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Rassegna Stampa
13.11.2009 Udg si sbrodola pro D'Alema
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Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «D'Alema alla UE. Sì da intellettuali e politici mediorientali»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 13/11/2009, a pag. 24, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " D'Alema alla UE. Sì da intellettuali e politici mediorientali ".

L'articolo inizia con alcune parole di Massimo D'Alema, il quale scrive : " (...)fui a Beirut tra le macerie dei bombardamenti. Dopo aver incontrato a Gerusalemmei familiari dei militari israeliani catturati da Hezbollah (ma questo non lo si ricorda perché non è utile alla propaganda). ". Il fatto che sia stato in visita dai familiari di militari israeliani rapiti da Hezbollah non cancella l'orrore della sua azione seguente: passeggiare sottobraccio a Hezbollah a Beirut. Hezbollah è un partito armato, terrorista, controllato direttamente da Siria e Iran, che  ha come scopo principale la cancellazione di Israele.
D'Alema, nella sua lettera, racconta di aver scritto a Grossman e di aver ricevuto in risposta un libro con una dedica ("
Egli volle poi ringraziarmi e mi donò unsuo libro con una dedica con parole affettuose per il mio impegno per la pace in quella tormentata regione del mondo ") e commenta : "Questa è l'Israele che amo ". L'Israele che piace a D'Alema è quella che gli spedisce dediche affettuose di ringraziamento per il suo presunto impegno per la pace, che non lo critica per essere tanto amico di Hezbollah e che appoggia la sua candidatura a ministro degli Esteri dell' UE.
Udg, in estasi dopo aver riportato stralci di una lettera di D'Alema, commenta : "
C’è un’idea di amicizia che non si risolve in un’assoluzione a priori. ". D'Alema non è amico di Israele perchè nega il suo diritto all'autodifesa.
L'articolo prosegue con un elenco di intellettuali e politici mediorientali e di loro dichiarazioni a favore di D'Alema.
L'elenco comprende Jimmy Carter, Sari Nusseibeh ("
rettore della Al-Quds ")Yael Dayan, Colette Avital, Hanan Ashrawi (" paladina dei diritti umani nei Territori "). Tra loro alcuni professionisti dell'odio e della propaganda contro Israele. Per completare la galleria mancano Breaking the silence, Amnesty, Jeff Halper e qualche dirigente di Hamas. Ma siamo sicuri che Udg si precipiterà a raccogliere le loro dichiarazioni estasiate pro D'Alema. Ecco l'articolo:


Massimo D'Alema, perso senza la sua kefiah

«… Chi vuole la pace deve essere vicino alle ragioni dell'uno e degli altri. Come facemmo noi con il governo Prodi nel Libano, contribuendoa fermare la guerra e schierando i soldati italiani ed europei per proteggere sia i libanesi che gli israeliani. In quell'agosto del 2006, come si ricorda, fui a Beirut tra le macerie dei bombardamenti. Dopo aver incontrato a Gerusalemmei familiari dei militari israeliani catturati da Hezbollah (ma questo non lo si ricorda perché non è utile alla propaganda). In quello stesso 14 agosto scrissi da Beirut una lettera personale a David Grossman, il cui figlio era caduto combattendo per il suo Paese nell'ultima notte di guerra. Egli volle poi ringraziarmi e mi donò unsuo libro con una dedica con parole affettuose per il mio impegno per la pace in quella tormentata regione del mondo. Questa è l'Israele che amo…». In questo stralcio diuna lunga lettera inviata al direttore di Repubblica il 7 gennaio 2009, è condensato il D’Alema- pensiero su Israele, il processo di pace in Medio Oriente, il ruolo dell’Europa e dell’Italia. C’è un’idea di amicizia che non si risolve in un’assoluzione a priori. C’è un’idea di vicinanza che punta sui fatti, sugli impegni assunti e non sulle chiacchiere. Ci sono i tremila soldati italiani nel sud Libano, l’atto più forte compiuto dall’Italia a sostegno della sicurezza d’Israele. Veritàscomode.Si dice e si scrive: la nomina di D’Alema alla carica di «Mr. Pesc» costituirebbe un approdo «problematico» per Israele. Perché, si dice e si scrive, l’ex premier sostiene che «con Hamas e anche con Hezbollah bisogna imparare a convivere». Una verità scomoda, ma certo non isolata in Europa, negli Usa. E dentro Israele. Sì, dentro Israele. Così rifletteva Abraham Bet Yehoshua, tra i più grandi e affermati scrittori israeliani, nei tragici giorni della guerra a Gaza: «Faremmo bene a levarci dalla testa al più presto l'illusione di poter annientare Hamas, di poterla sradicare dalla striscia di Gaza. Dobbiamo invece lavorare con cautela e buon senso per raggiungere un accordo ragionevole e dettagliato, una tregua rapida in vista di un cambiamento di Hamas. Èpossibile, è attuabile...». Tesi che trova consensi a Parigi, Londra, Washington, come al Cairo, Amman… È l’idea che non esistono scorciatoie militariste alla soluzione della Questione palestinese, a cui si accompagna una convinzione che D’Alema condivide, tra i tanti, con l’ex presidente degli Stati Uniti, e premio Nobel per la Pace, Jimmy Carter: «Piaccia o no - riflette colui che contribuì in misura notevole agli accordi pace diCampDavid sottoscritti dal premier israeliano Menachem Begin e dal presidente egiziano Anwar al-Sadat - Hamas rappresenta una parte significativa della società palestinese. Negarlo non aiuta la ricerca di un un accordo di pace che non può reggere se taglia fuori metà dei palestinesi. Occorre incalzare Hamas, non serve la sua criminalizzazione. Di questo è consapevole il presidente Obama come dimostra il suo discorso al Cairo. Un discorso coraggioso, di svolta...»: così l’ex presidente Usa in una intervista concessa a l’Unità in giugno. «D’Alema “ministro degli Esteri” dell’Europa sarebbe un investimento per la pace fra israeliani e palestinesi - ci dice Sari Nusseibeh, rettore della Al-Quds, l’università araba di Gerusalemme - perché ha dato prova di aver compreso a tempo che per voltare pagina in Medio Oriente occorre partire dal conflitto israelo- palestinese, facendone una delle priorità nell’agenda internazionale dell’Europa». In sintonia con il «Nuovo Inizio» evocato da Barack Obama, un alleato scomodo per Israele: «Scomodo perché, anche se al momento solo a parole, Obama ha fatto intendere a Netanyahu che da lui non avrà quel credito illimitato concesso a Israele dal suo predecessore alla Casa Bianca. Essere amici di Israele significa non avallare scelte sbagliate, come la colonizzazione dei territori occupati. È un po’ questo l’atteggiamento avuto da D’Alema come ministro degli Esteri dell’Italia », riflette con l’Unità Yael Dayan, scrittrice, più volte parlamentare alla Knesset, figlia dell’eroe della Guerra dei Sei giorni, il generaleMoshe Dayan. «Ho avuto modo di lavorare con D’Alema nell’Internazionale Socialista e non ho mai riscontrato in lui un atteggiamento pregiudi-zialmente ostile a Israele. Ricordo invece il suo impegno per rafforzare in campo palestinese una leadership impegnata nella ricerca di un accordo di pace fondato sul principio di due popoli, due Stati», ricorda Colette Avital, parlamentare laburista, vice presidente della Knesset. «Sostenere come ha fatto D’Alema che lo strangolamento di Gaza nonha nulla a che vedere con il diritto alla difesa da parte israeliana, non è “antisionismo” ma onestà intellettuale », incalza, dalcampo palestinese, Hanan Ashrawi, paladina dei diritti umani nei Territori, portavoce della delegazione palestinese ai negoziati di Washington. «Quello israeliano è un popolo molto pragmatico, che alla fine valuta i suoi interlocutori sulla base delle cose che realizzano, piuttosto che sui pronunciamenti verbali. E un popolo che fa della Memoria un pilastro della sua identità nazionale, non dimentica che se oggi dal Libano non continuano a piovere sull’Alta Galilea i razzi di Hezbollah, molto lo si deve alla presenza dei caschi blu dell’Onu, alla frontiera tra Israele e Libano: in quel caso l’Europa ha saputo assumersi sul campo le sue responsabilità, e l’Italia ha avuto unruolo importante in questa decisione. D’Alema, se non ricordo male, era allora ministro degli Esteri…», riflette Zeev Sternhell, uno dei più autorevoli storici israeliani. Unastabilizzazionefondamentale anche per il Paese dei Cedri: «Siamo grati all’Italia per l’amicizia verso il popolo libanese. E se l’Italia, con una personalità autorevole come l’ex premier D’Alema, dovesse assumere la guida della politica estera dell’Europa, sarebbe un segnale importante per tutti i popoli della Regione”, afferma Ali al-Shami, neo ministro degli Esteri libanese nel governo di unità nazionale di Saad Hariri. Un esecutivo sostenuto dalle cancellerie europee e dagli Usa, di cui fanno parte due ministri di Hezbollah, movimento-partito «sdoganato» da Hillary Clinton, Nicolas Sarkozy, Gordon Brown, José Luis Zapatero... E non dal solo Massimo D’Alema.

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