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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
07.02.2010 Hamas trattata con i guanti da Udg
Ma l'Unità non è il quotidiano di Fassino ? Già, appunto.

Testata:
Autore: Umberto De Giovanngeli
Titolo: «Berlusconi venga a vedere i crimini compiuti a Gaza»

"Co-fondatore di Hamas, ministro degli Esteri nel governo a guida Hamas scaturito dalla vittoria del movimento islamico nelle elezioni del gennaio 2006, al Zahar è ritenuto, assieme a Khaled Meshaal e Ismail Haniyeh, la mente politica di Hamas "
Così Umberto De Giovanngeli sull' UNITA' di oggi, 07/02/2010, presenta Mahmud Al Zahar, uno dei capi di Hamas, in una intervista dal titolo " Berlusconi venga a vedere i crimini compiuti a Gaza".
Ignorata la classificazione della UE di Hamas quale movimento terrorista, cancellato il colpo di stato che ha portato Hamas al potere, Al Zahar Udg lo presenta come il co-fondatore di Hamas, e basta. Che poi Hamas abbia usato gli abitati di Gaza come scudi umani, installando le basi missilistiche in moschee, scuole , ospedali è un particolare che al quotidiano DS non importa nulla.
Già, l' UNITA' è il quotidiano del partito di Fassino, nessuno ha voglia di fargli qualche domandina, come concilia la sua posizione con quella del suo giornale ? Ci rendiamo conto che la nostra è una domanda retorica, i DS sono gli eredi del PCI, ma visto che qualcuno si era illuso che fossero cambiati, allora dia un'occhiata all'UNITA', si ricrederà.
E non ingannino le domande di Udg, solo apparentemente distaccate. In realtà, sono impostate in modo tale che non  mettono mai in imbarazzo l'intervistato. E' la linea di Udg, è la linea dell' UNITA'.

Ecco l'intervista:


Mahmoud Al Zahar, Piero Fassino

È l’uomo forte di Hamas. Il suo ministro degli Esteri. L’uomo che tira le fila del negoziato col Fatah di Abu Mazen e che Israele ha inserito da tempo nella lista dei nemici da eliminare: «Non sono un eroe – dice – ma come tutti i palestinesi che combattono l’occupazione sionista ho messoin conto di morire». Nel settembre 2003 è scampato a un attacco mirato israeliano, quando caccia F-16 bombardarono la sua abitazione a Gaza. A morire fu il figlio maggiore, Khaled. Il 15 gennaio 2008 in un altro raid israeliano aGaza haperso un altro figlio, Hassan, 21 anni. ParlaMahmudal Zahar, capo dell’ufficio politico di Hamas a Gaza. Con l’Unità, al Zahar accetta di ritornare sulla recente visita in Israele e a Betlemme di Silvio Berlusconi: «Spero – dice il leader di Hamas – che la prossima volta il presidente Berlusconi trovi il tempo di visitare Gaza. Lo invitiamo ufficialmente, in amicizia. Così potrà vedere con i suoi occhi cosa è stata la “giusta reazione” d’Israele: un crimine contro l’umanità». E al Cavaliere che ha definito «doveroso » l’inserimento di Hamas nella «black list» delle organizzazioni terroristiche, al Zahar replica: «Se Hamasè un’organizzazione terroristica allora lo è anche metà del popolo palestinese. Il presidente Berlusconi forse dimentica che Hamas ha conquistato il diritto a governare non attraverso un colpo di mano armato ma in libere elezioni. Il presidente Berlusconi parla di pace, ma chiedo a lui: è possibile raggiungerla criminalizzando metà del popolo palestinese? ».

 Per il premier italiano Hamas èun’organizzazione terroristica. Qual è la sua risposta?

«Se Hamas lo è allora si aggiunga che sono terroristi tutti quei palestinesi che ci hanno votato. Il presidente Berlusconi sbaglia di grosso: Hamas esiste perché è radicato nella società palestinese, ne è parte integrante, come è parte fondamentale della resistenza all’occupante sionista».

 Nel suo discorso alla Knesset, Berlusconihadefinito giusta l’operazione «Piombo Fuso»...

«Consiglierei al presidente Berlusconi un’attenta lettura non solo del rapporto Goldstone ma anche dei dossier stilati da Amnesty International, Human Rights Watch, e magari farsi dire cosa hanhanno visto a Gaza ex presidenti degli Stati Uniti come Jimmy Carter, o lo stesso segretario generale dell’Onu, Ban Ki- moon. L’operazione “Piombo Fuso” è un crimine contro l’umanità, un atto di terrorismo di Stato.A Gaza Israele ha bombardato ospedali, scuole, abitazioni civili. Haucciso o ferito migliaia di civili palestinesi.AGaza Israele pratica punizioni collettive che sono condannate dal Diritto internazionale e dalla Convenzione di Ginevra. Come si può definire tutto questo una “giusta reazione”?. Credo che sia nello stesso interesse dell’Italia non chiudere gli occhi di fronte alla realtà avallando i crimini compiuti da Israele. L’Italia ha una storia di amicizia con il popolo palestinese, e noncredo che possa sentirsi complice della carneficina perpetrata da Israele a Gaza».

 Israele, ribatterebbe Berlusconi, ha risposto al continuo lancio di missili palestinesi contro Sderot, le città e i villaggi del Neghev...

«Anche chi accetta prende in considerazione questa tesi parla comunque di un “eccesso di difesa...”. Ma forse si dimentica che Hamas si era detta disponibile a negoziare con Israeleuna “hudna” (tregua) di lunga durata. La risposta è arrivata con l’unico linguaggio realmente conosciuto e praticato da Israele: il linguaggio della forza».

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, parla di pace e non chiude le porte ad uno Stato palestinese...

«Ma di quale Stato parla Netanyahu? La parola giusta è “bantustan”. E come si può parlare di esempio di democrazia riferendosi a unPaese che ha segregato un altro popolo, lo ha depredato della sua terra, facendo carta straccia delle risoluzioni Onu, annettendosi Al Quds (Gerusalemme, ndr). Come si può chiedere, pregiudizialmente, che la vittima riconosca e legittimi il suo carnefice? In questa situazione, la resistenza resta la nostra unica alternativa. Sessantasette anni fa, i coraggiosi ebrei del ghetto di Varsavia si ribellarono in difesa della loro gente. Noi abitanti di Gaza, che viviamo nella più grande prigione a cielo aperto del mondo, non possiamo essere da meno».

Ma nel suo vocabolario politico, esiste un processo di pace.Ese sì, quale?

«Un“processo di pace” con i palestinesi non può fare neanche il primo – minuscolo – passo finché Israele non si ritirerà innanzitutto nei confini del 1967; smantellerà tutti gli insediamenti; rimuoverà tutti i soldati da Gaza e dalla West Bank; sconfesserà la sua annessione illegale di Gerusalemme; rilascerà tutti i prigionieri e metterà fine in modo permanente alla sua chiusura dei nostri confini internazionali, delle nostre coste, e del nostro spazio aereo. Questo fornirebbe il punto di partenza per negoziati giusti, e getterebbe le fondamenta per il ritorno di milioni di rifugiati. Dato quello che abbiamo perduto, è l’unica strada tramite la quale possiamo ricominciare a essere integri».

 Ciò significa che Hamas non esclude in linea di principio un negoziato con Israele...

«La risposta che le ho appena dato mi sembra esauriente».

 Nei giorni scorsi un autorevole dirigentediAlFatah, NabilShaath,havisitato Gaza.Ache punto è il dialogo nazionale?

«A un buon punto. L’intesa è possibile e raggiungerla è interesse di tutto il popolo palestinese e non di una singola fazione».

Tra i dossier più caldi c’è quello del nucleare iraniano. Si parla di sanzioni e c’è chi, in Israele e non solo, evoca la carta militare contro Teheran. Qual è in proposito la posizione di Hamas?

«Un’azione militare contro l’Iran sarebbe un atto di aggressione che avrebbe ricadute devastanti sull’intero Medio Oriente».

Lei è tra i massimi dirigenti diHamas impegnati nella trattativa per la liberazione di Ghilad Shalit (il soldato israeliano da oltre tre anni in mano ad Hamas). A un certo punto, sembrava essersi aperto uno spiraglio, che ora pare essersi richiuso. Perché?

 «Per il passo indietro compiuto dai governanti israeliani. Ieri come oggi le chiavi per la liberazione di Shalit sono nelle mani di Netanyahu. Le nostre richieste sono chiare da tempo».

Richieste che in molti traducono con un altro termine: ricatto.E non è ricatto anche minacciare una nuova ondata di attacchi terroristici contro Israele?

«Noi non abbiamo F16, artiglieria pesante, navi, la potenza di fuoco che Israele ha usato contro di noi e la nostra gente. Per resistere usiamo ciò che abbiamo, e in primo luogo il coraggio degli shahid (martiri) pronti a sacrificare la loro stessa vita in nome della Palestina".

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