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Rassegna Stampa
14.07.2010 Avanzare pretese, rifiutare qualunque proposta e non offrire nessuna garanzia
Ecco come si negozia secondo il presidente dell'Olp

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Israele fermi le ruspe. Allora ci incontreremo»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 14/07/2010, a pag. 25, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Yasser Abed Rabbo, presidente dell'Olp, dal titolo " Israele fermi le ruspe. Allora ci incontreremo ".

Già Abu Mazen aveva dichiarato pochi giorni fa di essere contrario all'inizio di negoziati diretti con Israele. Ora anche il presidente dell'Olp ha fatto altrettanto.
Ciò che lascia a bocca aperta è la quantità di pretese avanzate da Yasser Rabbo nell'intervista. Pretese avanzate non per raggiungere la pace, ma per sedersi al tavolo dei negoziati. Rabbo non offre nessuna garanzia in cambio. Rabbo dichiara :"
a Israele chiediamo chiarezza. E un atto di responsabilità: blocchi le ruspe a Gerusalemme e nei Territori. Se avverrà, saremo pronti a fare la nostra parte al tavolo delle trattative ". Quale sarebbe la parte fatta dai palestinesi alle trattative non è ben chiaro, perchè non viene mai menzionata. La controparte palestinese, per ora, ha sempre solo avanzato richieste assurde e non ha mai offerto nulla in cambio.
E Udg, nel corso dell'intervista, si guarda bene dal chiedere chiarimenti al riguardo.
Ecco l'intervista:


Yasser Abed Rabbo

Non dubitiamo delle buone intenzioni del presidente Obama, ma senza la definizione di un calendario e dei temi in discussione, la ripresa dei negoziati diretti con Israele aprirebbe la strada ad un fallimento annunciato». A sostenerlo è una delle figure più rappresentative della leadership palestinese: Yasser Abed Rabbo, segretario del Comitato esecutivo dell’Olp, uno dei dirigenti più vicini al presidente MahmudAbbas (AbuMazen). «Netanyahu - osserva Rabbo - dice di essere pronto a correre rischi per raggiungere un accordo di pace, ma non dice quali. Le sue sono parole contraddette dai fatti. Israele deve scegliere tra pace e insediamenti: l’una cosa esclude l’altra». Nel recente vertice alla Casa Bianca conBarackObama,ilprimoministro israeliano Benjamin Netanyahu si è detto prontoa riprenderedasubito i negoziati diretti con l’Anp. «Non è la prima volta che Netanyahu fa queste affermazioni, puntualmente contraddette dai fatti...». A cosa si riferisce in particolare? «Al blocco della colonizzazione nei Territori occupati. L’intera comunità internazionale ha chiesto al governo israeliano uno stop, sostenendo che la politica degli insediamenti è un serio ostacolo al dialogo. Netanyahu ha sempre fatto finta di non sentire e ha proseguito sulla sua strada. In Cisgiordania, a Gerusalemme Est dove anche oggi (ieri, ndr) sono proseguite le demolizioni di case palestinesi... ». Netanyahu sostiene che Gerusalemme Est è parte di Israele e dunque non si può parlare di insediamenti. «GerusalemmeEst è parte dei Territori occupati, come affermato da tutte le risoluzioni Onu. Il fatto è che per i governanti israeliani la legalità internazionale è un optional. Una cosa è certa: nessun dirigente palestinese, neanche il più aperto al dialogo, potrà mai negoziareuna pace che escluda Gerusalemme». Per la ripresa dei negoziati diretti si è pronunciato anche il presidente Usa Barack Obama. «Non dubitiamo delle sue buone intenzioni ma il presidente Obamacomela segretaria di Stato Hillary Clinton sanno bene che per avere una chance di successo un negoziato non può svolgersi “al buio”. Si tratta di definire un calendario, indicare tutte le questioni oggetto di trattativa e indicare da subito lo sbocco...». Per Obama lo sbocco è una pace fondata sul principio di «duepopoli, due Stati». «È un principio che da tempo abbiamo fatto nostro, ma questo principio va poi calato nella realtà, e la realtà testimonia che l’unilateralismo israeliano sta uccidendo questa prospettiva. Non basta dirsi non contrari a uno Stato di Palestina: si tratta di definirne i confini, garantire la sua compattezza territoriale, concordare lo status di Gerusalemme. Sono tutte questioni che devono rientrare nel negoziato, altrimenti si finisce per riprodurre l’errore strategico che è stato fatale per gli Accordi di Oslo-Washington...». Qual è l’errore da non ripetere? «Illudersi che rinviare nel tempo la discussione delle questioni strategiche aiuti l’avvicinamento tra le parti.Èvero il contrario. La politica del rinvio è esiziale per la pace in Medio Oriente. Così si lascia spazio a chi, nei due campi, lavora contro il dialogo». Siamo a uno stop infinito? «No, siamo ad un passaggio cruciale che chiama in causa la responsabilità delle due parti come quella degli Usa, dell’Europa, del Quartetto (Usa,Ue, Onu, Russia, ndr): a Israele chiediamo chiarezza. E un atto di responsabilità: blocchi le ruspe a Gerusalemme e nei Territori. Se avverrà, saremo pronti a fare la nostra parte al tavolo delle trattative»

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