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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
18.02.2010 Diffamare Israele è lecito, se lo fa la sinistra ? Pare di sì
Passata sotto silenzio, solo Foglio e IC hanno protestato.

Testata:
Autore: Cristina Pulcinelli
Titolo: «Il racket dei trapianti c’è Poveri, matti, detenuti derubati di reni e occhi»

A generale richiesta, riportiamo dall'UNITA' del 12/02/2010, a pag. 37, l'intervista di Cristina Pulcinelli a Nancy Scheper Hughes dal titolo "Il racket dei trapianti c’è Poveri, matti, detenuti derubati di reni e occhi ", due pagine di diffamazione su Israele.


Nancy Scheper Hughes, presentata nell'articolo come fondatrice dell’antropologia medica, docente presso l’università della California a Berkeley, accusa Israele di essere implicato nel traffico d'organi. La stessa bufala diffusa dal giornate svedese Aftonbladet, mai smentita in nome della "libertà di stampa" che per il primo ministro svedese Carl Bildt, viene prima di tutto, anche della verità. Nancy Scheper Hughes, mai contraddetta dalla sua intervistatrice lancia accuse gravissime e infondate. Nessuno, però, sembra averci fatto caso, nessuno ha protestato per la pubblicazione di quest'intervista, tranne il Foglio e IC. Ecco il pezzo:

Si appoggia a una stampella, le gambe magre e instabili, lo sguardo triste ma rassegnato di chi sta per lasciare questomondo.Il ragazzo nella foto veniva da un villaggio della Moldavia. A diciassette anni era forte, robusto, non si ammalava mai. Ma era anche povero. Tanto povero che decise di vendere un rene. Andò in Turchia e lì gli venne espiantato l’organo che salvò la vita a unuomoisraeliano. Tornòa casa malandato: era giallo e non si reggeva in piedi. Con il tempo peggiorò. Il rene rimasto lo aveva abbandonato. «Poco dopo aver posato per questa foto, il ragazzo è morto », racconta Nancy Scheper Hughes, autrice dello scatto. Scheper Hughes, considerata la fondatrice dell’antropologia medica, docente presso l’università della California a Berkeley, a Trieste presenta i risultati della sua indagine sul traffico dei trapianti. Per dieci anni ha girato ilmondo per raccogliere prove della compravendita illecita di organi.Untraffico fatto sulla pelle dei soggetti più deboli della società: i poveri, spesso con problemi di salute mentale, i detenuti. Ora sta scrivendo un libro che uscirà dopo l’estate. Che cosa ha scoperto nel suo viaggio? «Ho scoperto che il traffico di organi non è una leggenda e neppure un mito. Esiste davvero, è un fenomeno molto esteso ed in crescita». Quali sono i paesi coinvolti? «Ci sono tre posti nel mondo dove si organizzano moltissimi traffici di organi: il Giappone, Israele e i paesi del Golfo. Però ci sono molti casi anche in Turchia, India e negli Stati Uniti». Perché proprio questi paesi? «Perché , per motivi culturali e sociali, ci sono pochi donatori di organi. Prendiamo il Giappone: i donatori sono pochi non perché non credano nella tecnologia del trapianto, ma perché non credono nella morte cerebrale. Inoltre, per loro è estremamente disdicevole prendere organi dai parenti. In Medio Oriente, invece, credono nella morte cerebrale,ma non vogliono prelevare gli organi perché i morti non si infastidiscono. Così nasce quello che alcuni chiamano “turismo dei trapianti”, ma che io preferisco chiamare “traffico dei trapianti”.Perché non è come andare in Costa Rica per fare un intervento di chirurgia estetica. Qui si tratta di prelevare un organo da un condannato a morte senza il suo volere, comein Cina, o di convincere una persona debole o disperata a vendere una parte del suo corpo. Questo traffico ha bisogno di intermediari. Così si è sviluppata una vera e propria rete criminale spesso protetta dagli stessi governi». In che senso? «Nel senso che i governi dei paesi ricchi spesso sostengono il sistema del trapianto all’estero e rimborsano anche i viaggi. Forsenon sanno sanno quello che succede nei paesi dove l’organo viene recuperato». Quali sono questi paesi? «Sicuramente i paesi dell’Europa dell’est, in particolare Moldavia, Romania e Ucraina. In Moldavia, ad esempio, dal 1998arrivano persone che reclutano ragazze per avviarle alla prostituzione. Ma negli ultimi anni gli stessi criminali hanno cominciato a reclutare anche uomini sani, estremamente poveri, spesso con problemi di salute mentale che vivono in sperduti villaggi. Li convincono a vendere gli organi per poche centinaia di euro e li portano in Turchia. Lì, grazie alla collaborazione tra medici turchi e israeliani, un paziente che arriva da Israele può avere il suo trapianto». Altri paesi coinvolti? «La Cina, dove si prelevano organi soprattutto ai detenuti. Le Filippine, dove i brokers sono gli stessi chirurghi. Lì c’è un vero sistema di reclutamento: un donatore riceve dai 1500 ai 2000 dollari, ma riceve anche 100 dollari per ogni altro donatore portato. L’Argentina, dove fino al 2004 hanno prelevato organi dai pazienti di un ospedale psichiatrico senza consenso. E il Brasile. I ragazzi delle favelas mostrano le cicatrici come qualcosa di cui andare fieri. È come dire: “Ecco la prova che ho aiutato la mia famiglia”». Quali sono gli organi più richiesti? «I reni, ma anche il fegato. O meglio, metà del fegato, visto che quest’organo non si può espiantare completamente mantenendo la persona in vita. In India vendono anche gli occhi: una cosa folle perché il trapianto di cornea funziona benissimo con l’organo prelevato dal non vivente». Perché il fenomeno è in crescita? «Se guardiamo la lista di attesa per i trapianti negli Stati Uniti vediamo che negli ultimi anni si è allungata a dismisura. Tutti possono mettersi in lista, anche i novantenni. Ma la donazione di organi è stabile da molti anni. Quindi: molta richiesta e poca offerta». Come si rimedia a questa discrepanza? «Ci sono due modi, entrambi illeciti. Il primo è praticato soprattutto dall’Arabia saudita e dal Giappone e consiste nel corrompere per salire nella lista d’attesa. I sauditida anni vengono negli ospedali degli Stati Uniti a fare proposte di questo genere: se ci garantite che queste 6 persone avranno il trapianto nell’arco di un anno, vi costruiamo un nuovo padiglione per l’ospedale. L’altromodoè quello di cercare gli organi altrove». Come si fa a trovare quello che si cerca? «Ci sono molti siti internet in cui compaiono veri e propri annunci commerciali: “preferisci un rene da vivente entro un anno o un rene da non vivente tra cinque anni? Se scegli la prima opzione, rivolgiti a noi”. Ma le fonti sono anche i giornali.Horaccolto personalmentedueannunci comparsi suungiornale brasiliano e suun giornale israeliano: il primoera diunvenditore, il secondo diunacquirente. Ho saputo che poi si sono trovati». Ma la vendita di organi umani è fuorilegge? «In tutto il mondo tranne che in Iran. È per questo che ufficialmente aumentano i casi di donazione altruistica. Ma sono davvero tali? Io credo che dietro spesso ci sia un traffico illecito che frutta moltissimi soldi». Quanto? «Chi vuole un organo paga 180.000 dollari. Dentro c’è tutto: viaggio, donatore, traduttore, medici, infermieri.». Quante persone riguarda questo traffico? »L’Oms stima che nel mondo vengano fatti 70.000 trapianti di rene l’anno. Più della metà con organi prelevati da viventi. Di questi ultimi, si calcola che 15.000 vengano da traffici illeciti,maio credo che questa cifra debba essere raddoppiata. Del resto, nel 2003 il governo di Israele ha ammesso che la metà dei trapianti di rene sono illegali e comprati fuori dal paese». I venditori vengono solo dai paesi poveri? «No. Ho conosciuto una signora americana con problemi di salute mentale che voleva donare un rene e che è incappata nella rete degli intermediari». Come ha fatto a raccogliere le sue storie? «Mi sono spacciata per un medico, per una donna americana il cui marito aveva disperato bisogno di un rene, per una malata. Poi però ho sempre scoperto le mie carte . Alcuni brokers mi hanno detto esplicitamente: “Le dico tutto, tanto non mi arrestano”». È stato un viaggio difficile? «Sì,. Primo: le storie reali si intrecciano con storie di stregoneria che non hanno fondamento. Secondo: una volta scoperta la verità, il problema è farsi credere».

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