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Rassegna Stampa
28.12.2009 Gli sfondoni di Desmond Tutu su Israele e Gaza
Trascritti da Udg in brodo di giuggiole

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Gaza derubata del futuro. Il mondo rompa il silenzio»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 28/12/2009, a pag. 28, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Desmond Tutu dal titolo " Gaza derubata del futuro. Il mondo rompa il silenzio ".

Umberto De Giovannangeli specifica nelle prime righe dell'intervista che Desmond Tutu ha ricevuto il Nobel per la pace, come se questo bastasse a rendere la sua opinione su Gaza più autorevole di altre. Il Nobel per la pace, sotto questo aspetto, non ha alcun valore. E' stato dato anche al terrorista Yasser Arafat, uno dei maggiori nemici della pace in Medio Oriente.
La posizione di Tutu riguardo Gaza è nota. Le sue dichiarazioni vengono spesso ospitate dalla redazione dell'UNITA', che le condivide in pieno. Gaza sarebbe una prigione a cielo aperto, Israele avrebbe commesso crimini di guerra durante l'operazione Piombo Fuso e continuerebbe a commetterli per via del blocco imposto a Gaza.
Se c'è un blocco a Gaza serve a impedire l'importazione di materiali utili alla costruzione di esplosivi che Hamas utilizzerebbe contro la popolazione israeliana. La guerra a Gaza è stata la risposta di Israele al quotidiano lancio di razzi qassam contro la popolazione israeliana da parte di Hamas. Ma a Desmond Tutu interessa poco la situazione della gente che vive sul confine con Gaza, e in Israele in generale.
Durante l'operazione Piombo Fuso, Israele aveva obiettivi militari. Hamas si è sempre solo scagliato contro la popolazione disarmata e indifesa.
Ma per Desmond Tutu non c'è differenza. Israele va condannato.
Tutu mente anche sulla situazione in Cisgiordania e dichiara : "
Gli attivisti di Bil'in, incalza Tutu, «mi hanno riportato alla mente Gandhi, che era riuscito a rovesciare il dominio britannico con mezzi non violenti, e Martin Luther King, che aveva ripreso la lotta di una donna nera che era troppo stanca di dover andare sul retro di un autobus segregazionista ". Il paragone fra le sassaiole tirate dai palestinesi di bi'lin e le proteste non violente di Gandhi e Martin Luther King è assurdo. Ma non c'è da stupirsene. Desmond Tutu è un sudafricano, sa che cosa era l'apartheid, eppure accusa, in malafede e a torto, Israele di metterla in pratica con i palestinesi. Ecco l'intervista:

 
Desmond Tutu

Lei mi chiede cosa ne è della gente di Gaza un anno dopo l'inizio di quella terribile guerra. La risposta è angosciante: è rimasto il dolore, è rimasta la rabbia, la percezione di un'assenza di futuro. Sonorimasti gli sguardi persi nel vuoto, dei bambini di Gaza, a cui è stata rubata l'infanzia. Unanno dopo è rimasto ed anzi si è ancor più rafforzato il senso di ingiustizia unito alla presa d'atto del silenzio complice con cui i leader mondiali hanno continuato ad avallare quello che era e rimane un crimine contro l'umanità».
Gaza, un anno dopo l'inizio dell' operazione Piombo Fuso: l'Unità ne parla con l'arcivescovo Desmond Tutu, Premio Nobel per Pace, l'uomo che assieme a Nelson Mandela ha simboleggiato agli occhi del mondo la lotta al regime dell'apartheid in Sudafrica.
«Oggi come ieri – sottolinea Desmond Tutu – mi sento di rivolgere lo stesso appello, lo stesso monito, ai Grandi della Terra come all'ultimo degli umili dotato di una coscienza civile: se rimanete neutrali in una situazione di ingiustizia, come quella patita dalla gente di Gaza, avete scelto la parte dell'oppressore ».
Sostenitore della disobbedienza civile e della resistenza non violenta, l'arcivescovo sudafricano denuncia l'arresto operato dall' esercito israeliano di Abdallah Abu Rahma, coordinatore del Comitato Popolare di Bil'in contro il Muro e gli insediamenti, protagonista di una campagna di cinque anni di protesta non violenta e la sfida legale contro il muro che separa Israele dalla Cisgiordania. «Hoincontrato AbuRahmain agosto, quando ho avuto occasione di visitare Bil'in, - racconta Tutu – Sono rimasto impressionato dal suo impegno per la pacifica azione politica, e il suo successo nel mettere in discussione il Muro che separa ingiustamente il popolo di Bil'in dalle loro terre e le loro alberi di olivo. Mi appello alle autorità israeliane affinché liberino Abu Rahma immediatamente e senza condizioni ». «L'arresto di Abu Rahma – insiste il Nobel per la Pace – e le accuse che gli sono state rivolte sono parte di una escalation condotta dai militari israeliani per cercare di spezzare lo spirito del popolo di Bil'in. Ma devono rendersi conto che non può spezzare lo spirito di coloro che lottano per la libertà e la giustizia». Gli attivisti di Bil'in, incalza Tutu, «mi hanno riportato alla mente Gandhi, che era riuscito a rovesciare il dominio britannico con mezzi non violenti, e Martin Luther King, che aveva ripreso la lotta di una donna nera che era troppo stanca di dover andare sul retro di un autobus segregazionista».
Lo scorso agosto Desmond Tutu è stato insignito da Barack Obama della Presidential Medal of Freedom, la massima onorificenza civile degli Stati Uniti che viene consegnata ogni anno a cittadini americani e stranieri. Unannofa, Israelescatenaval'offensiva militare contro Gaza. Cosa è cambiato a un anno di distanza.
«Se qualcosa è cambiato, è cambiato in peggio. Gaza resta una prigione a cielo aperto, isolata dal resto delmondo. Unaprigione in cui sono rinchiusi quasi un milione e mezzo di palestinesi, in maggioranza bambini, adolescenti, donne. Di quali colpe si sono macchiati per subire questa condanna? Nella tragedia di Gaza si rispecchia l'ignavia e il silenzio complice di quanti potrebbero fare e non fanno. Di fronte ad una situazione di palese ingiustizia non si puòessere neutrali. Perché ciò significa sostenere l'oppressore».
Israeleavevagiustificato l'azione militare come esercizio di autodifesa dal lanciodei razziQassamcontroSderot e le città frontaliere.
«Da mesi quei lanci si sono fermati ma l'embargo contro Gaza e la sua gente continua. Il diritto di difesa non contempla punizioni collettive e il coinvolgimento della popolazione civile in operazioni di guerra. Non va dimenticato che la maggioranza dei palestinesi morti o feriti nell'operazione Piombo Fuso erano civili. Civili inermi. A Gaza sono stati commessi crimini di guerra che attendono ancora di essere sanzionati. Un anno dopo, Gaza è ancora in attouna tragedia umanitaria di fronte alla quale ilmondononpuò continuare a chiudere gli occhi. Perché se la verità fa male, il silenzio uccide».
In un recente colloquio con l'Unità, il direttore generale dell'Unrwa (l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) John Ging nel raccontare la tragedia di Gaza ha posto l'accento sulla devastazione psicologica, oltre che su quella materiale, che colpisce soprattutto i ragazzi di Gaza.
«Mi ritrovo totalmente nelle considerazioni di Ging, una persona straordinaria per l'umanità e la dedizione di cui ha dato prova anche in quei terribili giorni di guerra. Anche io, visitando Gaza, sono rimasto colpito, scioccato, dall'assenza di speranza, dalla disperazione, dalla certezza che le cose non potranno far altro che peggiorare che pervade i ragazzi di Gaza. Quei ragazzi non sanno più immaginare un futuro. E questa è unacondizione inaccettabile, inumana. Alla quale non dobbiamo rassegnarci».
Leihachiestoapiùriprese la liberazione di Gilad Shalit, il giovane caporale israelianodaoltre tre anni prigioniero a Gaza. I prossimi potrebbero essere giorni decisiviperla trattativaconHamas.
«Sono vicino ai genitori del giovane soldato e prego con loro perché possano finalmente riabbracciare il loro ragazzo. E lo stesso spero che possano fare le famiglie degli oltre 8mila palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, diversi dei quali sono detenuti politici nel pieno senso del termine, membri del parlamento palestinese imprigionati senza processo. Tra loro c'è gente innocente, come pure attivisti .politici e dimostranti non violenti, come il mio buon amico Abu Rahma. Il buon esito della trattative non sarebbe solo un gesto umanitario di straordinaria valenza ma sarebbe anche prova di lungimiranza politica sia dei governanti israeliani sia dei dirigenti di Hamas. Un seme di speranza che va coltivato con amore e determinazione».

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