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Rassegna Stampa
06.11.2009 L'Onu ha deciso di ritirare più della metà dei propri dipendenti dall'Afghanistan
Il generale Fabio Mini spiega per quale motivo è un errore

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Un fallimento se l'Onu alza bandiera bianca»

Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 06/11/2009, a pag. 30, l'intervista di Umberto De Giovannangeli al generale Fabio Mini dal titolo " Un fallimento se l'Onu alza bandiera bianca ".

 Generale Fabio Mini

Il nuovo attacco ai nostri soldati è un fatto inquietante ma in prospettiva lo è ancor di più la decisione dell’Onu di ritirare oltre la metà dei suoi addetti internazionali. Si tratta di una grave ammissione di fallimento».A sostenerlo è il generale Fabio Mini, ex Capo di stato maggiore delle forze Nato del Sud Europa, già comandante della missione Nato-Kfor in Kosovo.
«Se l’Onu si disimpegna – rimarca Mini – cosa potrà pensare il soldato che resta sul campo. A fare cosa? Per costruire cosa visto che la più importante organizzazione internazionale alza bandiera bianca? ».
Generale Mini, un nuovo attacco ai soldati italiani e la decisione delle Nazioni Unite di ritirare circa 600 dei suoi 1100 addetti internazionali in Afghanistan. Che segnali sono?-
«Inquietanti, davvero inquietanti. Per quanto riguarda l’attacco ai nostri soldati, va detto che azioni del genere sono ormai una consuetudine in un teatro di guerra come è quello afghano. Un teatro di guerra, è bene ricordarlo sempre. Attacchi del genere sono ormai una regola, non una eccezione, e gli italiani farebbero bene a prenderne atto. Queste azioni dimostrano altresì che la situazione è molto instabile, sotto tutti i punti di vista, e gli attacchi degli insorti, non solo talebani, non tendono a rallentare neanche con i primi freddi invernali,comequalcuno aveva sperato, illudendosi».
E l’Onu?
«Il segnale dato dall’Onu, con il ritiro di oltre la metà del suo personale straniero, è molto grave. Sotto due punti di vista: uno è quello della sicurezza. Nonostante alcune affermazioni enfatiche sui risultati conseguiti in Afghanistan, il disimpegno dell’Onu sta a dimostrare, nei fatti, che la situazione è peggiorata, soprattutto a Kabul. Il secondo segnale fortemente negativo è proprio quello della decisione di spostare o addirittura togliere il personale neimomentidi maggiore pericolo. Questo per l’unica organizzazione internazionale che ha la responsabilità e la direzione politica della situazione afghana, rappresenta una dichiarazione di fallimento, un’ammissione di debolezza ».
Un fallimento, generale Mini?
«Sì, un fallimento. Perché l’unica cosa che doveva essere assicurata, oltre alla protezione militare, era la maturazione delle forze di governo e della società civile. Senza questa duplice maturazione nessuna missione Onu potrà mai avere possibilità di successo. In Afghanistan sta accadendo ciò che era già successo in Iraq, ma non si può accettare che ad ogni segnale di rischio, il primo a sottrarsi alle responsabilità sia proprio l’organismo internazionale per eccellenza. Questo disimpegno, peraltro, è anche un segnale di debolezza che ha diversi destinatari: la popolazione afghana – ancor più disorientata e frustrata - , i talebani – che vedono nel disimpegno Onu una prova della loro forza - ed anche degli alleati occidentali. Mi chiedo a questo proposito che cosa potranno pensare di questo disimpegno – gentile eufemismo per non usare la parola fuga – i soldati impegnati sul terreno. A loro è stato ripetuto non so più quante volte che erano là per aiutare la ricostruzione dell’Afghanistan. Ma cosa si ricostruisce se l’Onu alza bandiera bianca »?
Tutto questo nei giorni successivialla contestata rielezione di Hamid Karzai alla presidenza dell’Afghanistan…
«Con questi presupposti, Karzai puòfare davvero poco, e soprattutto potrà, ammesso che lo voglia realmente, fare quasi niente nel campo della lotta alla corruzione interna, che invece avrebbe bisogno di un forte sostegno internazionale e del rafforzamento della presenza dell’Onu sul terreno e non negli alberghi ».

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