sabato 18 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Rassegna Stampa
13.11.2009 Sotto la melassa del buonismo, terrorismo e democrazia diventano la stessa cosa
Luigi Manconi non distingue fra Hamas e Israele. Per lui sono sullo stesso piano

Testata:
Autore: Luigi Manconi
Titolo: «Parlando col nemico»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 13/11/2009, a pag. 14, l'articolo di Luigi Manconi dal titolo " Parlando col nemico ".

Luigi Manconi copre con una melassa di buonismo sbilanciato i rapporti fra terroristi e democrazia. Il diritto di chi si difende contro chi usa la violenza per imporre la propria volontà.
La smetta di porsi domande ipocrite e osservi la realtà con uno sguardo onesto, tutto l'opposto di ciò che fa il quotidiano per il quale scrive.
Ecco l'articolo:

Su quanto esporrò qui di seguito non dispongo di una interpretazione certa né, tanto meno, di una teoria generale: e, oltretutto, so di correre perigliosamente il rischio del paradosso. Eppure mi sembra che la vicenda da cui parto abbia un suo significato cruciale. I fatti: lo stato di Israele ha rilasciato 19donnepalestinesi detenute, tra le quali alcune di Hamas, in cambio di un video che prova come il caporale Ghilad Shalit, prigioniero della stessa Hamas, sia ancora vivo. Si tratta del primo atto di un complessissimo negoziato, finalizzato alla liberazione del militare israeliano in cambio di quella di centinaia di militanti palestinesi. Negli anni scorsi vi furono scambi analoghi. La cosa mi lascia letteralmente stupefatto e ammirato. Non sono un esperto di Medio Oriente né un polemologo, eppure mi sembra che questi fatti siano straordinariamente importanti. Intanto perché dimostrano che oggi, non esiste, in realtà, la figura del nemico assoluto: tutti i conflitti armati prevedono uno spazio di non-guerra. Con la sola eccezione dello scontro tra Al Qaedae gli Stati che la combattono one sono vittime( ma anche questo, va detto, vale per la fase attuale). Oggi Al Qaeda si considera ed è considerata davvero ilnemico assoluto. E proprio perché, a differenza di tutti gli altri combattenti, nonha confini: non è insediata in un territorio e non vuole conquistarne uno più grande, non pone limiti spazio- temporali alla propria azione e nella definizione del campo di battaglia e nella individuazione dei propri obiettivi. Dal momento che il suo nemico è assoluto (l infedele: ovvero chiunque non è Al Qaeda), viene trattatocome nemico assoluto (privo di qualunque status di combattente, regolare o irregolare che sia). A differenza di quest’ultima, Hamasha unasua identificabile base popolare-territoriale: organizza e mobilita ampie masse, si proponecomeloro rappresentante elettorale e istituzionale, offre tutela e assistenza, e fin protezione sociale. Questo spiega perché Hamas, pur considerata corrivamente una sorta di agenzia locale di Al Qaeda, viva in un altra dimensione e subisca, di conseguenza,undiverso trattamento. Che prevede la sequenza guerra/negoziato. Ma qui ciò che più colpisce è la sproporzione: ovvero la dismisura di quello scambio dentro l’intervallo temporale tra guerra e negoziato. Centinaia di prigionieri in cambio di uno solo (o di una salma). E mi viene da pensare che sarebbe possibile paradossalmente e astrattamente - un inversione dei ruoli, fino a immaginare la consegna di centinaia di prigionieri israeliani in cambio di un solo prigioniero palestinese. In altre parole, non penso che il confronto sia così rappresentabile: da un lato, un’organizzazione terrorista, Hamas, e, dall’altro, uno Stato di alta civiltà che, pur di vedersi restituire il corpo (vivo o morto) di un proprio soldato, accetta di liberare centinaia di propri nemici giurati. Penso, invece, cheemerga nel furore della guerra - una sorta di affratellamento tra nemici intimi fino alla promiscuità e affini fino alla familiarità. E che la condivisione del territorio, pur negata e crudelmente combattuta, ne costituisca condizione essenziale. E così, può accadere che la concezione della vita, come unica e irripetibile, possa manifestarsi più nitidamente proprio nel momento e nel luogo della massima efferatezza: quandoquella stessa vita viene messa continuamente a repentaglio. Restano i nemici, l’un contro l’altro armati, ma gli uni davanti agli altri (così non è per Al Qaeda per sua natura invisibile), senza possibilità di perdono e di risarcimento. Ma resta anche un così totale attaccamento alla vita che porta a considerare la vita stessa, proprio quando più la si dissipa, comeun bene massimamente prezioso. Che si scambia con ciò che è possibile scambiare in quel momento. È questo che mi fa immaginare quel folle ribaltamento che certo esige una minore disparità economico- sociale tra israeliani e palestinesi di cui ho detto: con Hamas che, in cambio diun prigioniero palestinese, offre una contropartita incredibilmente diseguale. E ciò non perché voglia mettere sullo stesso piano il senso di umanità degli uni e degli altri (non saprei davvero quale unità di misura utilizzare). Ma perché, piuttosto, ritengo che ogni qual volta si liberi un pezzo di non-guerra nella totalità della dimensione bellica, ogni volta che si faccia faticosamente spazio auna pratica di mediazione e negoziato, lì davvero tutto può accadere. Come nella lotta greco-romana: quando i lottatori si tengono strettamente serrati, quell’abbraccio violento sancisce un destino comune.

Per inviare la propria opinione all'Unità, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@unita.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT