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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
24.01.2010 Per dire tante banalità, Fassino poteva starsene a casa
Udg lo intervista con domande in stile burocratichese

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «E' tempo di agire,il Medio Oriente senza pace utile ad Al Qaeda»

Sull'UNITA' di oggi, 24/01/2010, a pag.30-31, con il titolo  "E' tempo di agire,il Medio Oriente senza pace utile ad Al Qaeda", Umberto De Giovannangeli intervista Piero Fassino, che " Nella sua recente missione in Israele e nei Territori, svolta in qualità di Rapporteur del Consiglio d’Europa sul Medio Oriente, Piero Fassino ha avuto modo di incontrare i leader delle due parti.", come inizia Udg il suo pezzo.
Ci chiediamo se era il caso di andare in Medio Oriente per conto del Consiglio d'Europa per poi tornare con un bagaglio di conoscenze che qualunque medio lettore di quotidiani si è fatto da solo in tutti questi anni. Ne avrebbe tratto anche  giovamento il bilancio del Consiglio d'Europa, risparmiando le spese di viaggio, sicuramente ingenti.
Fassino non fa altro che ripetere aria fritta, il luoghi più comuni che da anni leggiamo in tutte le corrispondenze. Non è nemmeno al corrente delle dichiarazioni di Obama (sono su IC di ieri) in merito al fallimento della nuova politica americana in MO.  Riportiamo l'articolo interamente, utile per capire il livello della diplomazia del PD. Da D'Alema a Fassino, non c'è da stare allegri.
Per finire, due parole sull'immagine che illustra il servizio, titolata " donne palestinesi che aspettano degli aiuti umanitari a Gaza", tanto per far capire ai lettori che avessero notato con dispiacere la mancanza di invettive contro Israele,  che il cuore del giornale batte sempre per le "antiche lotte", anche se Fassino, dicono, rappresenti l'ala moderata, l'Abu Mazen dei DS, mentre sarebbe D'Alema a rappresentare Hamas.

Ecco l'intervista:


Piero Fassino

Nella sua recente missione in Israele e nei Territori, svolta in qualità di Rapporteur del Consiglio d’Europa sul Medio Oriente, Piero Fassino ha avuto modo di incontrare i leader delle due parti.
Quali impressioni e indicazioniha ricavato dalla sua missione?
«Come sempre, leggere il Medio Oriente è molto difficile. E tuttavia mi pare chiaro lo sforzo che si sta producendo per riaprireuna fase di negoziati.Èuno sforzo che sta compiendo in primo luogo la diplomazia americana. In poche settimane hanno visitato la regione Hillary Clinton, Dennis Ross, il generale Jones, l’inviato speciale Mitchell, in un forcing teso a convincere le parti a tornare a un tavolo di trattativa. Nessuno ignora naturalmente le tante difficoltà e le distanze che ancora separano le parti».
Quali sono le più ostiche da superare?
«Un punto delicato è certamente quello degli insediamenti, che Abu Mazen chiede di congelare totalmente e invece Netanyahu ha deciso di sospendere per 10 mesi nella sola Cisgiordania e non anche a Gerusalemme Est.Unaltro punto controverso è lo status di Gerusalemme, che Israele vuole come unica e indivisibile sua capitale, mentre i palestinesi chiedono sia capitale di due Stati. E ancora: non vi è accordo sulla richiesta dei palestinesi del ritorno dei rifugiati, a cui Israele oppone di non poter accogliere soluzioni che alterino l’equilibrio demografico e mettano in discussione la stessa esistenza d’Israele, nato per dare una patria al popolo ebraico. Ci sono inoltre diversità su come garantire la sicurezza, per la quale Israele chiede di esercitare il controllo sui confini e lo spazio aereo del futuro Stato palestinese, e i palestinesi, invece, ritengono che la soluzione accettabile sia la presenza di una forza internazionale di pace. Infine, non possono essere negate la frattura tra Abu Mazen e Hamas e la criticità della situazione di Gaza, per la quale è urgente riaprire gli accessi e consentire l’inoltro di aiuti umanitari».
Quello descritto è un cammino impervio per il processo di pace...
«Si, ma non siamo all’anno zero. Non mancano anche fatti positivi che consentono di tornare a sperare nella pace. C’è intanto da parte di Netanyahu il riconoscimento del principio “due Stati per due popoli”, il che rimuove ogni ostacolo di principio alla nascita, accanto allo Stato d’Israele, di uno Stato palestinese sui confini del ’67 modificati da eventuali scambi concordati di territori, per risolvere il problema degli insediamenti. E anche la sospensione degli insediamenti in Cisgiordania, pur parziale, è in ogni caso un segnale di disponibilità da non lasciar cadere. Ed anche guardando al fronte palestinese, emergono dati importanti».
Quali?
«C’è un miglioramento delle condizioni di vita in Cisgiordania conseguente alla riduzione dei ceck-point israeliani; c’è una crescita economica frutto dell’efficacia del governo guidato da Salam Fayyad; c’è una presa di controllo del territorio da parte della polizia palestinese che accresce la sicurezza e la credibilità di Abu Mazen e dell’Anp. C’è poi un nuovo e determinato impegno della Comunità internazionale. Mi riferisco non solo all’impegno personale di Obama, che dal discorso del Cairo in poi hafatto della questione mediorientale una delle sue priorità in politica estera, ma anche all’impegno dell’Unione Europea, reso esplicito dalla dichiarazione dei Ventisette ministri degli Esteri dell’Ue dell’8 dicembre; c’è il ritorno sulla scena della Russia e l’iniziativa di pace della Lega Araba e dei principali Paesi della regione. Nulla è scontato, naturalmente, maormai l’esperienza di questi anni ci ha dimostrato che il tempo non lavora per la pace, e anzi la pace di cui si parlamache non arriva mai, accresce soltanto frustrazione ed esasperazione. Per questo il tempo di agire è adesso. Tanto più di fronte al rigurgito di iniziativa di Al Qaeda, che dimostra la determinazione con cui il terrorismo cerca di sbarrare la strada alla politica della mano tesa di Obama. E rilanciare il processo di pace è anche ilmodoper contrastare il radicalismo islamico che, guidato dall’Iran, fa del conflitto israelo- palestinese una bandiera ideologica».
A chi spetta il compito del primo passo?
«Riaprire i negoziati è responsabilità prima di tutto di israeliani e palestinesi, ciascuno dei quali è chiamato a compiere scelte difficili con generosità, tenendo conto nonsolo delle proprie rivendicazioni ma anche delle aspirazioni della controparte. Ed è responsabilità anche della Comunità internazionale che deve incoraggiare, accompagnare, assistere le parti nei negoziati. Un’altra strada in ogni caso non c’è, né possiamo rassegnarci a un conflitto infinito».
E l’Italia?
«Il nostro Paese può giocareunruolo essenziale a patto di farlo in coerenza con le posizioni europee ed essendo un interlocutore ascoltato e riconosciuto da entrambe le parti in conflitto. Tra una settimana Berlusconi sarà in visita in Israele e a Ramallah, accompagnato da un’ampia delegazione di ministri. Mi auguro che non venga sprecata questa occasione per contribuire adavvicinare le parti favorendo così la ripresa diun percorso negoziale.

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