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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
14.02.2010 Se Ahmadinejad morisse oggi non piangerei affatto
Così la pensa Elie Wiesel

Testata:
Autore: Umberto De Giovannnageli
Titolo: «Il regime iraniano va isolato, lo si colpisca nei suoi interessi»

Meglio tardi che mai, vien da dire, leggendo l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Elie Wiesel sull'UNITA' di oggi, 14/02/2010, a pag.30-31 con il titolo " Il regime iraniano va isolato, lo si colpisca nei suoi interessi ". Almeno anche i lettori dell'UNITA' potranno rendersi conto di come la pensa Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, che non verserebbe una lacrima se Ahmadinejad morisse. Nemmeno IC è mai arrivata a sostenere tanto ! e dire che qualcuno  ci definisce estemisti birichini...
Ecco l'intervista:


Elie Wiesl

Mi creda, nonc'è nulla di emotivo, di viscerale, in quella mia affermazione che ha avuto così vasta eco nel mondo. L'ho detto e lo ripeto: non verserei una sola lacrima se Ahmadinejad venisse assassinato... Ahmadinejad è  un pericolo per il mondo, un caso patologico ». A parlare è Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace nel 1986, il grande scrittore della Memoria. Nato nel 1928 a Sighet, in Transilvania, è stato deportato ad Auschwitz e poi a Buchenwald: prima di essere liberato nell'aprile del 1945, nei campi ha perso i genitori e la sorella. Dopo aver studiato a Parigi, Elie Wiesel ha iniziato a lavorare come giornalista. In seguito a una conversazione con Francois Mauriac, ha deciso di raccontare la propria esperienza in un libro, “La notte”, che è stato tradotto in più di 30 lingue. È autore di oltre 40 opere tra romanzi, saggi e testi teatrali, oltre che di una autobiografia in due volumi. Subito dopo l'assegnazione del Premio Nobel, ha fondato la Elie Wiesel Foundation for Humanity, della quale è presidente, per combattere ogni forma di indifferenza, intolleranza e ingiustizia attraverso la promozione del dialogo internazionale. Wiesel si è fatto promotore di un appello ai leader del mondo libero - già sottoscritto da 44 Premi Nobel - nel quale si afferma che Ahmadinejad dovrebbe essere incriminato per incitamento al genocidio di fronte alla Corte Penale Internazionale dell'Aja. «In nome della coscienza e dell'onore - recita la lettera - da Washington, Parigi, Mosca, Londra, Berlino e dal Consiglio di sicurezzaOnudeve levarsi una condanna più forte e inequivocabile contro le ripugnanti pratiche di Teheran». Una dittatura, precisa l'appello, «che ha imprigionato, torturato, stuprato e impiccato migliaia di innocenti».

Chi è per Elie Wiesel il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad?

«Un pericolo per il mondo, una minaccia mortale per Israele. Costui nel ridicolizzare le verità accertate, nel calpestare la memoria dei sopravvissuti alla Shoah ancora vivi, glorifica l'arte della menzogna. Da numerounodei negazionisti almondo, da antisemita con una mente disturbata, dichiara a più ripresa che la “soluzione finale” di Hitler non è mai esistita. E non basta. Secondo Ahmadinejad non c'è stato un Olocausto nel passato,mavi sarà nel futuro. Elucubrazioni di un fanatico? Sì, ma il fanatico si rivolge a folle che plaudono alle sue idee. Parole vuote? Lui non parla per nulla.È impegnato nel mantenere le sue “promesse”. Non mi riferisco solo all'arma nucleare,maal sostegno attivo che il regime iraniano offre ai gruppi estremisti mediorientali, quali Hamas, la Jihad islamica, gli Hezbollah... Sarebbe un errore esiziale mettere in dubbio la sua determinazione. Una persona non predica odio per niente. Appartengo a una generazione che ha imparato a prendere sul serio le parole del nemico. Anche perché queste parole sono accompagnate dai fatti. D'altro canto, la storia mi ha insegnato che bisogna credere più alle minacce dei nemici che alle promesse degli amici».

Lo scorso 27 gennaio, Lei è stato chiachiamato a celebrare il Giorno della Memoria alla Camera dei Deputati alla presenza delle massime autorità dello Stato italiano. In quell'occasione affermò che “il silenzio non aiuta mai la vittima ma sempre l'aggressore...”.

«È così. E quando parlo di silenzio non mi riferisco solo al vuoto di parole, ma anche ed oggi soprattutto a quel “silenzio” mascherato da parole che restano tali, come una cortina fumogena destinata a mascherare l'inazione o il doppiogiochismo. Oggi, nell'epoca della multimedialità, di Internet, nessuno può sostenere: non sapevo, non ho visto... Ciascuno è posto di fronte alla propria coscienza che non può essere “lavata” a parole...».

Si riferisce anche all'atteggiamento della comunità internazionale nei confronti di Ahmadinejad?

«Da scrittore io “vivo” con le parole, ne so l'importanza, il valore. Ma da cittadino del mondo so anche che non sono le parole che possono fermare con figuri quali Ahmadinejad, un antisemita dichiarato, un individuo che pur di mantenersi al potere fa aprire il fuoco contro i giovani iraniani che manifestano per la democrazia, i diritti; costui dovrebbe essere arrestato e tradotto dinanzi la Corte dell'Aja e processato per crimini contro l'umanità. Queste considerazioni riguardano in primo luogo i leader del mondo libero, i quali saranno ricordati e valutati per ciò che faranno e non per i loro discorsi».

Fatti, non parole. Il che ci riporta al tema delle sanzioni. Non c’è il rischio che si finisca per colpire un intero popolo?

«Questo rischio esiste ed è per questo che occorre individuare sanzioni che siano efficaci e mirate...».

Nel suo discorso al Parlamento italiano, Lei ha chiestochel'Italia dichiarasse per legge i Pasdaran un'organizzazione terroristica.

«Una richiesta che mi sento di rinnovare dalle colonne del suo giornale. I Pasdaran non sono solo un corpo militare al servizio del regime. Sono anche una holding che usa il suo potere per fare affari, spesso illeciti, e accumulare ricchezze. Dichiararli fuorilegge, bloccarne i conti all'estero, spezzare la loro trama affaristica, significa infliggere uncolpo possente al regime.Mi lasci aggiungere che ogni colpo inferto ai Pasdaran è anche un'arma in meno puntata contro i giovani che a Teheran manifestano per la democrazia, i diritti, le libertà...».

In un recente articolo su Haaretz, Abraham Bet Yehoshua ha affermato che il modo migliore per contrastare il regime di Teheran è realizzare la pace fra israeliani e palestinesi.

«Mi permetto di dissentire dal mio amico Abraham. E non perché non ritenga importante la pace fra israeliani e palestinesi. Su questo abbiamo avuto modo di conversare altre volte in passato. Sono tra quelli che credono che il sogno della pace non solo fra Israele e i palestinesi ma fra Israele e i vicini Arabi si realizzerà. Non so quando, ma sono convinto che si realizzerà. Questo, però, non farà desistere gli “Ahmadinejad”, i Bin Laden, i Nasrallah dai loro insani propositi di cancellare Israele dalla faccia della terra. Ribalterei allora il ragionamento di Yehoshua: isolare il regime iraniano, colpirlo nei suoi interessi, è un modo per aiutare quelle forze che nelmondoarabo credono nel dialogo e cercano la pace con Israele. So di non essere solo a coltivare questo sogno, questa speranza. So che la stessa speranza animala grandissima maggioranza degli israeliani consapevoli che la strada da seguire è quella che porta alla realizzazione del principio di due Stati che vivano fianco a fianco, in pace. Ma perché questa speranza si avverari occorre che i palestinesi si rendano conto che non è con l'odio e la violenza praticati da gruppi estremisticome Hamas che vedranno riconosciuti i loro diritti. Resto comunque convinto che il dialogo sia possibile, perché tutto ciò che ha a che vedere con la storia degli ebrei dimostra che l'impossibile è possibile. In fondo, siamo il popolo dei nuovi inizi».

 ”NuovoInizio”:un concetto caro a Barack Obama. Si è detto e scritto che il presidente Usa si sia ispirato a Martin Luther King, Nelson Mandela ed Elie Wiesel nel trovare le parole giuste per il discorso pronunciato a Oslo in occasione della consegna del Premio Nobel per la Pace.

«Se è stato così spero di non essere stato un cattivo maestro... Credo molto in Obama, mi pare un leader coraggioso, innovativo: lo ho accompagnato a Buchenwald e le parole che lui ha pronunciato sono quelle di un uomo che sa che la storia può ripetersi e per questo occorre non dimenticare. Mai».

A proposito di strade da imboccare. Tra queste c'è anche l'isolamento dell' Iran dal consesso internazionale?

«L'Iran di Ahmadinejad e Khamenei certamente sì. E non mi si venga a dire che l'isolamento favorirebbe il regime. Si disse così anche agli inizi del Terzo Reich e sappiamotutticomeandò a finire...Ai capi di Stato o di governo con cui ho avuto modo di parlare ho sempre rivolto la stessa domanda: ma comeè possibile trattare con il presidente di una nazione, Ahmadinejad, che per primo nega l'Olocausto e professa la volontà di distruggere uno Statomembrodelle Nazioni Unite?...».

Equale riscontro ha avuto la sua domanda?

«Spesso comprensione, a volte imbarazzo, ma non basta “comprendere” occorre agire di conseguenza. Per quanto mi riguarda, non mi stancherò mai di ripetere che Ahmadinejad va preso sul serio quando ripete che intende cancellare lo Stato d'Israele dalla faccia della terra. E dunque penso che quanto meno dovrebbe essere dichiarato persona non grata in tutti i Paesi del mondo».

C'è chi le obietterebbe che le critiche verso la politica di uno Stato sono legittime...

«Ma Ahmadinejad non “critica” Israele per quello che fa ma per quello che rappresenta. Il suo antisionismo maschera, senza riuscirvi, un viscerale antisemitismo. Per Ahmadinejad Israele è innanzitutto lo Stato degli Ebrei. Ed è per questo che va cancellato.

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