di arroganza e ipocrisia. Palese tentativo di scaricabarile ". Dal momento che Barak ha dichiarato che si assume tutte le responsabilità per ciò che è avvenuto, non è ben chiaro che cosa intenda Sarid, il quale continua : "Liberarsi di questo Governo è questione di vita o di morte per Israele... ". Vista la percentuale di voti ottenuta da Meretz alle ultime elezioni, è difficile credere che Sarid non parli guidato dalla frustrazione di non essere stato eletto più che dagli interessi del Paese. Sarid dichiara : "Il diritto di difesa non s’identifica con il diritto di occupazione, non giustifica punizioni collettive. Il diritto di difesa non può servire come pretesto per realizzare la “Barriera di sicurezza” nella Cisgiordania palestinese, definendo così in modo forzato e unilaterale i nuovi confini d'Israele. La parola chiave resta sempre quella: unilateralmente. Israele ha preso tutte le decisioni più importanti così: il ritiro da Gaza, il tracciato della Barriera in Cisgiordania, la realizzazione degli insediamenti, lo stop and go ai negoziati.". Sarid critica le scelte fatte dall'attuale governo e da quelli precedenti per difendere la sicurezza dei cittadini israeliani. Se la controparte palestinese fosse interessata a negoziare invece che a cancellare Israele, non ci sarebbe stato bisogno di costruire una barriera di sicurezza. Una barriera che a Sarid non piace, ma che ha, di fatto, frenato il terrorismo suicida palestinese.
Per quanto riguarda il ritiro da Gaza, è non è stata una scelta facile. Sharon è andato contro il proprio partito per metterla in atto, sradicando la popolazione israeliana che viveva nella Striscia da anni. Questo per cedere Gaza ai palestinesi, in modo che facesse parte del loro futuro Stato. Non è stato così. Gaza è diventata una piattaforma lanciarazzi.
Se Israele ha preso delle decisioni unilateralmente è stato perchè la controparte palestinese, finora, è stata in grado solo di avanzare pretese inaccettabili e opporre netti rifiuti a qualunque proposta.
Sarid è bravo a criticare, ma non lo è altrettanto a proporre soluzioni che risolvano la situazione.
Ecco l'intervista:

 Unaclasse dirigente incapace di assumersi le sue responsabilità abdica alla sua funzione e trascina al disastro il Paese. È il segno più inquietante dello “spettacolo” offerto da Benjamin Netanyahu e Ehud Barak davanti alla Commissione d'inchiesta sul blitz contro la “Mavi Marmara”. Liberarsi dell'attuale Governo è una questione di vita o di morte per Israele».
Lo dice una delle figure storiche della sinistra israeliana: Yossi Sarid, fondatore del «Meretz» (sinistra sionista), più volte ministro negli esecutivi a guida laburista, oggi editorialista di punta del quotidiano progressista “Haaretz”. Il giorno dopo l'assalto alla nave della «Freedom Flotilla», Sarid definì «sette idioti» imembri del Gabinetto ristretto guidato da Benjamin Netanyahu che decisero la prova di forza nelle acque di Gaza.
Oggi non fa autocritica. Semmai, rincara la dose: «Era una definizione fin troppo tenera. Avrei dovuto aggiungere: pericolosi. Idioti pericolosi per il Paese», dice Sarid a l'Unità. «Ciò che non si vuole ammettere - rimarca - è che tutta l'operazione- Gaza è stata un fallimento. Si è pensato che il pugnodi ferro, l'embargo, il blocco navale servissero per sconfiggere Hamas. Si è ottenuto l’opposto».
Come valuta le deposizioni del premier Netanyahu e del ministro Barak davanti alla Commissione d'inchiesta sul blitz contro la“Mavi Marmara”, nove attivisti uccisi?
«Un misto di arroganza e ipocrisia. Palese tentativo di scaricabarile... ».
Nei confronti di chi?
«Dei vertici militari e in particolare del capo di stato maggiore (generale Gaby Ashkenazi, ndr). Netanyahu e Barak avevano bisogno diuncapro espiatorio da offrire alla comunità internazionale e alla parte più critica dell’opinione pubblica interna: lo hanno trovato. Non sono l'avvocato difensore del generale Ashkenazi, le cui responsabilità andranno accertate con il massimo rigore. Ciò che trovo disgustoso, inaccettabile, è il tentativo dei leader politici di affermare: gli ordini erano chiari, sta poi ai militari realizzarli nel modo dovuto, e se qualcosa non ha funzionato... Uno spettacolo indecoroso: un capo di Governo e un ministro della Difesa che abbandonano la «nave» della responsabilità... L’assunzione di responsabilità è un dovere morale, prim’ancora che politico, di un uomo di governo. Come è già avvenuto nella disastrosa Seconda guerra libanese, c’è stata la fuga dalle responsabilità. Constatazione che porta dritti a una conclusione grave... ».
Quale?
«Liberarsi di questo Governo è questione di vita o di morte per Israele... ».
La interrompo: quali le alternative?
«Mi ascolti: anche nel più cupo pessimismo, trovo difficile immaginare un Governo peggiore, più pericoloso, più irresponsabile. Se Israele non sa trovare alternative, allora vuol dire che siamo messi proprio male, è un male incurabile».
Subito dopo l'assalto alla “Mavi Marmara”, lei definì “Sette idioti al governo” i ministri del Gabinetto ristretto che decisero il blitz. Si è pentito?
«Pentito?! Semmai sono stato troppo tenero. Avrei dovuto aggiungere l’aggettivo “pericolosi”. Idioti pericolosi. Loro e i loro subordinati, gente che non sa guardare oltre il proprio naso. Penso a Netanyahu, a Barak, a Lieberman: fermamente convinti che la forza mascheri l'assenza di una strategia politica. S'illudono che esista una scorciatoia militare alla soluzione della questione palestinese. Di Lieberman e Netanyahu non mi scandalizzo,maBarak è leader di un partito, il Labour, che fu guidato da un uomo come Yitzhak Rabin, che ha pagato con la vita la sua scelta di pace. Rabin non era un pacifista romantico, ma un generale che ha combattuto lungamente, e da questa esperienza aveva maturato la convinzione che la sicurezza d’Israele, del popolo ebraico, andava “conquistata” con la politica».
Netanyahu e Barak replicherebbero rivendicandoil diritto di difesadaparte d'Israele.
«Il diritto di difesa non s’identifica con il diritto di occupazione, non giustifica punizioni collettive. Il diritto di difesa non può servire come pretesto per realizzare la “Barriera di sicurezza” nella Cisgiordania palestinese, definendo così in modo forzato e unilaterale i nuovi confini d'Israele. La parola chiave resta sempre quella: unilateralmente. Israele ha preso tutte le decisioni più importanti così: il ritiro da Gaza, il tracciato della Barriera in Cisgiordania, la realizzazione degli insediamenti, lo stop and go ai negoziati. È come se la controparte non esistesse o non avesse voce in capitolo. Questo ha finito per delegittimare ogni controparte. E sulla delegittimazione dell’altro non si costruisce un percorso negoziale».
Aproposito di dichiarazioni forti. Lei ha affermato: “Se i coloni sono miei fratelli non h oalcun fratello.Noi non apparteniamo alla stessa famiglia e io li osservo per assicurarmi di non assomigliare a loro..”.
«Mi auguro di esserci riuscito...».
Non meno tenero è stato nei confronti degli ultraortodossi...
«Coloni e ultraortodossi stanno distruggendo i nostri valori fondamentali, senza i quali uno Stato democratico non può esistere. Abbiamo portato questa calamità su di noi con le nostre stesse mani, con la nostra debolezza e le nostre concessioni. Loro sono sordi, ma noi siamo stati ciechi, perché non abbiamo voluto vedere la realtà. È ora di farlo, prima che sia troppo tardi”.

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