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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
23.01.2010 Disinformare i lettori, solo propaganda contro Israele
è la regola del quotidiano DS

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli-Anna Selini
Titolo: «Sogno che uccidono papà, la guerra di Gaza negli incubi dei bambini-Nella Striscia di Hamas è battaglia a colpi di cartoon»

Continua la disinformazione del quotidiano diretto da Concita De Gregorio, uno dei quotidiani legati al partito DS.  Sull'UNITA' di oggi, 23/01/2010, a pag. 34-35, due servizi che sembrano scritti apposta per impedire ai lettori dell'ex quotidiano trinariciuto di farsi una opinione equilibrata su quel che riguarda Gaza. Il solito Umberto De Giovannangeli rilancia un rapporto di Amnesty International, sposandone interamente, e con l'abituale cecità, le tesi. Idem il pezzo della Selini, che descrive il conflitto Hamas-Anp in modo del tutto sbilanciato, e attribuisce la responsabilità della condizione sanitaria a Gaza a Israele, nascondendo ai lettori che Gaza è sotto il governo di Hamas, non di Israele. Pensassero a costruire ospedali, invece di comprare missili con i quali attaccare Israele, le cose andrebbero diversamente.
Ma fra i DS, gli va bene a tutti un giornale simile ?
Ecco i due articoli:

Umberto De Giovannangeli- " Sogno che uccidono papà, la guerra di Gaza negli incubi dei bambini"


Il logo di Amnesty International, detta anche AMNESY International

Quella tragedia è racchiusa in numeri, in storie, in volti. Quella tragedia non ha nulla di «naturale». È la tragedia di Gaza un anno dopo la fine dell’offensiva militare israeliana. A raccontarla è Amnesty International. L’organizzazione per i diritti umani ha raccolto una serie di testimonianze di persone che ancora hanno difficoltà a ricostruire le loro vite a seguito dell’operazione «Piombo fuso», che provocò 1400morti e alcune migliaia di feriti. «Le autorità israeliane affermauella tragedia è racchiusa in numeri, in storie, in volti. Quella tragedia non ha nulla di «naturale». È la tragedia di Gaza un anno dopo la fine dell’offensiva militare israeliana. A raccontarla è Amnesty International. L’organizzazione per i diritti umani ha raccolto una serie di testimonianze di persone che ancora hanno difficoltà a ricostruire le loro vite a seguito dell’operazione «Piombo fuso», che provocò 1400morti e alcune migliaia di feriti. «Le autorità israeliane affermano che il blocco di Gaza, in vigore dal giugno 2007, è la risposta al lancio indiscriminato di razzi contro il sud d’Israele da parte dei gruppi armati palestinesi. La realtà, tuttavia, è che il blocco non prende di mira i gruppi armati ma piuttosto punisce l’intera popolazione di Gaza, limitando l’ingresso di cibo, forniture mediche, strumenti educativi e materiale da costruzione », afferma Malcolm Smart, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. «Ai sensi del diritto internazionale, il blocco rappresenta una punizione collettiva e va tolto immediatamente». AIsraele, in quanto potenza occupante, il diritto internazionale richiede di assicurare il benessere degli abitanti di Gaza, tra cui i loro diritti alla salute, all’educazione, al cibo e a un alloggio adeguato. Durante l’operazione «Piombo fuso», dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, furono uccisi 13 israeliani tra i quali tre civili nel sud d’Israele e decine furono i feriti a seguito del lancio indiscriminato di razzi da parte dei gruppi armati palestinesi. A Gaza, gli attacchi israeliani danneggiarono o distrussero edifici e infrastrutture civili, tra cui scuole, ospedali e impianti idrici ed elettrici. Migliaia di case vennero distrutte o furono gravemente lesionate. Delle 641 scuole di Gaza, 280 vennero danneggiate e 18 distrutte. Poiché più della metà della popolazione di Gaza ha meno di 18 anni l’interruzione dei programmi educativi a causa dei danni provocati dall’operazione «Piombo fuso» sta avendo un impatto devastante. Unannodopo,Amal 10 anni, porta ancora nella tasca ovunque vada due foto consunte di suo padre e disuo fratello morti durante l’offensiva di Tsahal. «Voglio guardarli sempre », dice, un anno dopo che sono stati uccisi. «La mia casa non è bella senza di loro». Anche Amal è stata ferita e dice che la testa e l’occhio destro le fanno ancora male.Mail trauma psicologico di Amal è aggravato dal fatto che scappò prima che lamadre e i fratelli e sorelle lasciassero la casa dopo gli spari. Quattro giorni dopo fu trovata, semisepolta sotto le macerie, disidratata e in stato di shock, una dei 15 altri sopravvissuti trovati nelle immediate vicinanze quando le ambulanze della Croce Rossa finalmente ottennero il permesso di avvicinarsi abbastanza per tirarli fuori. A scuola, le materie preferite di Amal sono inglese e arabo. «Non conosco molto l’inglese,mami piace», dice la ragazzina, che da grande vuole fare il dottore. Kannan, adesso 13enne, ancora zoppica per il colpo di pistola alla coscia sinistra. Prima della guerra, era un appassionato centrocampista ma ora non gioca più a calcio. Anche per lui, l’impatto non è stato solo fisico. Nei mesi successivi alla sparatoria, ha avuto degli incubi – e fu trovato numerose volte a piangere nel sonno o a gridare «Vogliono uccidere mio padre». «Non va al bagno da solo », dice Zahawa, sua madre, aggiungendo che si spaventa facilmente – per esempio al suono dei colpi di pistola del vicino centro di addestramento di polizia di Hamas. Anche Kannan ha un album per gli schizzi – il consulente che lo ha seguito per quattro mesi dopo la guerra lo ha incoraggiato a disegnare. Dipinge la sparatoria contro suo padre... Bambini spaventati dagli aerei sopra di loro... Una moschea distrutta. Anche gli ospedali hanno subito le conseguenze dell’offensiva militare e del blocco. Le autorità israeliane negano spesso, senza fornire spiegazione, l’ingresso a Gaza dei camion dell’Organizzazione mondiale della sanità, contenenti aiuti sanitari. I pazienti con gravi patologie che non possono essere curati sul posto continuano a vedersi negare o ritardare il permesso di lasciare la Striscia. Il 1° novembre 2009, Samir al-Nadim, padre di tre figli è deceduto dopo che il permesso di lasciare Gaza per subire un’operazione al cuore era stato rimandato per 22 giorni. Amnesty International ha parlatocon molte famiglie, le cui abitazioni vennero distrutte. Un anno fa, durante il conflitto, Mohammed e Halima Mslih lasciarono il villaggio di Juhor al-Dik insieme ai loro quattro bambini. Mentre erano assenti, la loro casa venne demolita dai bulldozer israeliani. «Quando siamo tornati, c’erano tutte macerie », racconta Mohammed Mslih. La famiglia Mslih ha trascorso i primi sei mesi dopo il cessate il fuoco in una tenda di nylon. Ora è riuscita a costruire un’abitazione permanente ma teme che le continue incursioni israeliane possano abbatterla nuovamente. La disoccupazione a Gaza sta crescendo vorticosamente. Lo scorso dicembre, le Nazioni Unite hanno reso noto che il dato era superiore al 40%. «Il blocco sta strangolando praticamente ogni aspetto della vita della popolazione di Gaza. Il crescente isolamento e la sofferenza degli abitanti di Gaza non possono continuare. Il governo israeliano deve rispettare i propri obblighi legali in quanto potenza occupante e togliere il blocco senza ulteriore ritardo », conclude Smart.

Anna Selini-" Nella Striscia di Hamas è battaglia a colpi di cartoon "


Il logo della Tv di Hamas

A Gaza anche i cartoni animati diventano un’arma. Politica, con la televisione di Hamas che fa il verso ai poliziotti dell’Anp, o umanitaria, per mostrare al mondo le conseguenze dell’embargo israeliano sulla salute diunmilione e mezzo di persone. Bahlul in arabo significa «buffone » ed è il nome del protagonista di una serie di cartoon che verrà trasmessa da Al Aqsa, la televisione di Hamas, il movimento islamico che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza. Bahlul appartiene alle forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), controllate da Abu Mazen e viene ritratto mentre lucida e bacia le scarpe a un soldato israeliano. Un messaggio fin troppo esplicito del canale di Hamas contro Anp e Fatah, il partito rivale che governa in Cisgiordania. Il cartone è già stato trasmesso in prova all’inizio delmese e, secondo i gestori della tv, avrebbe riscosso un "grande successo». Nelle prime puntate Bahlul dichiara a un soldato israeliano: «Il mio compito è proteggere gli insediamenti in Cisgiordania», assicurandogli di essere disposto ad arrestare i propri parenti, sparare al fratello e divorziare dalla moglie se soltanto glielo ordinasse. Ma le coltellate politiche vanno ben oltre, fino al punto in cui si vede Bahlul che osserva un israeliano massacrare un gruppo di bambini in Cisgiordania e bere il loro sangue. «Tu hai ucciso i nostri bambini davanti ai miei occhi - dice il palestinese - e io ti risponderò con ancora più pace». Fatenah, invece, è la protagonista dell’omonimo film d’animazione, il primo di produzione palestinese, sponsorizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nei giorni scorsi presentato per la prima volta, dopo in Cisgiordania, anche a Gaza. Fatenah è un nome di fantasia, ma è ispirato alla storia vera di una ventisettenne di Gaza, che vive e sogna il suo futuro, come tutte le giovani donne dentro e fuori la Striscia. Un giorno toccandosi il seno avverte la presenza di un nodulo sospetto. E da lì inizia il suo calvario. Ci vorranno sei mesi prima che il tumore le venga diagnosticato e possa avvicinarsi al valico israeliano di Eretz. Sei mesi in cui si scontrerà con il conservatorismo dei medici palestinesi, con la burocrazia per poter uscire e con le umiliazioni dei soldati israeliani, che la costringeranno anche a spogliarsi. Finché sarà troppo tardi e Fatenah morirà proprio prima di attraversare quel cancello che separa Gaza dal mondo. Aunanno dalla fine dell’offensiva militare israeliana «Piombo fuso », le agenzie delle Nazioni Unite e l’Associazione internazionale per le agenzie di sviluppo (Aida), hanno evidenziato l’impatto dell’isolamento di Gaza dal punto di vista sanitario, chiedendo l’apertura dei valichi. «La chiusura continua sta minando il funzionamento del sistema sanitario e mettendo a rischio la salute di 1,4 milioni di persone - ha dichiarato Gaylard, il coordinatore Onu. Come Fatenah, 27 persone solo nel 2009, sono morte nell’attesa di uscire da Gaza per potersi curare.

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