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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
09.05.2010 Tizpi Livni sempre più lontana dalla realtà
Il governo israeliano come lo vorrebbe Udg

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli-Cesare Pavoncello
Titolo: «Netanyahu si liberi dall'abbraccio dell'ultra-destra»

Sull'UNITA' di oggi, 09/05/2010, a pagg. 30-31, un articolo a firma di Umberto De Giovannangeli ma con l'aiuto di Cesare Pavoncello, dat titolo "Netanyahu si liberi dall'abbraccio dell'ultra-destra", nel quale vengono riportare alcune dichiarazioni di Tzipi Livni sull'attuale politica israeliana.
Ci soffermiamo su quanto ha affermato Tzipi Livni.
1) "Kadima è stato il partito più votato nel 2009". Peccato però che i voti ricevuti non abbiamo permesso a Kadima di formare un governo. Per questo Peres affidò l'incarico a Netanyahu e non a Livni.
2) "Le acque stagnanti della politica israeliana". Tutto si può dire per criticare la politica israeliana, tranne che essa si svolga in acque stagnanti. Tumultuose era semmai l'aggettivo giusto.
3) "Una crisi economica che sta avendo un impatto sociale molto grave soprattuto nelle fasce più deboli della società israeliana". Ma quando mai? Israele è l'unico Paese rimasto fuori dalla crisi mondiale, che sta mandando a picco le nostre economie!
4) "Concessioni ai partiti ultraortodossi". Il governo di Bibi non è diverso da quelli precedenti, poiché il sistema elettorale proporzionale, in vigore in Israele, concede anche ai piccoli partiti un potere superiore alla loro reale forza. Ci stupiamo che Tzipi Livni si sia espressa in questi termini...
5) Questa riguarda Udg. Che Zeev Sternhell sia "tra i più autorevoli storici israeliani" è un'opinione che lasciamo interamente a Udg e al MANIFESTO, giornale al quale collabora Sternhell.
Che poi la leader di Kadima lasci capire l'intenzione di volersi unire a Likud e Laburisti, se non ricordiamo male, è la proposta che le venne fatta subito dopo le elezioni dallo stesso Netanyahu.
Trascuriamo le invocazioni alla pace, condimento indispensabile per qualsiasi ricetta dagli ingredienti poco appetitosi.
Ecco l'articolo:


Tzipi Livni

Solo i partiti che affondanole loro radici nella storia d'Israele possono oggi garantirne il futuro». Passato e presente s'intrecciano nelle considerazioni di Tzipi Livni, la leader di Kadima, il partito centrista oggi all'opposizione in Israele; il partito più votato nelle elezioni del marzo 2009. L'ex ministra degli Esteri si rivolge al Likud di Benjamin Netanyahu e lancia un appello destinato a smuovere le acque stagnanti della politica israeliana. E lo fa forte di un passato non lontano in cui Tzipora «Tzipi» Livni del Likud era una degli astri nascenti, pupilla di Ariel Sharon. «I due grandi partiti sionisti in Israele – ribadisce Livni in un colloquio con l'Unità – devono compiere ogni sforzo possibile per raggiungere un accordo di pace con i palestinesi e affrontare con misure coraggiose e non più rinviabili una crisi economica che sta avendoun impatto sociale molto grave soprattutto nelle fasce più deboli della società israeliana». Guarda al futuro, Tzipi Livni. Chiede una decisa svolta politica, rivendicando la scelta compiuta all'indomani delle elezioni del 2009 quando non accettò di far parte di una coalizione di governo «destinata a essere condizionata fortemente dalla destra nazionalista e ultrareligiosa ». «I fatti – rimarca la leader di Kadima – hanno confermato quella previsione». Peggiorandola. Il presente tratteggiato da Tzipi Livni ha poco o nulla a che vedere con gli ideali sionisti a cui Israele «dovrebbe aggrapparsi per investire sul futuro ». Di quella visione sionista – sia in quella laica nazionalista incarnata da Theodor Herzl che in quella revisionista, e più cara al Likud, di Ze' ev Jabotinsky – non c'è traccia, rileva Livni, nell'azione dell'attuale governo. Nell'azione e nell'ideologia che ad essa sottende. Israele non ha futuro, un futuro di pace, di stabilità e di benessere sociale, se resta prigioniero dell'ultradestra. È questa la convinzione che ha spinto la leader di Kadima a rivolgere il suo appello al Likud di Benjamin “Bibi” Netanyahu. «Israele sta pagando a carissimo prezzo le concessioni che Netanyahu ha fatto ai partiti ultraortodossi per mantenere in vita questo governo», afferma Livni. Il prezzo dello stallo nei negoziati con l'Autorità nazionale palestinese di Mahmud Abbas (Abu Mazen). Il prezzo di una «crisi senza precedenti con l'alleato decisivo per Israele: gli Stati Uniti». Il prezzo di una involuzione pesantissima nel vivere civile d'Israele. Il bilancio che Livni trae delprimo anno del governo Netanyahu è totalmente negativo. Sul piano sociale, come su quello del dialogo con i palestinesi. Tzipi Livni non è una donna di sinistra.Mamolte delle sue considerazioni, le sue inquietudini, i campanelli d'allarme che prova a far scattare, sono in sintonia con quanto affermato da intellettuali israeliani e della Diaspora ebraica che non nascondono il loro ancoraggio a sinistra. Inunarecenteintervista a l'Unità, Zeev Sternhell, tra i più autorevoli storici israeliani, aveva sostenuto che «la pace non è una gentile concessione che Israele fa ai palestinesi, ma il presupposto per mantenere in vita due pilastri della nostra identità nazionale: l'identità ebraica dello Stato e il nostro tessuto democratico». Tzipi Livni ha un percorso ideale, politico, personale, distante, se non opposto, a quello di Sterhnell. Ma le conclusioni a cui è giunta convergono: «Ritengo – afferma – che esistono le condizioni per raggiungere un accordo di pace con i palestinesi fondato su due Stati. E questo è l'unico modo per preservare l'identità ebraico-democratica d'Israele». Ma per farlo occorre un nuovo patto tra i «partititi che rappresentano la maggioranza sionista in Israele». Il riferimento è al Likud, al Labour e a Kadima. Decisivo è il fattore-tempo. «Netanyahu ha fatto di tutto per rinviare scelte strategiche. Una politica irresponsabile perché il tempo non lavora per la pace», incalza Livni, in totale sintonia con quanto asserito dal presidente Barack Obama: «Un vero, sincero amico d'Israele. E da sincero amico avanza proposte e anche critiche costruttive e per questo è considerato dalla destra oltranzista un nemico». La politica del presidente Usa, insiste l'ex ministra degli Esteri, è un’opportunità per Israele», ma solo se lo Stato ebraico sceglierà la via della pace. Obama «vuole essere coinvolto e risolvere il conflitto – sottolinea Livni - Le sue pressioni sono rivolte a chi rifiuta questo processo, e Israele deve scegliere se sta con chi vuole fare avanzare il processo di pace o con chi lo rifiuta: in quest’ultimo caso ci sarà un’inevitabile spaccatura con gli Stati Uniti». In questo contesto, la ripresa dei negoziati indiretti tra Israele e Anp è un punto di partenza di uncammino lungo e impervio. Il tempo delle scelte strategiche non è più rinviabile: l'illusione più grande, e più grave – riflette l'ex ministra degli Esteri d'Israele - è ritenere che sia possibile «eternizzare» l'attuale status quo. Il dialogo, e non solo. Perché a preoccupare Tzipi Livni è anche la deriva fondamentalista che scuote dalle fondamenta la società israeliana. Una sua recente intervista a Haaretz ha scatenata una reazione durissima, rabbiosa, dei leader della destra ultraortodossa. Ma la ex agente del Mossad, l'avvocata di successo non si lascia intimorire. Ea l'Unità ripropone il suo argomentato j'accuse. E lo fa da donna prima che da leader politica. «Non posso accettare – dice – che l'Israele del 2010 sia un Paese in cui le donne, in certi autobus, siano confinate nella parte posteriore.Non posso accettare che la definizione di cosa sia uno “Stato ebraico” sia affidata al monopolio di politici ultraortodossi. Miribello al fatto che la nostra società sia ridotta a vari gruppi di “clausura”, ognuno chiuso, arroccato in se stesso. Una società in cui il senso di appartenenza non sia dato dall'essere, dal sentirsi “israeliano” ma dall'identificarsi con un gruppo etnico, o religioso...Non è questa l'idea aperta di Israele per cui hanno combattuto i nostri padri». Ritrovareun sensocomune di appartenenza, alto, positivo, che non sia solo la paura diunNemicoesterno – oggi l'Iran di Ahmadinejad – contro cui fare fronte. È questa la sfida di Tzipi. In fondo, ciò che la leader diKadima sta tentando è tradurre in ebraico «Change» e «Hope », Cambiamento e Speranza, con i quali Barack Obama ha conquistato la maggioranza degli americani. Il Cambiamento è possibile, di più, è necessario. E occorre agire subito, prima che sia troppo tardi. Prima che a travolgere ogni argine di convivenza sia l'odio, la diffidenza, il prevalere delle «ragioni» di parte sull'interesse comune. Un interesse che riconosce le diversità manon le cristallizza. Un interesse che punta sull'istruzione comefondamento di una uguaglianza oggi in crisi: l'uguaglianza delle opportunità. Un interesse che non esclude diritti e ragioni dei palestinesi. È una visione laica dell'ebraismo, quella di cui Tzipi Livni si fa portatrice, che contempla il rispetto della religione ma che non delega ad essa compiti e funzioni che sono dello Stato: nelcampodell'istruzione, ad esempio. Il cambiamento è possibile, insiste la leader di Kadima, «ma non potrà determinarsi con l'assenso dei partiti ultraortodossi ». Progettare il futuro con chi tiene in ostaggio il presente d'Israele, è più che una «mission impossible »: è una impresa inutile. E Tzipi lo sa bene. Per questo si rivolge a chi ha «le chiavi del futuro d'Israele ». Gli stessi che realizzarono la sua fondazione.
(ha collaborato Cesare Pavoncello).

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