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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
31.07.2010 La Cia cattiva e il terrorista un perseguitato
Il senso della giustizia 'de sinistra'

Testata:
Autore: Claudio Fava
Titolo: «Il 'diritto' all'omertà di Stato»

Sull'UNITA' di oggi, 31/07/2010, a pag.15, con il titolo "Il 'diritto' all'omertà di Stato", Claudio Fava ripete la vulgata "de sinistra" sull'intoccabilità di quelli che vengono definiti 'presunti terroristi' anche se le prove già raccolte su di loro ne giustificano ampiamente l'arresto.
Ricordiamo tutti il 'rapimento' di Abu Omar ad opera della Cia in accordo con i nostri servizi, ed il relativo scandalo che ne uscì.
Adesso l'UNITA' ci ritorna sopra, naturalmente incolpando i servizi dello Stato e ignorando, come sempre, il problema del terrorismo. Anzi, sarebbe più giusto scrivere ignorandone il pericolo insieme al rifiuto di volerlo combattere.
Ecco il pezzo:


Abu Omar

Leggiamo i giornali e scopriamo didueimpegni importanti assunti da Massimo D’Alema e dal Copasir, il comitato parlamentare sui servizi di sicurezza che D’Alema presiede: nessuna tutela dallo Stato per gli 007 indagati sulle stragi mafiose e nessun uso strumentale del segreto di Stato per coprire colpe, peccati e menzogne delle istituzioni. Proposte ineccepibili: ma astratte. In concreto accade il contrario. Nella storia repubblicana recente (e noi di storia e di memoria, vogliamo occuparci) i palazzi della politica hanno sempre fatto del segreto di Stato un’occasione per procurare e procurarsi impunità e per impedire che la giustizia facesse il proprio corso. Lo sa bene anche D’Alema: da ministro degli esteri e vicepresidente del Consiglio, tre anni fa fu proprio lui ad approvare la scelta del governo di secretare alcuni documenti del processo milanese sul rapimento di Abu Omar, prefigurando – com’è poi puntualmente accaduto – una via di salvezza giudiziaria per i funzionari del Sismi e per gli agenti della Cia rinviati a giudizio per quel sequestro. Tutti sanno, e sapeva anche D’Alema, che quel segreto non esisteva: le prove che inchiodavano Pollari e i vertici del Sismi in quel processo erano di un’evidenza imbarazzante. I servizi italiani avevano appaltato alla Cia la lotta al terrorismoa casa nostra, offrendo copertura per un sequestro di persona. Era la dottrina Bush, una via breve e sfacciata alla sicurezza nazionale: dare carta bianca ai servizi americani perché eliminassero i presunti o potenziali criminali senza dover transitare dalle pedanterie di una corte di giustizia. Il presunto terrorista andava intercettato, catturato, impacchettato e deportato (nella migliore delle circostanze)a Guantanamo.Nei casi piùcomplicati, il prigioniero veniva trasportato clandestinamente in un paese del Maghreb o in Afghanistan per essere affidato alle cure e alle torture dei servizi di sicurezza locali. Si chiamano extraordinary renditions, sono state condannate da tutte le istituzioni internazionali, hanno portato alla morte decine di innocenti, sbrigativamente liquidati come terroristi da una delazione o da informazioni sommarie. E sono tra le cause del tracollo elettorale dei repubblicani negli Stati Uniti: gli americani nella giustizia e nelle regole del gioco credono davvero, anche quando in ballo c’è la sicurezza della nazione. Il rapimento Abu Omar fu una prova generale di una terapia d’urgenza che,dopoil banco di prova milanese, la Cia avrebbe esportato in tutto il mondo. E il Sismi di Pollari fu ben lieto in quell’occasione di ridurre l’Italia e la sovranità nazionale a unostuoino di casa per l’amministrazione americana. Bene: è su questa vicenda che prima il governo Prodi e quello Berlusconi poi hanno fatto prevalere il diritto all’omertà di Stato. Affermando un principio su cui il Cavaliere ha fondato le ragioni della propria missione politica: l’impunità. Ovvero l’idea che la legge in Italia sia uguale quasi per tutti: diciamo per i fessi. Quel quasi, nella prassi, è diventato un regno delle ombre e delle penombre in cui trovar rifugio dai processi, dai giudizi, dalle verità. L’aggressione contro il processoAbuOmarfu una prova d’orchestra. Perfettamente riuscita. E lo strumento che suonarono con mirabile perizia quelli del centrosinistra e i loro colleghi della destra fu appunto il segreto di Stato: invocato, impugnato, tirato a lucido e infine adoperato come unaclava per impedire che giustizia fosse fatta sulla Cia e su Pollari. Che per i suoi altissimi servigi è stato da tutti ricompensato: gratitudine, encomi solenni e generosi contratti di consulenza con il governo (chiunque fosse l’inquilino). Adesso leggiamo, e non possiamo che essere d’accordo, di unaproba intenzione del Copasir e del suo presidente D’Alema: il segreto serva solo alla sicurezza del paese, non alla salvezza degli imputati. Bello, in astratto. Poi però, quando gli imputati assumono nomi e facce amiche, delle belle intenzioni non rimane che una vaga, vaghissima memoria.

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